Tenebre spaventosamente grandi

Tenebre spaventosamente grandi prima di Armaghedon. Spesso gli angeli, dovendo trasmettere comandi impegnativi, rassicuravano il destinatario sulla portata del messaggio, spiegando che non c’era da spaventarsi. Così quando Gabriele si presentò a Maria per annunciarle la nascita di Gesù, per prima cosa le disse: “Non avere timore”. (Luca 1:30) Questo bisogno di essere rassicurati vale anche per noi che consideriamo il senso della profezia relativa allo scadere dei sette tempi dell’Apocalisse.

Il termine profeta e il verbo profetizzare possono alludere a svariate operazioni che includono anche l’idea di predire il futuro. Questo può implicare lo svelamento di misteri che non si potrebbero conoscere se non per rivelazione divina. Sia profetizzare che discernere la veridicità e il contenuto di una profezia sono attività che coinvolgono lo spirito di Dio. Sono possibili solo avendo fede e ricevendo da Lui illuminazione spirituale.

In 1 Cor 12:4-11 Paolo scrive: “Ora ci sono varietà di doni, ma c’è lo stesso spirito; e ci sono varietà di ministeri, eppure c’è lo stesso Signore; e ci sono varietà di operazioni, eppure lo stesso Dio compie tutte le operazioni in tutte le persone. Ma la manifestazione dello spirito è data a ciascuno per uno scopo utile.

Per esempio, a uno è data per mezzo dello spirito parola di sapienza, a un altro parola di conoscenza secondo lo stesso spirito, a un altro fede mediante lo stesso spirito, a un altro doni di guarigioni mediante quell’unico spirito, a un altro ancora operazioni di opere potenti, a un altro profezia, a un altro discernimento di espressioni ispirate, a un altro diverse lingue e a un altro interpretazione di lingue. Ma tutte queste operazioni le compie quell’unico e medesimo spirito, facendo una distribuzione a ciascuno rispettivamente, come vuole.

Giacobbe scende in Egitto

Credere a certi annunci profetici implica non solo fede ma anche coraggio. Soprattutto se per incamminarci verso la salvezza ci vengono imposti dei cambiamenti o c’è da fare sacrificio. Per esempio quando Giacobbe, ormai molto anziano, fu informato dell’invito di Giuseppe, un figlio che credeva morto, a trasferirsi in Egitto con tutta la numerosa famiglia, rimase incredulo. Lo scrittore di Genesi nota: “Gli raccontarono: “Giuseppe è ancora vivo!

È lui che governa tutto il paese d’Egitto!” Ma Giacobbe rimase impassibile alla notizia, perché non ci credette.” (Gen 45:26) Poi, però, si mise subito a fare i preparativi per la partenza. “Israele dunque prese con sé tutto ciò che aveva e si mise in viaggio. Quando arrivò a Beèr-Seba, offrì sacrifici all’Iddio di suo padre Isacco. Durante la notte Dio parlò a Israele in una visione. Gli disse: “Giacobbe, Giacobbe!” Lui rispose: “Eccomi!” Dio disse: “Io sono il vero Dio, l’Iddio di tuo padre. Non aver timore di scendere in Egitto, perché lì farò di te una grande nazione.”

Giacobbe sapeva che non sarebbe tornato indietro vivo, e che i figli gli avrebbero chiuso gli occhi in Egitto. A partire da che Abramo, dopo aver attraversato il fiume Eufrate, era entrato nel paese di Canaan, la profezia indicava per la sua discendenza un soggiorno di 430 anni in terra straniera. Giacobbe sicuramente ne era al corrente. Suo padre Isacco lo sapeva perfettamente e in famiglia se ne parlava spesso.

Nella scrittura di Esodo 12:40-41 si legge: “La dimora dei figli d’Israele, che avevano dimorato in Egitto, fu di quattrocentotrent’anni. E avvenne alla fine dei quattrocentotrent’anni, sì, in quel medesimo giorno avvenne che tutti gli eserciti di Geova uscirono dal paese d’Egitto”. Molte traduzioni rendono il versetto 40 in modo da assegnare i 430 anni soltanto alla permanenza in Egitto. In verità, l’originale ebraico suggerisce una diversa considerazione.

Dal patto abraamico al patto della Legge

Anche le parole di Paolo in Galati 3:16-17 indicano che il periodo di 430 anni va dalla convalida del patto abraamico alla promulgazione del patto della Legge. Paolo infatti scrive: Ora, le promesse furono fatte ad Abraamo e alla sua discendenza. Non dice “e ai tuoi discendenti”, come se parlasse di molti. Dice piuttosto “e alla tua discendenza” nel senso di uno solo, che è Cristo. E dico questo: la Legge, che è venuta all’esistenza 430 anni doponon annulla il patto precedentemente concluso da Dio, cancellando così la promessa.” 

Tenebre spaventosamente grandi

Evidentemente il patto abraamico fu convalidato quando Abraamo, agendo sulla base di un comando divino, attraversò l’Eufrate nel 1943 a.E.V. entrando nel “paese” dove Dio gli aveva detto di andare. Esattamente 430 anni dopo questo avvenimento, nel 1513 a.E.V., i suoi discendenti furono liberati dall’Egitto e fu stipulato con loro il patto della Legge.

A riprova che fin dall’antichità il periodo menzionato in Esodo 12:40-41 si considerava iniziato con il trasferimento in Canaan dei patriarchi, la Settanta greca dice: “Ma la dimora dei figli d’Israele che essi dimorarono nel paese d’Egitto e nel paese di Canaan [fu] di quattrocentotrent’anni”. Dunque Israele non trascorse questi 430 soltanto in Egitto ma in tutti gli altri luoghi in cui quel popolo si trovò a dover vivere dal momento in cui Abraamo prese a dimorare in Canaan fino all’uscita dall’Egitto e al patto del Sinai.

Uno sguardo al testo originale in greco della LXX

Riporto qui il testo greco di Esodo come trascritto nella LXX. In realtà il testo greco sotto riportato riferisce di 435 anni, il che porterebbe ad iniziare il computo del periodo di afflizione alla nascita di Isacco, anziché dal giorno del suo svezzamento. Messa così, la situazione non cambia, ma si verrebbe a creare piena consonanza con la profezia di Daniele 12:12.

Ἡ δὲ κατοίκησις τῶν υἱῶν Ἰσραὴλ ἣν κατῴκησαν ἐν γῇ Αἰγύπτῳ καὶ ἐν γῇ Χανάαν ἔτη τετρακόσια τριάκοντα πέντε· καὶ ἐγένετο μετὰ τὰ τετρακόσια τριάκοντα πέντε ἔτη ἐξῆλθεν πᾶσα ἡ δύναμις Κυρίου ἐκ γῆς Αἰγύπτου νυκτός. LXX-Swete-1930 courtesy of Eliran Wong.

THE OLD TESTAMENT IN GREEK ACCORDING TO THE SEPTUAGINT edited by HENRY BARCLAY SWETE D.D.

Un lungo soggiorno in Canaan ed Egitto

Secondo la maggior parte degli esegeti, infatti i 430 anni devono essere contati dall’ingresso di Abraamo nella terra di Canaan. Ne danno conferma la LXX e la Bibbia Siriaca che specificano che i 430 anni sono la durata del soggiorno in Egitto e in Canaan. Anche San Paolo adotta questo calcolo in Galati 3:17. I 430 anni dunque devono essere suddivisi in due periodi uguali di 215 anni, relativi al soggiorno dei patriarchi in Canaan e dei loro discendenti in Egitto. Queste cifre concordano con altri dati cronologici. A prescindere da un simile ragionamento si entrerebbe in conflitto con diverse altre informazioni bibliche.

Anche Perspicacia nello studio delle Scritture edito dai Testimoni di Geova, segue questa argomentazione, (voce Cronologia, pag 821, sottotitolo Dal 1943 a.E.V. all’Esodo), si legge: Dall’arrivo di Abraamo in Canaan fino al momento in cui Giacobbe scese in Egitto passarono 215 anni.

Lo si desume dal fatto che passarono 25 anni dalla partenza di Abraamo da Haran fino alla nascita di Isacco (Abramo aveva 75 anni all’uscita da haran e 100 alla nascita di Isacco come si evince da Genesi 12:4 e 21:5); da allora fino alla nascita di Giacobbe passarono altri 60 anni (Isacco aveva 60 anni quando Rebecca partorì Giacobbe Ge 25:26), e Giacobbe aveva 130 anni quando giunse in Egitto (Ge 47:9): un totale quindi di 215 anni (dal 1943 al 1728 a.E.V.). Questo significa che per altri 215 anni gli israeliti rimasero in Egitto (dal 1728 al 1513 a.E.V.).

Questi ragionamenti, che potrebbero sembrare minuziosi, sono invece spiritualmente edificanti perché ci aiutano a confidare nella validità delle profezie e nell’attendibilità cronologica delle Scritture, precise nel minimo dettaglio. Esse furono specificamente scritte per noi sui quali sono giunti i termini del sistema di cose. 1Cor 10:11

Un profondo sonno scese su Abraamo

Dato che stiamo per entrare anche noi in un particolare periodo di 430 giorni (periodo in cui resteremo probabilmente rinchiusi in casa e vivremo momenti felici per quanto difficili simili a quelli che vissero gli Israeliti quando dimoravano in mezzo a persone ostili), può essere istruttivo considerare il senso delle vicende che vissero i patriarchi in quel lungo spazio di 4 secoli. In Genesi 15:6-20, di Abramo si legge: “Ed egli ripose fede in Geova; ed egli glielo attribuiva a giustizia.

Quindi gli disse ancora: “Io sono Geova, che ti fece uscire da Ur dei caldei per darti questo paese, perché tu ne prenda possesso”. A ciò disse: “Sovrano Signore Geova, da che cosa saprò che ne prenderò possesso?” A sua volta gli disse: “Prendimi una giovenca di tre anni e una capra di tre anni e un montone di tre anni e una tortora e un giovane piccione”. Si prese dunque tutti questi e li tagliò in due e mise ciascuna parte contro l’altra, ma non tagliò gli uccelli in pezzi. E gli uccelli da preda scendevano sui corpi morti, ma Abramo li scacciava.

Li affliggeranno per quattrocento anni

Dopo un po’ il sole stava per tramontare, e un profondo sonno cadde su Abramo, ed ecco, tenebre spaventosamente grandi cadevano su di lui. Ed egli diceva ad Abramo: “Di sicuro sappi che il tuo seme diverrà residente forestiero in un paese non loro, e dovranno servirli, e questi certamente li affliggeranno per quattrocento anni. Ma la nazione che serviranno io la giudicherò, e dopo ciò ne usciranno con molti beni. In quanto a te, andrai dai tuoi antenati in pace; sarai sepolto in buona vecchiaia. Ma alla quarta generazione torneranno qui, perché l’errore degli amorrei non è ancora giunto a compimento”.

Il sole ora tramontava e vennero dense tenebre, ed ecco, una fornace fumante e una torcia ardente che passò fra questi pezzi. In quel giorno Geova concluse con Abramo un patto, dicendo: “Al tuo seme darò certamente questo paese, dal fiume d’Egitto al gran fiume, il fiume Eufrate. Gen 15:6-20.

Profonde tenebre caddero su Abraamo mentre anche il sole stava tramontando ad indicare simbolicamente tempi lontani e veramente cupi. In questa tremenda oscurità, percepita in uno stato di profondissimo sonno, veniva rappresentata la grande afflizione che sarebbe toccata ai discendenti del profeta, sia in Egitto che in altri luoghi. Infatti, la prima volta che ricorre nelle scritture ebraiche la parola “profeta” si riferisce proprio ad Abraamo. (Ge 20:7) Ed è anche straordinario il fatto che in quella visione di tenebre venisse prefigurato quell’incerto periodo di oltre 400 giorni che incombe oggi su di noi.

Alla quarta generazione

Geova aveva detto ad Abraamo che alla quarta generazione i suoi discendenti sarebbero tornati in Canaan. Nell’intero periodo di 430 anni dall’entrata in vigore del patto abraamico fino all’Esodo ci furono più di quattro generazioni, pur considerando la longevità di cui secondo la Bibbia gli uomini godevano in quel tempo. Ma gli israeliti rimasero effettivamente in Egitto solo 215 anni. Le ‘quattro generazioni’ dopo il loro arrivo in Egitto si possono calcolare in questo modo, usando come esempio la discendenza di Levi: 1) Levi, 2) Cheat, 3) Amram e 4) Mosè. — Es 6:16,18,20 (Perspicacia nello studio delle Scritture edito dai Testimoni di Geova, alla voce Esodo)

Ismaele perseguitava Isacco

A questo proposito, tuttavia, sorge una domanda, che anche i miei lettori avranno di sicuro in mente, cioè la seguente: perché la visione di Abraamo indicava solo 400 anni di afflizione quando Esodo ne indicò poi 430?  La domanda è interessante e richiede logicamente una degna risposta. Quel periodo di 400 anni iniziò dopo la nascita Isacco, nella circostanza in cui Ismaele si prendeva gioco del fratello, nel giorno in cui quest’ultimo veniva svezzato, trent’anni dopo la stipula del patto Abraamico.

Quando nacque Ismaele, Abramo aveva 86 anni, come specificato in Genesi: “Abramo aveva 86 anni quando Àgar gli partorì Ismaele”. (Gen 16:16) Evidentemente al tempo in cui Abramo ricevette comunicazione da Geova relativamente ai 400 anni di afflizione della sua discendenza, quel profeta aveva 75 anni. Questo viene confermato in Genesi 12:4 dove si legge: “Allora Abramo partì, proprio come Geova gli aveva detto, e Lot andò con lui. Quando lasciò Hàran, Abramo aveva 75 anni.”

Ismaele (di quattordici anni maggiore di Isacco) si faceva beffe e scherniva Isacco, forse per invidia riguardo alla futura eredità paterna. Siccome l’adempimento puntuale delle profezie può essere molto incoraggiante per noi che viviamo in questi tempi terminali, riporto alcune considerazioni tratte dal libro Perspicacia nello studio delle Scritture edito dai Testimoni di Geova, alla voce Isacco.

Geova aveva detto ad Abraamo che come residente forestiero il suo seme sarebbe stato afflitto per 400 anni, afflizione che terminò con la liberazione di Israele dall’Egitto nel 1513 a.E.V. (Ge15:13; At7:6) L’afflizione doveva quindi essere iniziata quattrocento anni prima, vale a dire nel 1913 a.E.V. Di conseguenza il 1913 fu anche l’anno in cui Isacco fu svezzato, dal momento che la Bibbia mette in stretta relazione i due avvenimenti, cioè il suo svezzamento e il maltrattamento da parte di Ismaele.

Questo significa che Isacco quando fu svezzato aveva circa cinque anni, essendo nato nel 1918 a.E.V. Fra parentesi, la sua nascita segnò l’inizio dei 450 anni menzionati in Atti, che terminarono verso il 1467 a.E.V. quando si concluse la campagna di Giosuè in Canaan e il paese fu suddiviso fra le varie tribù.

La scrittura di Atti legge: “L’Iddio di questo popolo d’Israele scelse i nostri antenati; esaltò il popolo quando viveva da straniero in Egitto e lo fece uscire da quel paese con braccio potente. E per circa 40 anni li sopportò nel deserto. Dopo aver distrutto sette nazioni nel paese di Cànaan, assegnò loro il paese in eredità. Tutto questo nell’arco di circa 450 anni”. (Atti 13:17-20)

Visione profetica durante un sonno profondo

Come potrebbe un profeta distinguere un messaggio profetico dalle sue fantasie? La rivelazione profetica giunse ad Abraamo in un particolare stato di trance estatica, così che egli non ebbe dubbi circa la provenienza di certi pensieri. Sapeva che non erano suoi. Nel sonno i sensi non sono distratti da altri stimoli e Dio può rendere il profeta maggiormente in grado di percepire e comprendere.

Il decreto di Faraone e uno sterminio moderno mediante il vaccino. 

Si può considerare anche un altro fattore: il decreto del faraone di uccidere tutti i bambini maschi appena nati. Non sembra che questo decreto sia stato molto efficace o di lunga durata. Aaronne nacque circa tre anni prima di Mosè e non sembra che allora questo decreto fosse in vigore. La Bibbia dice esplicitamente che il decreto del faraone non ebbe molto successo. Sifra e Pua, le due donne ebree che probabilmente erano a capo delle levatrici, non eseguirono l’ordine del re.

A quanto pare non diedero disposizioni alle levatrici loro sottoposte di agire secondo il decreto. Come risultato, “il popolo si faceva più numeroso e diveniva molto potente”. Allora il faraone comandò a tutto il suo popolo di gettare nel Nilo ogni neonato israelita di sesso maschile. (Esodo 1:15-22). Ma non sembra che la popolazione egiziana odiasse gli ebrei a tal punto. La figlia stessa del faraone trasse in salvo Mosè.

È anche possibile che dopo un po’ il faraone si sia reso conto che il suo decreto gli avrebbe fatto perdere schiavi preziosi. Sappiamo che in seguito il faraone dell’Esodo non intendeva lasciar andare gli ebrei proprio perché li apprezzava come schiavi. (Perspicacia nello studio delle Scritture edito dai Testimoni di Geova, alla voce Esodo)

Alla luce di questi fatti, dobbiamo pertanto nutrire speranza. Il marchio della bestia, il vaccino che ci vorranno imporre si può e si deve rifiutare. Non riusciranno mai a sterminare quelli che confidano in Geova e non fanno compromesso.

Chi tocca voi tocca la pupilla del mio occhio 

Considerando tutti questi fatti possiamo assolutamente restare fiduciosi e goderci la vita con le nostre famiglie, nonostante i tempi turbolenti. Geova dice: ‘Chi tocca voi tocca la pupilla del mio occhio. Ora agiterò il pugno contro di loro, e diventeranno il bottino dei loro stessi schiavi’.  (Zac 2:8-9) Noi che, anche in considerazione di Ezechiele 4, stiamo probabilmente per affrontare centinaia di giorni al chiuso nelle nostre stanze siamo nella necessità assoluta di riporre fede nella profezia.

Anche per noi significherà raccogliere tutte le nostre forze e fare preparativi di una certa importanza. Così, Geova ancora una volta ci rivolge l’esortazione a non avere timore. Dovremo pazientare fino alla fine. Geova manderà il suo profeta, uno più grande di Mosè, a farci uscire per la salvezza. Gesù era il profeta predetto e sarà lui a farci uscire dalla “fornace deli schiavi” finito Armaghedon.

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