Tito: chi la fa l’aspetti.

Tito fu incaricato da Vespasiano, suo padre, di radere al suolo Gerusalemme. Su questa impresa grandi profezie erano state pronunciate e scritte dai profeti. Secondo Giuseppe Flavio i leader politici di Babilonia, Persia, Grecia e perfino Roma mostrarono curiosità e interesse per le profezie di Daniele. A quanto pare anche Tito e altri imperatori romani  ebbero rispetto per questo profeta vissuto nel VI secolo a.C.. Dopo aver predetto la morte del Messia, la profezia delle settanta settimane annunciava “desolazioni” per la città di Gerusalemme, il tempio, il luogo santo e il suo desolatore. Questa tragedia trovò adempimento circa quarant’anni dopo il battesimo di Gesù nel Giordano, avvenuto quando egli aveva circa trent’anni. Nel 70 d.C., come anche il Maestro aveva a sua volta predetto, a Gerusalemme si presentò Tito con le sue legioni romane e la città fu rasa al suolo. (Mt 24:2; Lc 19:41-44)

Tito e la resa di Masada

La grande rivolta giudaica non fu dunque una guerra dettata da motivi religiosi ma piuttosto una guerra contro l’imperialismo romano e il loro odiato sistema fiscale. La guerra proseguì dal 66 al 73 d.C. per un periodo di sette anni. Iniziò con l’arrivo di Cestio Gallo e finì con la presa di Masada. Il 30 agosto del 70 d.C. l’assedio di Gerusalemme fu completato e l’otto di settembre la città definitivamente conquistata. Tuttavia la vittoria non fu completa prima che finisse un altro periodo di guerra e Masada fosse definitivamente soggiogata. Solo allora gli eventi adempirono in pieno quanto Daniele aveva predetto. Si trattò proprio di un periodo di una settimana d’anni.

Sono decise le desolazioni

A prima vista le parole di Daniele  non sono sempre facili da capire. Egli scrive: “E dopo le sessantadue settimane Messia sarà stroncato, senza nulla per lui stesso. “Il popolo di un condottiero che verrà ridurrà in rovina la città e il luogo santo. E la fine d’esso sarà mediante l’inondazione. E sino alla fine ci sarà guerra; sono decise le desolazioni. “Ed egli deve tenere in vigore [il] patto per i molti per una settimana; alla metà della settimana farà cessare sacrificio e offerta di dono. “Sull’ala di cose disgustanti ci sarà colui che causa desolazione; e fino a uno sterminio, la medesima cosa decisa si verserà anche su colui che giace desolato” Altre traduzioni rendono con l’espressione “sul desolatore”. Dan 9:26-27

Tito: desolazioni che ricadono su di lui, il desolatore

La profezia attiene alla desolazione del tempio e della città ma anche direttamente a “colui che causa desolazione”, “colui che giace desolato”, “il desolatore”, il generale Tito. La parola di Dio preannuncia desolazioni anche su di lui. Come si adempirono queste parole? Durante l’assedio Tito stesso fu gravemente ferito dalla caduta di una pietra sulla sua spalla sinistra così che la sua mano ne risultò indebolita per il resto della sua vita (Dione Cassio, l.c. § 5).

Si dice che Tito entrato nel tempio avesse strappato il velo dell’arca, fatto sesso con due prostitute e profanato il santo dei santi. In breve si era reso a bell’apposta responsabile di blasfemia nel luogo che gli ebrei consideravano il più santo. Subito dopo aveva imballato in un cesto i sacri vasi ancora rimasti lì dentro, li aveva fatti caricare sulla sua nave. In seguito, era tornato a Roma in trionfo. Fu poi nel 79 che egli divenne imperatore e mantenne la carica fino all’81. Appena raggiunto il potere imperiale subito dovette occuparsi delle conseguenze dell’eruzione del Vesuvio con la distruzione di famose città come Pompei, Ercolano, Stabia, Oplunte. L’area venne a trovarsi in una condizione talmente critica che il sistema stradale non potè essere ripristinato prima del 120 sotto Adriano, quarant’anni dopo.

Inoltre un’antica epidemia ricomparve e fece molte vittime nel popolo. Poi nell’anno 80 un grande incendio divampò su Roma. Cassio Dione, nella sua Storia romana afferma che il tempio di Iside, di Nettuno, di Giove Capitolino e altri templi vicini, i Saepta Iulia, il complesso delle terme di Agrippa, il Diribitorium, il teatro di Balbo, i palazzi di Ottaviano e le biblioteche furono tutti distrutti dal fuoco. Poi sempre lo stesso scrittore latino, Dione Cassio, prova a fare delle ipotesi e arriva a suggerire che certamente il disastro aveva avuto origini divine.

Per farla finita, mentre Tito usciva dal bagno gli porsero una coppa da bere, venne improvvisamente morso da un ratto e morì. Non aveva ancora 42 anni. Si disse che Domiziano suo fratello l’avesse fatto avvelenare. La profezia si era adempiuta.

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