Nel Getsemani, un giardino in mezzo agli ulivi, Gesù si ritirò dopo l’ultima cena. Fu lì che egli chiese al Padre di allontanare da lui quel tremendo calice. Il Padre l’ascoltava e soffiò su di lui del suo spirito in proporzioni massicce alzando a dismisura la soglia del dolore, ossia il livello a cui uno stimolo viene percepito come doloroso. La soglia del dolore è quel livello d’intensità che divide il doloroso dal non doloroso. Con una soglia del dolore più alta c’è una tolleranza maggiore agli stimoli.
Ci sono persone che geneticamente sentono meno il dolore. Questo perché ci sono geni specifici che determinano la percezione alta, media o bassa di questa sensazione. Questa soglia varia da persona a persona ed è anche condizionata da fattori emotivi e psicologici. La risposta allo stimolo può dipendere da reazioni soggettive dovute all’interpretazione personale e può variare in base allo stato emotivo del momento. Il livello d’ansia influisce sulla severità del dolore.
Gesù stava nel Getsemani con undici dei suoi discepoli. Qual era in quel momento la sua condizione psicologica? Egli disse ai suoi discepoli: “L’anima mia è profondamente addolorata, fino alla morte. Restate qui e vigilate con me”. E andando un po’ avanti cadde sulla sua faccia, pregando e dicendo: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice. Tuttavia, non come io voglio, ma come tu vuoi”. (Matteo 26:36-46) Il vangelo di Luca poi aggiunge ” Allora dal cielo gli apparve un angelo che lo rafforzò. Ma la sofferenza era tale che Gesù continuò a pregare ancor più intensamente; e il suo sudore divenne come gocce di sangue che cadevano a terra.” (Luca 22:43-44)
Nel Getsemani, in quei momenti di agonia, in Gesù stava accadendo qualcosa non solo a livello psicologico ma anche fisico. Egli veniva ascoltato per il suo santo timore. Perciò arrivò anche la risposta di Dio alle sue fervide suppliche. Il suo sudore divenne sangue. Questa è una reazione (emodrosi) che qualche volta si verifica per reazione a stati di grande stress. In quei momenti Geova fu accanto a suo figlio per mezzo di angeli che pacificarono l’impatto del dolore fisico e mentale su di lui. Si adempivano grandi promesse. L’Altissimo prontamente rispondeva alle richieste del suo unto e mandava il suo spirito, la sua potente energia dinamica proprio lì nel Getsemani. “Geova ti risponda nel giorno dell’angustia. Ti protegga il nome dell’Iddio di Giacobbe. Mandi egli il tuo aiuto dal luogo santo, E ti sostenga da Sion stessa. Ti dia egli secondo il tuo cuore, E compia tutto il tuo consiglio. Ora davvero so che Geova certamente salva il suo unto. Dai suoi santi cieli gli risponde Con i potenti atti di salvezza della sua destra. (Salmo 20:1,2,4,6.) Il salmo 21:2 prosegue: “Tu gli hai dato il desiderio del suo cuore, E non hai trattenuto la richiesta delle sue labbra.”
Fu però nella parte finale di quel sacrificio che la percezione del dolore fu così intensa che il Cristo ebbe la sensazione di essere stato abbandonato. Lì “gridò a gran voce: “Elì, Elì, lamà sabactanì?”, ovvero: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” e spirò. Il salmista aveva scritto di lui: “Sono stato versato come acqua, E sono state separate tutte le mie ossa. Il mio cuore è divenuto come la cera; Si è liquefatto nelle mie profonde parti interiori. La mia potenza si è seccata proprio come un frammento di terracotta, E la lingua mi si è attaccata alle gengive; E mi poni nella polvere della morte. Poiché mi hanno circondato i cani; Mi ha accerchiato l’assemblea degli stessi malfattori. Come un leone [essi sono alle] mie mani e
[ai] miei piedi. Posso contare tutte le mie ossa. Essi stessi guardano, mi guardano fisso. Ripartiscono fra loro le mie vesti, E sul mio abito gettano le sorti. Ma tu, o Geova, oh non stare lontano. O tu mia forza, affrettati, sì, in mio soccorso. Libera dalla spada la mia anima, La mia unica dalla medesima zampa del cane; Salvami dalla bocca del leone, E dalle corna dei tori selvaggi mi devi rispondere [e salvare].” Salmo 22:14-21
Qui possiamo ricordare che la giustizia di Geova richiedeva il pagamento di un riscatto corrispondente alla perdita che Adamo aveva causato peccando. Gesù pagò questo riscatto indipendentemente dal grado di sofferenza che egli dovette affrontare. Il punto significativo era la sua morte. E questa esigenza fu pienamente soddisfatta. Egli , come si legge in Ebrei, gustò la morte per tutti noi. “Vediamo Gesù, che era stato fatto di poco inferiore agli angeli, coronato di gloria e onore per aver subìto la morte. Per l’immeritata bontà di Dio ha gustato la morte per tutti.” (Ebrei 2:9)
Tuttavia Giacomo 1:13 legge “Dio con il male non può essere provato”. Di come questo versetto si applichi nel caso della natura divina del Cristo discuteremo nel prossimo articolo, Il tempio del suo corpo.

Dio non può essere provato, ma il figlio dell’uomo ha dovuto sopportare molte cose al principio ed alla fine, finanche l’indifferenza. il sospetto e il rigetto da parte di quelli che dicevano e dicono di essere il popolo di Dio. Non è blasfemo?
Se il Cristo fosse qui ora senza compiere miracoli, se il Verbo solo parlasse senza fare prodigi, chi mai lo ascolterebbe e chi lo accoglierebbe? Gli empi? I preti? Gli studiosi delle scritture? No, certo, solo i sani, quelli che riconoscono la sua voce, avendo nel cuore lo Spirito di Dio.
“Se fossimo stati noi ai tempi dei profeti non li avremmo uccisi!”, dissero i farisei, perchè i morti stimano i morti, non i Vivi.
Ed ecco, per la seconda volta il Re dei re solo, in un mondo di idolatri che lo scansano, lo deridono, lo disprezzano, dicendo: “Ma costui non è il figlio di quel tale?”. E come pretendono costoro di essere riconosciuti figli di Dio e di essere salvati? In verità la loro sorte è con i figli del diavolo. “Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti”, perchè i più non lo hanno riconosciuto essendo morti, ma le schiere celesti lo seguono per la resa dei conti, dopo aver raccolto i sani.
Chi ha orecchi intenda, perchè chi non ode non sarà udito.