Ci furono civiltà prima del diluvio? C’è chi se lo chiede. Una tempesta d’acqua si riversò su tutta la nostra terra ai giorni di Noè e distrusse tutte le civiltà preesistenti. Questa è una delle grandiose, incredibili descrizioni della Bibbia. Ciò nonostante io ci credo. Vorrei perciò mostrare come solo immaginando la terra come una superficie piana, su cui coesista un certo numero di diversi bacini terracquei, si possano superare le varie contraddizioni. Infatti, ignorando questa realtà, molte persone razionali finiscono col respingere il racconto biblico come un semplice mito. Proviamo a indagare.

Non mi propongo di esaminare tutte le obiezioni che vengono fatte al racconto di Genesi, così come viene tradizionalmente proposto. Partirò invece da un piccolo punto. Il diluvio, in base alla cronologia biblica, è un cataclisma avvenuto circa 4400 anni fa, precisamente nel 2370 a.E.V. Ciò significa che le vicende della storia umana e i relativi reperti archeologici non dovrebbero risultare più antichi.
Civiltà più antiche di 5000 anni
In realtà ci sono civiltà alquanto più vecchie, che vanno indietro di oltre 5000 anni. Esistono prove storiche e archeologiche che indicano l’esistenza di una ininterrotta società civilizzata risalente a ben più di mille anni prima del diluvio. Mi riferisco non solo alla cultura egizia ma a Stonhenge, ai Maya o alla civiltà della Valle dell’Indo. Una delle più antiche civiltà fioriva in Cina con un calendario documentato che precede la data del diluvio. La Piramide di Giza, come generalmente accettato, fu completata prima del diluvio. Essa non solo non venne distrutta da quel cataclisma, ma non sembra mostrare segni di danneggiamento da acqua.
Se 4400 anni fa la popolazione sulla terra dovette ripartire da 8 persone, posso immaginare che ci volesse del tempo per arrivare alla formazione di uno stato centralizzato e potente e alla costruzione di grandi, gigantesche strutture architettoniche e grandi città. Ora, Mosè è accettato come un personaggio storico che visse solo 800 anni dopo il diluvio e che nel 1513 divenne lo scrittore della Genesi e del Pentateuco. Abramo, considerato come il capostipite del popolo ebraico, visse 400 anni dopo il diluvio. Entrambi questi uomini hanno vissuto in un ambiente caratterizzato dalla presenza di uomini che vivevano in città dotate di confort e in strutture sociali piuttosto avanzate.
Il racconto di Mosè
Nei suoi scritti, Mosè parla di molti popoli già esistenti e di civiltà ormai consolidate, tra cui l’Egitto e i faraoni . Ora, costruire strutture come la piramide di Giza, richiedeva la presenza di un complesso sociale e di manovalanza estremamente organizzato. Richiedeva inoltre un governo statale in grado di provvedere sufficientemente ai bisogni di un notevole numero di lavoratori e delle loro rispettive famiglie, in un contesto ancora strettamente agricolo e non industrializzato. In un simile ambito, la costruzione di grandi edifici richiedeva la manodopera di decine di migliaia di persone per decine e perfino centinaia di anni.
Per esempio, 2Cronache al capitolo 2 mostra che la costruzione del tempio di Salomone aveva richiesto l’intervento di 70.000 portatori di peso, 80.000 tagliatori di pietre e 3.600 sovrintendenti.
Civiltà precedenti al diluvio
Eppure, subito dopo il diluvio, (appena 100, 200 anni dopo)ci furono abbastanza persone per costruire la torre di Babele. Erano così tanti che, per quanto dispersi in Africa, in Cina, India o nelle Americhe, tutti in contemporanea riuscirono a cosruire le piramidi, Stonhenge, le grandiose costruzioni dei Maya e nutrire decine di migliaia di famiglie che non erano specificamente dedite all’agricoltura. Le tecniche agricole antiche non erano particolarmente avanzate e ci voleva un bel numero di agricoltori per nutrire quel gran numero di gente che svolgeva lavori pesanti. Questi sono problemi storici che non si possono del tutto ignorare.
Il diario di bordo del viaggio di Noè sull’arca parte da un primo di novembre come periodo iniziale del cataclisma e termina sull’Ararat verso i primi di novembre dell’anno dopo. Allora io mi devo chiedere se non ci fosse una stagione migliore per far approdare un carico così prezioso di viventi. Novembre in alta montagna può già essere un mese rigido. Far posare l’arca sulle montagne dell’Ararat, a duemila/ tremila metri di altitudine e, per di più, in una stagione di tardo autunno, avrebbe significato una morte di stenti per diversi animali . Proviamo dunque a cercare delle alternative.
Una diversa stagionalità
Supponiamo che Noè, uscendo fuori dal vecchio mondo, si trovi catapultato in un nuovo bacino terrestre che si muove all’interno di una linea temporale diversa da quella precedente, sfasata di sei mesi rispetto alla sua provenienza. Allora, dopo essere partita dal vecchio mondo verso il primo di novembre, – ricorrenza della festa dei morti – l’arca approda nel nuovo mondo verso il primo di maggio, in piena primavera.
C’è un dettaglio nel racconto di Genesi che lascia intendere la stagionalità del momento. Quando la colomba ritorna un’ultima volta sull’arca porta nel becco una foglia fresca di ulivo. Ora, questo è un segnale importante. Perché’? Se la zona fosse stata sommersa dall’acqua per un lungo periodo, tutti gli alberi sarebbero morti e avere una foglia fresca di ulivo avrebbe come minimo richiesto la giusta stagione. La metà di novembre non sarebbe stata quella .
In questo modo mi posso spiegare le feste che si celebrano in tutto il mondo per il primo maggio, la cosiddetta Maggiolata. Sarebbero il ricordo primordiale di un grande approdo alla terra della salvezza. (Potrai capire meglio il contesto geografico di questa situazione rileggendo su questo Blog l’articolo Il carro di Ezechiele).
A questo punto, infatti, il prezioso carico dell’arca si trova immerso in una nuova vita. Presto gli uomini faranno degli altri incontri sorprendenti e inattesi. Si troveranno immersi all’interno di una antica, ma per loro nuova civiltà ormai fiorente. Di questo proverò a raccontare nel mio prossimo articolo.
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