I 430 anni delle difficili residenze d’Israele

In Ezechiele al capitolo 4 si narra di una difficile situazione che riguarda anche chi come noi sta vivendo l’ultimo anno dell’Apocalisse. Il profeta, non possiamo dire se nella realtà o in una visione, doveva giacere legato 390 giorni su un lato e 40 giorni sull’altro, per un totale di 430 giorni. Questo periodo di tempo è rappresentativo della situazione odierna in cui il rimanente del popolo di Dio è in procinto di restare bloccato in casa perché oppone un fiero rifiuto all’inoculazione del marchio. (Cfr. Isa 26:20)

I 430 giorni che Ezechiele doveva trascorrere legato sul fianco destro e sinistro corrispondono ai 430 anni delle residenze del popolo d’Israele in terra straniera, in esilio prima in Canaan e poi, subentrata la carestia delle vacche magre, in Egitto. Sta di fatto che il periodo di 430 anni venne trascorso in parte in Canaan e in parte in Egitto. Cercheremo di capire cosa significano questi fatti per noi. Romani, a conferma del fatto che le scritture hanno vari livelli di significato e di adempimento, al versetto 15:4 legge: “Poiché tutte le cose che furono scritte anteriormente furono scritte per nostra istruzione, affinché per mezzo della nostra perseveranza e per mezzo del conforto delle Scritture avessimo speranza.” 

Israele sapeva che la schiavitù stava per finire

Geova, come sua consuetudine, faceva sapere in anticipo ai suoi profeti ciò che aveva intenzione di fare. (Am 3:7) Per quanto concerne la discendenza di Abraamo egli fece sapere loro per quanto tempo avrebbero dovuto attendere prima di entrare nella terra della promessa. Così, quando Mosè si presentò agli anziani del popolo d’israele schiavo in Egitto, possiamo credere che egli abbia detto a tutti che i tempi dell’esilio erano lì per scadere e che Geova stava per liberarli dalla loro schiavitù. Essi dovevano sicuramente essere al corrente della promessa che Geova aveva fatto al loro antenato. Abramo dovette informarne Isacco e Isacco a sua volta Giacobbe. La promessa di Dio rimase dormiente per oltre quattro secoli ma d’improvviso essa riprese forma e rivisse. La parola di Dio resta stabile nel tempo. I cieli e la terra possono passare ma la parola di Dio si avvera sempre. (Mt 24:35)

Dunque noi andremo a considerare dettagliatamente lo svolgimento del periodo delle afflizioni di Israele per capire meglio l’andamento dei 430 giorni in cui ci stiamo ormai da oltre un mese addentrando.

Patto con Abramo

430 anni

Il patto abramico entrò in vigore quando Abramo attraversò l’Eufrate diretto in Canaan. Il patto della Legge fu stipulato 430 anni dopo. Geova aveva parlato ad Abramo quando questi abitava in Mesopotamia, a Ur dei caldei, dicendogli di mettersi in viaggio per il paese che gli avrebbe indicato.  La LXX in esodo 12:40-41 ci dice che alla fine di 430 anni di dimora in Egitto e nel paese di Canaan, “in quel medesimo giorno”, gli israeliti, che erano stati schiavi in Egitto, partirono. Furono liberati dall’Egitto il 14 nisan del 1513 a.E.V., il giorno della Pasqua. Questo sembrerebbe indicare che Abramo attraversasse l’Eufrate diretto in Canaan il 14 nisan del 1943 a.E.V., e fu evidentemente allora che entrò in vigore il patto abramico.

Il patto abramico era “un patto a tempo indefinito”. Quindi esso rimane ancora in piedi. I suoi termini richiedono che esso rimanga in vigore finché non abbiano avuto luogo la distruzione di tutti i nemici di Dio e la benedizione delle famiglie della terra. ““Rispetterò il patto fra me e te e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione; è un patto eterno, in virtù del quale io sono il tuo Dio e il Dio della tua discendenza dopo di te.” (Ge 17:7)

Significato del patto Abramico

Qual era lo scopo di un tale patto? Il seme promesso in Eden sarebbe venuto per mezzo di Abramo.  Questo seme avrebbe posseduto la porta dei suoi nemici; il seme di Abramo tramite Isacco sarebbe stato numeroso e avrebbe preso possesso della Terra Promessa; tutte le famiglie della terra si sarebbero benedette per mezzo del seme. (Ge 3:15; 16:18) Ci fu un adempimento letterale di queste cose, che erano tipi o modelli di un adempimento maggiore per mezzo di Cristo.

Geova stipulò il patto con Abraamo unilateralmente. Era in effetti una promessa, e Geova non pose condizioni che Abraamo dovesse soddisfare affinché la promessa fosse adempiuta. Il patto della legge non annullò il patto abraamico. “E dico questo: la Legge, che è venuta all’esistenza 430 anni dopo, non annulla il patto precedentemente concluso da Dio, cancellando così la promessa. (Gal 3:17)

Quando Abraamo attraversò l’Eufrate diretto verso il paese di Canaan, Geova evidentemente aveva convalidato con lui questo patto, dicendo: “Darò questo paese alla tua discendenza, dal fiume d’Egitto al gran fiume, l’Eufrate. (Gen 15:18) L’anno della convalida di questo patto è fissata al 1943 a.E.V. Nella Bibbia la questione cronologica è sempre trattata con estrema precisione.

In Esodo 12:40-41 si legge: “Gli israeliti, che avevano dimorato in Egitto, avevano vissuto da forestieri per 430 anni. Alla fine dei 430 anni, in quello stesso giorno, tutte le schiere di Geova uscirono dal paese d’Egitto.” Mentre quasi tutte le traduzioni rendono il versetto 40 in modo tale da attribuire i 430 anni interamente alla permanenza in Egitto, l’originale ebraico consente la succitata traduzione. Anche le parole di Paolo in Galati 3:16,17 indicano che il periodo di 430 anni va dalla convalida del patto abraamico alla promulgazione del patto della Legge.

Dal 1943 a.E.V. all’Esodo

Nella scrittura di Esodo su riportata, in altre traduzioni si legge che “la dimora dei figli d’Israele, che avevano dimorato in Egitto, fu di quattrocentotrent’anni. E avvenne alla fine dei quattrocentotrent’anni, sì, in quel medesimo giorno avvenne che tutti gli eserciti di Geova uscirono dal paese d’Egitto”.

Quasi tutte le Bibbie rendono il versetto 40 in modo tale da attribuire i 430 anni interamente alla permanenza in Egitto. Tuttavia l’originale ebraico consente la traduzione riportata sopra. Anche le parole di Paolo in Galati 3:16-17 dicono: Ora, le promesse furono fatte ad Abraamo e alla sua discendenza. Non dice “e ai tuoi discendenti”, come se parlasse di molti. Dice piuttosto “e alla tua discendenza” nel senso di uno solo, che è Cristo. E dico questo: la Legge, che è venuta all’esistenza 430 anni dopo, non annulla il patto precedentemente concluso da Dio, cancellando così la promessa.

Le parole di Paolo indicano che il periodo di 430 anni va dalla convalida del patto abramico alla promulgazione del patto della Legge. Evidentemente il patto abramico fu convalidato quando Abramo agì sulla base della promessa di Dio, attraversando l’Eufrate nel 1943 a. E.V. diretto in Canaan ed entrando effettivamente nel “paese” in cui Dio gli aveva detto di andare.

Esattamente 430 anni dopo questo avvenimento, nel 1513 a.E.V., i suoi discendenti furono liberati dall’Egitto. In quello stesso anno fu stipulato con loro il patto della Legge. A riprova che fin dall’antichità il periodo menzionato in Esodo 12:40-41 si considerava iniziato con il trasferimento in Canaan degli antenati della nazione, la Settanta greca dice: “Ma la dimora dei figli d’Israele che essi dimorarono nel paese d’Egitto e nel paese di Canaan [fu] di quattrocentotrent’anni”. Lo stesso vale per la versione della Bibbia Samaritana e l’Edizione Vaticana dei LXX.

Informazioni scritte a nostro beneficio

Il punto di vista espresso dalla LXX divenne tradizionale nella sinagoga e l’apostolo Paolo seguì lo stesso pensiero in Galati 3:17 calcolando l’intervallo tra la promessa fatta ad Abraamo e il patto della legge stipulato al Sinai come un periodo di 430 anni. In ogni caso la questione dell’esattezza cronologica non era mai stata definita prima con altrettanta precisione. E questo avviene a nostro favore. Siamo soltanto noi che ora possiamo beneficiare di quelle informazioni.

Dall’arrivo di Abraamo in Canaan fino al momento in cui Giacobbe scese in Egitto passarono 215 anni. Lo si desume dal fatto che passarono 25 anni dalla partenza di Abraamo da Haran fino alla nascita di Isacco. Quando lasciò Hàran, Abramo aveva 75 anni. (Ge 12:4). Alla nascita di suo figlio Isacco, Abraamo aveva 100 anni. (Ge 21:5); da allora fino alla nascita di Giacobbe passarono altri 60 anni (Ge 25:26), e Giacobbe aveva 130 anni quando giunse in Egitto (Ge 47:9), un totale quindi di 215 anni (dal 1943 al 1728 a.E.V.). Questo significa che per altri 215 anni gli israeliti rimasero in Egitto (dal 1728 al 1513 a.E.V)

Geova aveva detto ad Abramo: “Di sicuro sappi che il tuo seme diverrà residente forestiero in un paese non loro, e dovranno servirli, e questi certamente li affliggeranno per quattrocento anni”. (Ge 15:13, At:7:6,7). Ciò era stato dichiarato prima della nascita dell’erede o “seme” promesso, Isacco.

Ismaele schernendo Isacco diede inizio ai 400 anni

Nel 1932 a. E.V. nacque Ismaele, figlio di Abraamo dalla schiava egiziana Agar, e nel 1918 a.E.V. nacque Isacco da Sara. (Ge 16:16; 21:5) Andando indietro di 400 anni dall’Esodo, che segnò la fine dell’‘afflizione, (Ge 15:14), si arriverebbe al 1913 a.E.V., quando Isacco aveva circa cinque anni. Sembra che Isacco sia stato svezzato allora, e, già “residente forestiero” in un paese non suo, cominciò quindi a subire la predetta afflizione essendo schernito da Ismaele, che aveva circa 19 anni. (Ge 21:8-9)

Anche se oggigiorno il fatto che Ismaele “si prendeva gioco” dell’erede di Abramo potrebbe essere considerato cosa di poco conto, all’epoca dei patriarchi non era così. Il fatto stesso che l’episodio sia descritto nei particolari nella Parola di Dio è un’indicazione che esso segnò l’inizio dei predetti 400 anni d’afflizione che sarebbero terminati solo con l’Esodo. Galati 4:29-31 legge: Ma proprio come allora il figlio nato nella maniera consueta perseguitava quello nato mediante lo spirito, così avviene anche ora. Tuttavia, cosa dice il passo della Scrittura? “Manda via la serva e suo figlio, perché il figlio della serva non sarà mai erede con il figlio della donna libera”.  Dunque, fratelli, noi non siamo figli della serva, ma della donna libera.

Giuseppe sopravvisse al padre di circa 54 anni, raggiungendo l’età di 110 anni. In Genesi si legge: Giuseppe continuò a vivere in Egitto, lui e la casa di suo padre. Visse 110 anni. (Ge 50:22) Anche questa informazione ci tornerà utile.

Tabella del conteggio che ci permette di calcolare il tempo di permanenza degli ebrei in Canaan:
430 anni
Un periodo al chiuso delle stanze interne (Isaia 26:20)

Esaminiamo adesso i paralleli con il nostro periodo di 430 giorni. Le afflizioni d’Israele cominciarono dunque nel momento in cui Abramo attraversava l’Eufrate nel 1943 a.E.V. L’attraversamento dell’Eufrate coincide con la nostra fuoriuscita da Babilonia e dal sistema. Supponiamo quindi che gli anni del nostro computo, i 430 anni, corrispondano ai giorni del nostro attuale tempo di esilio, il periodo cosiddetto delle “stanze interne” di Isaia 26:20.

Intanto, cominciamo a notare che solo la metà del tempo dell’afflizione fu veramente un esilio in Egitto e neanche in Egitto il tempo fu tutto dedicato ai lavori forzati nella produzione di mattoni. Infatti dopo che i figli di Giacobbe si trasferirono in Gosen, Israele viveva nella parte migliore del paese e godeva della protezione del viceré di faraone, Giuseppe, loro fratello, che visse ancora 54 anni dopo la morte del padre. Dunque possiamo immaginare che i primi 270 anni dell’afflizione d’Israele furono anni duri, impegnativi ma meno drammatici di quelli successivi.

Un lungo periodo di attesa

Supponiamo che l’inizio del nostro moderno periodo di afflizione corra dal 15 ottobre 2021 e proviamo a fare dei confronti.

I primi 25 anni dopo aver attraversato l’Eufrate dovettero essere per Abramo un periodo di adattamento e di attesa. Geova gli aveva promesso un figlio che però tardava ad arrivare. Al punto che Abramo aveva quasi perso la speranza e pensava di dover lasciare le sue sostanze ad Eliezer, un uomo di Damasco nato nella sua casa. (Ge 15:2-3) Poi, quando Abramo aveva 86 anni, nacque Ismaele da Agar. Solo più tardi nacque Isacco da Sara. Nello stesso periodo Sodoma fu distrutta con fuoco e zolfo. Poi, quando Isacco, questo figlio diletto, si fece uomo, Abramo dovette rispondere al comando di Geova di offrire suo figlio Isacco in olocausto.

I tempi di attesa si prolungarono e Isacco dovette attendere 20 anni dopo il matrimonio con Rebecca per assistere alla nascita di Giacobbe e di Esaù. Anche loro vivevano in tende come residenti forestieri in un paese non loro. Ad un certo punto Esaù cedette il proprio diritto alla primogenitura per un piatto di lenticchie.

Un semplice piatto di lenticchie

Infatti, un giorno Esaù, stanco e affamato, tornò dai campi mentre Giacobbe stava cuocendo della minestra. Alla richiesta di Esaù, “presto, ti prego, dammi un boccone del rosso, del rosso lì”, Giacobbe gli chiese di vendergli la primogenitura. Non avendo nessun apprezzamento per le cose sacre, impulsivamente Esaù cedette con un giuramento la primogenitura a Giacobbe per un piatto di lenticchie e del pane. Disprezzando così la primogenitura, considerandola di ben poco valore, Esaù manifestò completa mancanza di fede. (Ge 25:29-34)

Forse non aveva nessuna intenzione di subire le conseguenze insite nell’adempimento della parola di Dio relativa al seme di Abramo: “Il tuo seme diverrà residente forestiero in un paese non loro, e dovranno servirli, e questi certamente li affliggeranno per quattrocento anni”. Questo è un passo significativo per quanto concerne i nostri giorni. E se accondiscendessimo anche noi a prendere il marchio per un semplice piatto di lenticchie? 

Dopo di ciò Esaù si prese due mogli e sua madre Rebecca si trovò a soffrire a causa delle sue nuore ittite. Queste donne furono per lei fonte di grande amarezza.

Pochi giorni pieni di sofferenze

Anche i giorni di Giacobbe furono amari.  A faraone egli disse: “Gli anni in cui ho vagato sono 130. Gli anni della mia vita sono stati pochi e pieni di sofferenze, e non sono tanti in paragone alla vita che i miei antenati hanno trascorso vagando” (Ge 47:8-9) Alla fine per capire la nostra situazione odierna dovremmo confrontarci con l’intero libro di Genesi e con le sue svariate vicende.

Solo dopo queste cose, con la morte di Giuseppe e l’ascesa al trono di un re che non aveva conosciuto Giacobbe iniziò la schiavitù vera e propria.

Sorse sull’Egitto un nuovo re

Queste situazioni sono chiaramente narrate in Esodo dove al capitolo 1 si legge: “Alla fine Giuseppe morì, e anche tutti i suoi fratelli e tutta quella generazione. 

A suo tempo sorse sull’Egitto un nuovo re che non aveva conosciuto Giuseppe. E diceva al suo popolo: “Ecco, il popolo dei figli d’Israele è più numeroso e più potente di noi. Suvvia! Agiamo accortamente con loro, affinché non si moltiplichino, e di sicuro accada che, nel caso si abbatta su di noi una guerra, anch’essi si aggiungano certamente a quelli che ci odiano e combattano contro di noi e salgano dal paese”.

Posero dunque su di loro capi di lavori forzati allo scopo di opprimerli con i loro pesi; ed edificavano città come luoghi di deposito per Faraone, cioè Pitom e Raamses. Ma più li opprimevano, più si moltiplicavano e più si estendevano, così che provavano un morboso terrore a causa dei figli d’Israele. Di conseguenza gli egiziani resero i figli d’Israele schiavi sotto la tirannia. Rendevano amara la loro vita con una dura schiavitù in [lavori di] malta d’argilla e mattoni e con ogni forma di schiavitù nel campo, sì, ogni loro forma di schiavitù nella quale li impiegavano come schiavi sotto la tirannia.” (Esodo 1:6,8-14)

Da questo passo si evince che il tempo della oppressione tirannica avvenne soprattutto nel periodo dell’imminente fuoriuscita dall’Egitto. Ricordiamo che ottant’anni prima dell’Esodo, la nascita di Mosè si verificò in un momento tragico, quando i bambini maschi dovevano essere soppressi alla nascita. Evidentemente Israele a quel punto stava subendo un’oppressione difficile da sopportare. Tenendo in mente questi avvenimenti del passato ciascuno di noi trarrà le proprie conclusioni, tenendo presente che la parte più pesante degli avvenimenti si manifesterà verso la fine di questo sistema, negli ultimi mesi del 2022.

La strage dei bambini

Esodo dunque narra la storia di un progetto di genocidio: “Il re d’Egitto disse poi alle levatrici ebree, il nome di una delle quali era Sifra e il nome dell’altra Pua, sì, arrivò fino al punto di dire: “Quando aiutate le donne ebree a partorire e realmente le vedete sullo sgabello per il parto, se è un figlio, allora lo dovete mettere a morte; ma se è una figlia, allora deve vivere”. Comunque, le levatrici temettero il [vero] Dio, e non fecero come il re d’Egitto aveva loro parlato, ma conservavano in vita i figli maschi.” (Es 1:15-17) 

Queste vicende ci fanno capire come la tirannide diventerà sempre più stringente, imponendo la vaccinazione di giovani minorenni e bambini e generando sterilità nelle coppie in età fertile.

Conclusione

Volendo cercare di capire meglio il periodo conclusivo di questo sistema di cose e il nostro finale esodo da un mondo ormai allo stremo, possiamo rileggere il libro di Genesi e il libro di Esodo, fino alla stipula del patto della legge al Sinai. Lì si raccontano vicende che vedono la loro controparte in avvenimenti a noi contemporanei. In questo modo la Genesi e l’Apocalisse finiscono per incontrarsi e il cerchio finalmente si chiude.


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