Elia, Eliseo, i 144.000 e una grande folla

Il profeta Eliseo usciva da Gerico e saliva a Betel quando si vide circondato da un folto gruppo di giovani che incominciarono a incitarlo a “salire”, insultandolo con l’appellativo di “testa pelata”. Perciò la Scrittura prosegue raccontando di come Eliseo li maledicesse nel nome di Geova.

“E di là saliva a Betel. Mentre saliva per la via, piccoli ragazzi uscirono dalla città e si burlavano di lui e gli dicevano: “Sali, testa pelata! Sali, testa pelata!” Infine egli si voltò e li vide e invocò il male su di loro nel nome di Geova. Quindi due orse uscirono dal bosco e sbranavano quarantadue fanciulli di fra loro.” (2Re2:23-24)

Il numero 42 nelle Scritture

Il racconto è molto sintetico ed a prima vista alquanto sorprendente. Pensare che davvero un uomo del vero Dio maledicesse dei fanciulli e che di conseguenza Dio mandasse due orse a sbranarli risulterebbe imbarazzante per tanti. Tuttavia, chiediamoci: come potevano due orse in un colpo solo sbranare quarantadue giovinetti? Non disponevano tutti di gambe abbastanza buone per la fuga?

Le due orse non avrebbero potuto attaccare che due ragazzi alla volta. E gli altri che facevano? Restavano lì imbambolati a guardare? È evidente che il passo svolge una funzione simbolica che vorremmo capire. Perciò cerchiamo di individuare il simbolo all’interno del brevissimo racconto. Cominciamo a considerare alcuni passi scritturali legati al numero 42 (i fanciulli) e al numero 2 (le orse).  Che cosa rappresentano questi numeri?

A leggere Rivelazione 11 scopriamo che i due testimoni dovevano profetizzare vestiti di sacco per 42 mesi. Durante tutto quel periodo le nazioni avrebbero calpestato la città santa:

“E mi fu data una canna simile a una verga, mentre egli disse: “Alzati e misura il [santuario del] tempio di Dio e l’altare e quelli che vi adorano. Ma in quanto al cortile che è fuori del [santuario del] tempio, gettalo completamente fuori e non misurarlo, perché è stato dato alle nazioni, ed esse calpesteranno la città santa per quarantadue mesi. E farò profetizzare i miei due testimoni per milleduecentosessanta giorni vestiti di sacco”. Questi sono i due olivi e i due candelabri e stanno dinanzi al Signore della terra. Riv 11:1-4

La bestia selvaggia

In quello stesso periodo la bestia selvaggia avrebbe avuto autorità di agire indisturbata, cioè per 42 mesi: “Chi è simile alla bestia selvaggia, e chi può guerreggiare contro di essa?”  E le fu data una bocca che diceva cose grandi e bestemmie, e le fu data autorità di agire per quarantadue mesi.  Ed essa aprì la bocca in bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e la sua dimora e quelli che dimorano in cielo. E le fu concesso di far guerra contro i santi e di vincerli. Riv 13:4-7

Dunque il numero 42 è ben noto a chi legge le Scritture, tanto che perfino Ieu finì per ammazzare i 42 fratelli del re Amazia: “Erano 42, e non ne lasciò in vita nemmeno uno.” 2Re 10:12-14

Dunque, dalle Scritture sopra riportate si evince la stretta relazione tra il racconto di 2Re2 relativo ai fanciulli sbranati con la vicenda dei due Testimoni di Apocalisse uccisi dalla bestia. Proviamo a indagare partendo da una ipotesi: consideriamo Elia come un rappresentante dei 144000 ed Eliseo come uno che rappresenti la grande folla di Rivelazione 7.

Salite quassù

Essendo ormai informato della imminente separazione dal suo padrone Elia, Eliseo richiese che due parti del suo spirito venissero su di lui. (2Re2:9) E così avvenne. Come conseguenza Elia lasciò cadere il suo mantello ufficiale e con questo Eliseo poté prosciugare le acque del Giordano ed attraversare il fiume all’asciutto. Tutti questi gesti e questi avvenimenti sono profondamente simbolici.

Il rapimento di Elia dentro un carro di fuoco prefigurerebbe perfettamente il futuro destino degli unti in cielo. In Rivelazione a proposito dei due testimoni si legge: “E dopo i tre giorni e mezzo spirito di vita da Dio entrò in loro, ed essi si rizzarono in piedi, e grande timore cadde su quelli che li vedevano. E udirono un’alta voce dal cielo dir loro: “Salite quassù”. E salirono al cielo nella nube, e i loro nemici li videro.” (Ri 11:11-12)

2Re 2:11-12 legge dal canto suo: “Mentre camminavano conversando, ecco che un carro di fuoco con cavalli di fuoco li separò l’uno dall’altro; ed Elìa ascese al cielo nel turbine.  Vedendo questo, Eliseo gridò: “Padre mio, padre mio! Il carro d’Israele e i suoi cavalieri!” Poi non lo vide più; afferrò quindi le proprie vesti e le strappò in due.

Eliseo e l’apostolato di Paolo

Il fatto che Eliseo ereditasse il potere profetico da Elia e diventasse suo successore è l’unico resoconto biblico di un avvicendamento tra profeti. Il fatto costituisce pertanto un notevole ponte tra il gruppo dei 144.000 e la classe della grande folla. Come scrisse Paolo: “Il Cristo apparve anche a me come a uno nato prematuramente.” (1Cor 15:8) Anche Paolo sarebbe dunque una prefigurazione del rimanente o Grande Folla al tempo della fine. Pur essendo fermamente convinto del proprio apostolato e avendone le prove, Paolo non si incluse mai tra i dodici. Eppure una volta convertito egli divenne un personaggio di spicco e le sue fatiche superarono quelle di tutti gli altri apostoli. (1Co 15:9-10)

Giuda era stato sostituito da Mattia. e la posizione spirituale di quest’ultimo rimase salda anche se di lui dopo la nomina ricevuta in Atti 1:15-26 non si faccia più menzione. A che serviva dunque l’apostolato di Paolo dato che non doveva servire per la sostituzione di Giuda? Egli doveva prestare servizio come “apostolo inviato alle nazioni” e lui stesso riconobbe che questo era lo scopo del suo apostolato. (Gal 1:15,16; 2:7; Ro 1:5; 1Tim 2:7) Paolo prefigura dunque l’elezione della grande folla proveniente da ogni nazione, popolo e lingua.

Attraversare il fiume Giordano

I due Testimoni stessi, dunque, sono prefigurati nel loro insieme da Elia e da Eliseo. Attraversare il Giordano a nuoto in certe stagioni poteva essere pericoloso e Geova, introducendo il popolo in Canaan, fece in modo che uomini, donne, e bambini lo attraversassero all’asciutto. (Gsè 3:14-17) Un miracolo simile avvenne una volta per Elia e per Eliseo ancora insieme, un’altra volta per Eliseo da solo. (2Re 2:7,8,13,14)

 Simbolicamente parlando cosa significherebbe attraversare il Giordano? Potrebbe significare il varco di una soglia spirituale nel tempo, mentre i due profeti rappresenterebbero la divisione in due gruppi dei cristiani unti vissuti, rispettivamente, durante la presenza del Signore al tempo del suo ministero terreno e, viceversa, durante la finale parousia avvenuta dopo l’insediamento del regno messianico. Si tratta pertanto di riferimenti alla prima presenza del Cristo al tempo del suo ministero pubblico con i suoi dodici apostoli e alla seconda presenza durante la seconda parte dei 42 mesi con i due Testimoni di Apocalisse 11.

I 42 sbranati e il simbolo

 Concludendo, il racconto dei 42 fanciulli sbranati dalle orse andrebbe visto come una metafora della situazione in cui i due Testimoni vengono uccisi dalla bestia selvaggia, cioè espulsi dalla Congregazione Cristiana. La vicenda avrebbe quindi poco a che vedere con un vero e proprio fatto accaduto letteralmente. Spesso nella Bibbia dovremmo cercare di capire se un racconto sia semplicemente la descrizione di una visione o di una vicenda veramente accaduta. (Giona)

Ecco dunque che quando i giovani si burlano di Eliseo intimandogli di salire – “Sali, testa pelata, Sali testa pelata” – si stanno riferendo alla recente ascensione di Elia. Ricordiamo anche che la calvizie nelle Scritture è simbolo di afflizione e di lutto. Quindi la figura del profeta e il suo ministero si circondano di un’aura simile a quella descritta in Apocalisse 11 a proposito dei due Testimoni che profetizzano vestiti di sacco, cioè facendo cordoglio. (Ri 11:3)

La lettera di Elia al re d’Israele

Torniamo dunque al rapimento di Elia in cielo. Passò un po’ di tempo e cinquanta tra i figli dei profeti lo cercarono dappertutto, ma invano. Tuttavia il profeta non era stato assunto in cielo, come alcuni a torto potrebbero credere, ma era semplicemente stato trasferito in un’altra zona. “I figli dei profeti che erano a Gèrico lo videro da una certa distanza e dissero: “Lo spirito di Elìa si è posato su Eliseo”. Perciò gli andarono incontro e si inchinarono a terra davanti a lui. Gli dissero: “Fra i tuoi servitori ci sono 50 uomini capaci. Per favore, lascia che vadano a cercare il tuo signore. Forse lo spirito di Geova l’ha portato in alto e poi l’ha gettato su qualche monte o in qualche valle”. Ma lui disse: “Non li mandate”. Loro però insisterono così tanto che lui, sentendosi a disagio, disse: “Mandateli”. Mandarono i 50 uomini, che per tre giorni continuarono a cercare Elìa, ma senza trovarlo.” (2Re 15-18)

Tuttavia, ad un certo punto Elia si fece vivo con una lettera a Ieoram, re di Giuda. Il secondo libro di Cronache legge: Alla fine gli giunse da parte del profeta Elìa un messaggio scritto che diceva: “Questo è ciò che Geova, l’Iddio del tuo antenato Davide, dice: ‘Tu non hai seguito la condotta di tuo padre Giòsafat né quella di Asa re di Giuda…Perciò Geova inferirà un duro colpo al tuo popolo, ai tuoi figli, alle tue mogli e a tutti i tuoi beni.” 2 Cro 21:12-14

Come potremmo inquadrare questa situazione? Come mai Elia dopo essere stato, per così dire, “rapito in cielo” è ancora attivo sulla terra? A parte il fatto che nessun uomo poteva salire in cielo prima del Cristo, questo sarebbe anche un indizio del fatto che gli unti avranno durante il regno millenario la doppia natura, fisica e spirituale, essendo rapiti in cielo alla presenza di Dio, ma ben presto ristabiliti fisicamente anche sulla terra come coeredi del Re regnante.

Naaman guarito dopo essersi bagnato sette volte nel Giordano

Uno degli episodi legati al ministero di Eliseo è la vicenda di un capo militare siro, Naaman. Costui era lebbroso. Quando venne a sapere che c’era un profeta in grado di guarirlo l’uomo si mostrò fiducioso e si mise in viaggio. Questa informazione gli era giunta tramite una ragazza israelita, schiava di sua moglie, che parlava di un profeta di Samaria in grado di guarire la lebbra. Naaman partì immediatamente alla volta di quel paese con una lettera di presentazione del re, Ben-Adad II. Ieoram re di Israele, dopo averlo accolto con freddezza, lo mandò da Eliseo. Questi non andò incontro a Naaman di persona, ma gli fece dire dal suo servitore di bagnarsi sette volte nel Giordano. Pensando evidentemente di essere stato trattato con scarso riguardo, Naaman se ne andò infuriato. Il racconto nel libro dei Re riferisce:

“Comunque, Eliseo mandò da lui un messaggero, dicendo: “Andando lì, ti devi bagnare sette volte nel Giordano perché la tua carne ti ritorni; e sii puro”. A ciò Naaman si indignò e se ne andava e diceva: “Ecco, avevo detto [fra me]: ‘Mi uscirà incontro e certamente si fermerà e invocherà il nome di Geova suo Dio e muoverà la mano da una parte all’altra sul luogo e realmente guarirà il lebbroso’. Non sono l’Abana e il Farpar, i fiumi di Damasco, migliori di tutte le acque d’Israele? Non mi posso bagnare in essi e certamente essere puro?” 

Allora si voltò e andò via con furore. I suoi servitori ora gli si accostarono e gli parlarono e dissero: “Padre mio, se il profeta stesso ti avesse proferito una cosa grande, non la faresti? Quanto più, quindi, giacché ti ha detto: ‘Bagnati e sii puro’!”  Allora egli scese e si tuffava nel Giordano sette volte secondo la parola dell’uomo del [vero] Dio; dopo di che la sua carne tornò come la carne di un ragazzino e divenne puro.” (2Re 5:11-14)

Il numero sette e la sua metà

Cerchiamo una chiave di lettura per inquadrare anche questo episodio. Intanto cerchiamo di capire subito cosa ne pensasse Gesù. Per orgoglio Naaman fu sul punto di perdere l’opportunità di essere guarito, ma alla fine fece come aveva ordinato Eliseo, immergendosi sette volte nel Giordano, e “la sua carne tornò come la carne di un ragazzino e divenne puro. Che all’epoca di Eliseo ci fossero diversi lebbrosi in Israele è dimostrato dalla presenza di quattro israeliti lebbrosi fuori delle porte di Samaria quando Eliseo si trovava nella città. (2Re 7:3) Ma gli israeliti in generale non ebbero fede in quell’uomo del vero Dio, proprio come gli ebrei del paese in cui Gesù era cresciuto non vollero accettare lui.

Leggiamo direttamente le parole di Gesù: “In verità vi dico che nessun profeta è ben accetto nella sua terra. Anzi, vi posso assicurare che in Israele c’erano molte vedove al tempo di Elìa, quando il cielo rimase chiuso per tre anni e sei mesi, e una grande carestia si abbatté su tutto il paese. Eppure Elìa non fu mandato da nessuna di quelle donne, ma solo da una vedova di Sarèpta, nel paese di Sidóne. In Israele inoltre c’erano molti lebbrosi al tempo del profeta Eliseo; eppure nessuno di loro fu purificato, ma solo Naàman il siro”. Udendo queste cose, tutti quelli nella sinagoga si infuriarono; quindi si alzarono e lo cacciarono dalla città, e lo portarono sul ciglio del monte sul quale sorgeva la città con l’intenzione di buttarlo di sotto. Ma lui sfuggì passando in mezzo a loro, e proseguì per la sua strada. (Lu 4:24-30)

Elia, Eliseo e la grande folla

Anche Giacomo, fratello di Gesù, accenna all’argomento nella sua lettera ai cristiani: “Elìa era un uomo con i nostri stessi sentimenti, eppure quando pregò intensamente che non piovesse, non piovve sul paese per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo, e dal cielo cadde la pioggia e la terra produsse frutto.” Gc 5:17-18

Ora che il ministero di Elia ed Eliseo fosse strettamente legato al numero sette e alla sua metà sembra concretamente confermato. Il ragazzo risuscitato da Eliseo “sternutiva fino a sette volte”. Ieoram, re di Israele, Giosafat, re di Giuda e il re di Edom viaggiano nel paese per sette giorni senza trovare acqua per le persone e gli animali. Anche la madre del giovane risuscitato da Eliseo andò a vivere “come forestiera nel paese dei Filistei per sette anni”. Quindi, a ben guardare, in molti dei capitoli di 2Re relativi al ministero di Elia ed Eliseo compare insistentemente il numero 7.  (Cfr. 2Re 3:9, 4:35;5:10; 5:14; 8:1,2,3)

Inoltre la vicenda di Naaman avrebbe a che vedere con la profezia di Daniele 8:14 secondo cui il rimanente sarebbe stato portato alla fine di un periodo di sette tempi ad una condizione giusta. Ciò implicherebbe il fatto di accogliere umilmente il semplice messaggio trasmesso dai due Testimoni, la controparte moderna di Eliseo. (Mt 24:28)

L’illusione ottica dell’acqua che brillava come sangue

In una certa occasione Eliseo fu invitato a trasmettere il consiglio di Geova a tre re. Giosafat si unì a Ieoram, successore di Acazia, e al re di Edom in un’offensiva militare per sedare la rivolta di Mesa re di Moab contro il regno delle dieci tribù. Ma gli eserciti alleati rimasero intrappolati per sette giorni in un deserto senz’acqua. Giosafat allora mandò a chiamare Eliseo. Solo per rispetto verso di lui, Giosafat, il profeta Eliseo ricercò l’ispirazione di Dio, e il suo consiglio apparentemente salvò i tre re e i loro eserciti dal disastro.

Essendoci tre re confederati contro Moab le truppe dovevano essere numerose e gli animali al seguito necessitavano acqua, come pure i soldati. La sete doveva essere tremenda. Ma che fare? “Allora Giosafat disse: “Non c’è qui un profeta di Geova? Interroghiamo quindi Geova per mezzo di lui”. Uno dei servitori del re d’Israele dunque rispose e disse: “C’è Eliseo figlio di Safat, che versava acqua sulle mani di Elia”.  Quindi Giosafat disse: “La parola di Geova esiste presso di lui”. Pertanto il re d’Israele e Giosafat e il re di Edom scesero da lui.” (2Re 3:11-12)

A quel punto Eliseo trasmette il consiglio da parte di Geova.  ‘Si facciano tanti fossi in questa valle di torrente; poiché Geova ha detto questo: “Non vedrete vento, e non vedrete rovescio di pioggia; eppure questa valle di torrente sarà piena d’acqua, e certamente [ne] berrete, voi e il vostro bestiame e i vostri animali domestici”’. E questa sarà in realtà una cosa trascurabile agli occhi di Geova, ed egli certamente vi darà in mano Moab.

E dovete abbattere ogni città fortificata e ogni città scelta, e dovete gettare giù ogni albero buono, e dovete turare tutte le sorgenti d’acqua, e dovete rovinare con pietre ogni buon tratto di terra”. E avvenne la mattina, al tempo in cui ascende l’offerta di cereali, che, ecco, veniva acqua dalla direzione di Edom, e il paese si riempì d’acqua.” (2Re3:16-20)

Le acque e il miraggio

Giosafat re di Giuda e il re di Edom si unirono a Ieoram in un attacco contro Moab che ebbe un apparente successo perché Geova trasse in inganno il nemico con un’illusione ottica. Eliseo, profeta di Dio, disse a quelli del campo di Israele di scavare fossi in cui raccogliere l’acqua di cui avevano disperato bisogno e che fu provveduta da Dio. L’indomani mattina il riflesso della luce del sole sull’acqua fece credere ai moabiti che l’acqua fosse sangue. Pensando che gli eserciti dei tre re alleati si fossero massacrati a vicenda, i moabiti si avvicinarono per prendere il bottino e furono uccisi in gran numero.

Gli uomini dunque scavarono fossi e l’acqua rifulse in lontananza come se fosse sangue. La narrazione biblica prosegue: “Riguardo a tutti i moabiti, udirono che i re erano saliti per combattere contro di loro. Di conseguenza adunarono [gli uomini] da quanti cingevano la cintura in su, e stavano alla linea di confine. Quando si alzarono la mattina di buon’ora, il sole stesso rifulse sull’acqua, così che i moabiti dal lato opposto videro l’acqua rossa come sangue

E dicevano: “Questo è sangue! Senza dubbio i re sono stati passati a fil di spada, e si sono abbattuti gli uni gli altri. Or dunque, alle spoglie, o Moab!” Quando furono entrati nel campo d’Israele, gli israeliti immediatamente si levarono e abbattevano i moabiti così che essi si diedero alla fuga d’innanzi a loro. Così entrarono in Moab, abbattendo i moabiti mentre entravano. E demolivano le città, e, in quanto a ogni buon tratto di terra, vi gettavano ciascuno la sua pietra e realmente lo riempivano; e turavano ogni sorgente d’acqua, e gettavano giù ogni albero buono, finché vi lasciarono rimanere solo le pietre di Chir-Areset; e i frombolieri le andavano attorno e l’abbattevano.

Quando il re di Moab ebbe visto che la battaglia si era mostrata troppo forte per lui, subito prese con sé settecento uomini che traevano la spada per aprirsi un varco verso il re di Edom; ma non poterono. Infine prese il suo figlio primogenito che avrebbe regnato in luogo di lui e lo offrì in sacrificio bruciato sulle mura. E ci fu grande indignazione contro Israele, tanto che si ritirarono di contro a lui e tornarono al loro paese. (2Re 3:21-27)

 Acqua come sangue

L’acqua mutata in sangue è un cliché nella Bibbia che si ripete. Mosè mutò le acque in sangue in base all’ordine divino. (Es 7:19) Anche ai due Testimoni di Rivelazione viene conferito questo potere. (Ri 11:6) Che significa questo? Dato che l’acqua è un elemento atto a sostenere la vita, mutare l’acqua in sangue significa condannare a morte tutti gli esseri viventi che ne hanno assoluta necessità. Inoltre l’acqua non ha solo una valenza puramente fisica ma anche connotazioni spirituali.

Durante i sette anni della fine ancora in corso, come già accaduto ai tempi di Mosè, si sono venute creando situazioni esplosive, condizioni spiritualmente mortifere per tutti quelli che si trovano all’interno di organizzazioni religiose deleterie. Si crea, per così dire, una situazione di trompe-l’oeil, un disegno ingannevole per cui i leader religiosi del mondo danno suggerimenti contraddittori, invitano ad accettare la vaccinazione di massa come unico mezzo per poter uscire dallo stallo di lock-down pandemico. E molti dei loro seguaci ne vengono ingannati.

Cercherò di spiegarmi un po’ meglio. Nella Bibbia succede talvolta che morire significhi uscire dal mondo e rifiutare il marchio della bestia. Dunque i Moabiti che cadono nel tranello non sarebbero perduti dal punto di vista di Dio, ma sarebbero quelli che viceversa accettano di fuggire ai monti, di sacrificare tutto ciò che hanno nel presente sistema di cose, lavoro, beni, riconoscimenti sociali e buon nome pur di avere il privilegio di regnare con Cristo sulla nuova terra.

La stele moabita

Nel racconto di 2Re 3 compare un personaggio interessante, Mesa, re di Moab il cui nome risulta impresso sulla stele Moabita scoperta nel 1868 a Dibon. La stele viene generalmente attribuita a Mesa, e il suo contenuto di solito viene posto in relazione con gli avvenimenti trattati nel terzo capitolo di 2 Re. In questa famosa iscrizione Mesa commemora la sua insurrezione contro la dominazione d’Israele, che egli dice durò 40 anni. Mesa conosceva anche Geova, Dio d’Israele; infatti nella 18riga di questa iscrizione compare il Tetragramma.

Qui Mesa si vanta: “Portai via di là i [vasi] di Yahweh, e li trascinai davanti a Chemos”. Comunque, come ci si poteva aspettare, non si parla né della sua sconfitta né del sacrificio di suo figlio. “Le iscrizioni monumentali su monoliti o pareti di templi venivano fatte per scopi propagandistici e per la glorificazione del dio nazionale e del sovrano locale. Quindi non sorprende che Mesa non menzioni la campagna militare dei re di Israele, Giuda ed Edom contro il suo paese, di cui la Bibbia fa una descrizione particolareggiata”. — Biblical Archaeology Review, maggio-giugno 1986, p. 57.

Queste informazioni sembrano piuttosto interessanti, a partire dal fatto che, da quanto si evince dalla lettura della stele, la dominazione d’Israele su Moab durasse 40 anni, proprio come la generazione di Matteo 24:34. Si comprende poi dalle scritture come Mesa venisse indotto alla ribellione contro Israele a causa di richieste esorbitanti, il pagamento annuale di 100.000 agnelli e 100.000 montoni non tosati. Inoltre, tanto per sottolineare qualcos’altro di particolarmente significativo, il nome Mesa significa liberazione, salvezza. E già questo unico indizio ci dovrebbe mettere in guardia riguardo alle conclusioni da trarre.

Moab salvato nella parte finale dei giorni

Dunque, il miracolo dell’acqua assume, in questo racconto, una valenza double-face, che va attentamente decifrata. Nel senso che l’acqua provveduta miracolosamente da Geova significa per i Moabiti, contrariamente alle apparenze, vita e salvezza mentre per i tre re significa rovina e morte. Ecco che i tre re non possono essere investiti di una valenza positiva, perché anzi, Eliseo manifesta loro, con una parziale eccezione nei riguardi di Giosafat, una dichiarata avversione.

Questi fatti dunque sarebbero da collegare con la profezia di Daniele 11:41 che trattando del re del Sud legge: “Effettivamente entrerà anche nel paese dell’Adornamento, e saranno fatti inciampare molti paesi. ma questi sono quelli che scamperanno dalla sua mano, Edom e Moab e la parte principale dei figli di Ammon.”

Geremia 48:47 a questo proposito legge: “E certamente radunerò i prigionieri di Moab nella parte finale dei giorni, è l’espressione di Geova.” Potremmo dire che i tre re rappresenterebbero una Gerusalemme apostata e babilonica, mentre Moab un rimanente approvato che da esse fuoriesce, un rimanente spinto alla ribellione a causa di richieste blasfeme da parte di un potere politico-religioso che impone a tutti il suo marchio vaccinale.

Il sacrificio

Anche l’ultimo versetto del capitolo 3 che legge: “Infine prese suo figlio primogenito che avrebbe regnato in luogo di lui e lo offrì in sacrificio bruciato sulle mura. E ci fu grande indignazione contro Israele, tanto che si ritirarono di contro a lui e tornarono al loro paese.” Come inquadrare un evento simile? Non potrebbe esserci allusione al sacrificio di Cristo nel cui potere salvifico il rimanente – Moab per così dire – ha riposto totale fiducia?

Circa le apparenti ambiguità di questo passo dei Re mi verrebbe da fare un’ultima considerazione circa i punti di vista soggettivi sulle circostanze che si presentano intorno a noi. Non dovremmo lasciarci abbagliare dall’opinione prevalente nel mondo. Non è ciò che pensa e dispone la maggioranza ciò che fa testo. Noi del rimanente abbiamo il generale disprezzo del mondo. Tuttavia Paolo nella seconda lettera ai Corinti esprime un concetto giusto quando dice che i Cristiani emanano un odore soave per quelli che sono salvati, ma un odore di morte per quelli che periscono.

Egli scrive: “Ma siano rese grazie a Dio che sempre ci conduce in trionfale processione in compagnia del Cristo e per mezzo nostro rende percettibile in ogni luogo l’odore della conoscenza di lui! Poiché a Dio siamo un soave odore di Cristo fra quelli che sono salvati e fra quelli che periscono; a questi un odore che emana dalla morte per la morte, a quelli un odore che emana dalla vita per la vita. E chi è adeguatamente qualificato per queste cose?” (2Cor 2:14-16) 

Conclusione

Concludendo ricordiamo che la situazione intorno a noi può essere ingannevole proprio come lo era per Ieoram che disse: “Che disdetta che Geova abbia chiamato questi tre re per darli in mano a Moab.” (2Re 3:10) In realtà Geova non aveva detto niente, dato che non era stato neppure consultato! Dunque attenzione agli inganni. Proprio i leader religiosi stanno portando il popolo al macello insistendo sul fatto che il vaccino sia un dovere etico, del tutto in armonia con le Scritture. Viceversa esso altro non è che il marchio della bestia di Rivelazione 13:16-18.

Anche noi che stiamo per chiuderci in casa per un anno ci preoccuperemo per le nostre riserve d’acqua, sia in senso spirituale che in senso fisico. Geova potrà vigilare su di noi e certo anche letteralmente incrementerà le nostre scorte alimentari se carenti (2Re 4:1-7; 1Re 17:16) e sanificherà le nostre scorte d’acqua, se necessario. Farà questo proprio come Eliseo fece quando soccorse un’antica città, Gerico, le cui acque procuravano aborti. Leggiamo: “In seguito gli uomini della città dissero a Eliseo: “La posizione della città è buona, come il nostro signore può vedere, ma l’acqua è cattiva e il paese è sterile”.  Allora lui disse: “Portatemi una scodellina nuova e metteteci del sale”; e gliela portarono. Quindi andò alla sorgente dell’acqua, vi gettò del sale e disse: “Questo è ciò che Geova dice: ‘Ho reso sana quest’acqua. Non causerà più né morte né sterilità’”. E l’acqua è rimasta sana fino a oggi, proprio come aveva detto Eliseo.” (2Re 2:19-22)


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