I re del nord e del sud all’inizio non furono che una masnada di uomini di guerra. Io tutte queste cose le so e ho perfino le prove. Alle volte di notte ho degli indizi stupendi. Lo so perchè cerco di conoscere quelli che mi stanno intorno e m’illumino di ombra e di luce. Cerco di immaginare tutto quello che si sa e che si tace. Provo a mettere insieme fatti molto lontani, anni e frammenti di cieli. Provo a cercare la logica dove sembra esistere solo l’ignoto.
Parte uno
Appena sbarcati dall’arca, i famigliari si guardarono intorno, curiosi di capire dove mai fossero capitati, dove stessero per ricominciare la vita. Il loro trasferimento era adesso cosa fatta. Aperte le porte, il bestiame cominciava ad uscire.
Passò un breve tempo e Canaan sapeva già di essere un maledetto, ma ne menava vanto. Un moccioso svogliato come lui dava subito nell’occhio. Si viveva alla giornata. Suo fratello Mizraim portava sul colmo della testa la tonsura solare. Lui già si sentiva il ruolo sacerdotale nelle vene. Il marchio 666 gli apparteneva da un po’. Se l’era tatuato bello bello, in vista sul collo, proprio lì sotto l’orecchio.
Una sera all’ora di cena Nimrod aveva detto che bisognava fare una torre per avere il favore di Ra. Tutti erano tornati in silenzio. Ma ci pensavano, erano tutti perfettamente d’accordo. Sem non si era presentato quel giorno e Noè era ormai troppo vecchio. Morì disperato e solo, come il povero Edipo del grandioso frammento eschileo. Centocinquant’anni dopo la famiglia si era corrotta, non era piu la stessa di prima.
Due anni dopo la morte di quel patriarca, Abramo era nato, quando adesso la torre era solo più uno sbiadito ricordo nella mente di Amraphel. Tutto si era dissolto in un caos primigenio. Quel tipo di vita era andato.
Parte due
Lo fece uscire dalla tenda nel cuore della notte e gli disse di alzare i suoi occhi. Al suo richiamo sommesso, si era svegliato, ma come in uno stato a metà tra sonno e veglia, come se non conoscesse la direzione del movimento tra il dentro e il fuori. Come pensando di essere fuori restando dentro. Come pensando di essere uno ma non se stesso.
Allora Abramo lentamente riprese coscienza e usciva a guardare le stelle. Quello era un primo, piccolissimo accenno, l’emergere di un Dio dalle profondità della notte. Forse l’emergere di qualche promessa. Ma per lui l’inizio assoluto era stata la creazione dei cieli.
Prima ancora si era insinuata dentro una personale consapevolezza dell’alto, un’evidenza del divino, la rivelazione di un fenomeno oscuro. Se si chiedeva di dove nascesse quell’intimo senso di appartenenza, il cammino della coscienza, del pensiero, dell’immaginario, la riflessione e la risposta a quella domanda era chiara. Erano le manifestazioni celesti ad avere stimolato quel cammino.
Suo padre Tera era un uomo taciturno, amava contemplare la volta celeste, il sole e la luna con il moto degli astri. Ogni giorno assisteva al sorgere, alla corsa e al tramonto del sole. Era testimone della crescita della luna di notte e di ogni successivo movimento calante.
Haran, suo fratello maggiore, era morto lasciandosi dietro Lot, suo figlio. Con Lot Abramo era uscito da Ur, con tutta una grande famiglia . Quel viaggio attraverso le pianure e i deserti, spostandosi in tende li aveva resi testimoni, nelle lunghe giornate, di paesaggi infiniti, laghi e montagne, fiumi e bassopiani.
Avevano insieme ammirato il fenomeno misterioso degli alberi, la vegetazione delle foreste che si rinnovano, la fioritura, la formazione dei frutti. L’esplodere della primavera sembrava imminente. Insieme avevano cercato di capire la loro condizione di esseri soli. Ma in quell’ampiezza cosmica loro sapevano guardare, con riverenza. E con timore accettavano la condizione mortale.
Poi Lot si era acquartierato con la moglie che si era presa in Sodoma. Il posto era bello come l’Eden. Abramo sentiva la sua mancanza. Ma sapeva che Lot aveva bisogno dei suoi spazi. Che adesso aveva una donna. Non era più lo stesso di prima. Aveva famiglia.
Subito dopo la loro separazione, però, quattro re della zona avevano puntato contro Sodoma, l’avevano razziata e fatto prigioniero Lot con i suoi. Quando Abramo l’aveva sentito, una fitta gli aveva fermato il cuore. Gliel’aveva detto di non prendere quella ragazza. Di lasciar perdere quella gente, schiavisti, gente senza riverenza. Ma, dopotutto, ciascuno si fa le sue scelte. Non c’era stato niente da fare.
Comunque Abramo, appena venuto a sapere dell’accaduto, raccolse i suoi uomini , 318 in tutto, suoi servitori e loro figli, una masnada abbastanza ordinata, di fiducia, e si mise a inseguire gli assalitori di Sodoma e del distretto. Con un improvviso raid di notte colse i re del nord e del sud addormentati e liberò suo nipote.
Il combattimento di questi re del nord e del sud, permane nei secoli, attraversa i millenni, mentre noi ancora aspettiamo l’esito finale. La loro estrema multipla resa.

Purtroppo il Male non morì nel diluvio di acqua, lo spirito del diavolo si era già imbarcato sull’arca, tanto che gli sbarcati sentirono il bisogno snaturato di mangiare carne; Noè perfino si ubriacò, e suo figlio Cam lo svergognò deridendolo, così dunque partì la prima grande male-dizione, quella di Noè contro di lui, e divenne nero.
L’Eterno adirato intendeva fare pulizia totale, ma oggi il male di Satana e i suoi demoni ancora risiedono sulla Terra; al che Dio se ne pentì e promise di non mandare mai più un diluvio di acqua finchè la Terra durerà, ma alla fine solo quello del fuoco, a cui soltanto il vero Amore potrà sopravvivere, cioè il suo Spirito e quelli che gli appartengono.
La Geenna infatti è il lago di fuoco eterno in cui ardono i figli del diavolo, non è un mare di acqua, bensì è l’immondezzaio rovente in cui finisce chiunque ha ucciso il cuore, il tempio del Padre, dandosi alla perversione pseudodivina della mente, che travia ed ogni male ha prodotto sulla Terra, dalla torre di Babele alla diabolica scienza moderna.