Giovanni 3:8 nella Vulgata legge: Spiritus ubi vult spirat et vocem ejus audis, sed nescis unde veniat, aut quo vadat: sic est omnis qui natus est ex Spiritu. Citato il latino, varrebbe la pena di citare anche il greco che è la lingua originale: ὸ πνεῦμα ὅπου θέλει πνεῖ καὶ τὴν φωνὴν αὐτοῦ ἀκούεις ἀλλ’ οὐκ οἶδας πόθεν ἔρχεται καὶ ποῦ ὑπάγει· οὕτως ἐστὶν πᾶς ὁ γεγεννημένος ἐκ τοῦ πνεύματος. Stephanus Textus Receptus 1550
Varie traduzioni rendono questo versetto alla maniera in cui traduce la Nuova Diodati: “Il vento soffia dove vuole e tu ne odi il suono, ma non sai da dove viene né dove va; così è per chiunque è nato dallo Spirito.” Tuttavia questo modo di tradurre, per quanto corretto risulta un po’ meno intuitivo per un’immediata comprensione.
In greco la parola vento e la parola spirito coincidono: entrambe sono πνεῦμα. Molte traduzioni rendono pneuma come vento e la parola φωνὴ come rumore. Fonè significa voce e linguaggio, e, per esempio, telefono è parola che da fonè deriva. Ecco spiegato perché la Vulgata di Girolamo non contempla le parole vento e rumore, ma piuttosto spirito e voce. Citare il latino e il greco ci permette di comprendere più chiaramente il significato del discorso.
Nicodemo va a casa di Gesù
Le parole sopra riportate, Cristo le pronunciò a Nicodemo, uno dei membri del Sinedrio. Cristo ricevette quest’uomo nella sua casa, riconobbe immediatamente il significato della sua indagine e tenne con lui una conversazione di carattere particolarmente elevato. Evidentemente Gesù avvertì in lui l’intento di scavare e comprendere più obiettivamente il suo ruolo profetico-messianico. Si trattava di un giudice di Israele, una persona che conosceva la legge, uno che aveva gli strumenti per giudicare un profeta, distinguendo il vero dal falso.
L’ufficialità di questa indagine emerge da una osservazione riportata in Gv 7:51 dove Nicodemo, in conversazione privata con i colleghi a proposito di Gesù, pone questa domanda: “La nostra legge non giudica un uomo se prima non ha udito da lui e non è venuta a sapere ciò che fa, non è così?”
Ecco quindi che lo scopo della visita doveva essere quello, cioè di ottenere informazioni di prima mano. Nicodemo dopo quella serata non divenne un discepolo. Tuttavia già da prima sapeva che un giudice non può essere di parte e che bisognava capire le ragioni del profeta Gesù, come pure quelle della folla che lo acclamava. Sapeva che la legge nei confronti di Gesù non veniva applicata correttamente e che il punto di vista del Maestro non era ancora stato ascoltato a dovere.
I Farisei pensavano di conoscere a fondo la situazione ma non avevano applicato tutte le stringenti regole legali che si sarebbero dovute rispettare per emettere un qualche fondato giudizio su di un profeta. La conversazione di Nicodemo coi colleghi mostrava che il fatto di comprendere il ruolo esercitato da Gesù in Israele era una questione fondamentale per tutti. Questo ragionamento indurrebbe a pensare che la visita di Nicodemo potesse avere anche un carattere più ufficiale di quanto potrebbe a prima vista sembrare.
Una visita di carattere quasi ufficiale
Così, a Nicodemo, un “fariseo” e un “maestro d’Israele”, Gesù volle svelare le realtà più profonde del regno di Dio e della salvezza dell’uomo. Anche Nicodemo disse di essere stato attratto, come altri, dai “segni” che Gesù aveva operato; ma era lì per saperne di più, e Gesù “lo sapeva”.
Quella notte in cui Nicodemo, col favore delle tenebre, aveva reso visita a Gesù a casa sua era forse una notte ventosa e di tanto in tanto si sentivano raffiche impetuose sbattere contro i rami degli alberi o contro la porta di casa.
Dovette volerci un certo coraggio per un uomo del Sinedrio (come dire: un uomo di alto rango, un uomo pubblico) per riuscire a fare, seppur con cautela, ciò che per tanti altri sarebbe stata una mossa più scontata ed anonima. Egli riconobbe l’autorità del Maestro, un profeta inviato da Dio, e giunse a questa conclusione dato che nessuno poteva compiere i segni che Gesù stava facendo, se Dio non era con lui.
Cristo che sapeva tutto di quest’uomo, comprese subito l’ufficialità di quella visita. Pertanto, a sua volta, provò a metterlo in difficoltà con domande sconcertanti. Il discorso che Gesù intavola con quest’uomo è tra i più profondi di tutte le Scritture. L’argomento è complesso e nessun uomo avrebbe potuto intuirne la portata se non uno nato di nuovo. Ma questo non era il caso di Nicodemo, di nessuno dei farisei suoi colleghi né di alcuno dei discepoli e degli apostoli del Cristo in quel momento.
Inizia il ministero pubblico di Gesù
Inquadriamo pertanto il momento. Siamo probabilmente subito dopo la pasqua, la prima durante il ministero pubblico di Gesù. Gv 2:13 legge: “Ora era vicina la pasqua dei giudei e Gesù salì a Gerusalemme”. Il versetto 23 aggiunge: “Comunque quando era in Gerusalemme alla pasqua, alla festa, molti riposero fede nel suo nome, vedendo i segni che compiva.” Il periodo era quello della prima pasqua di Gesù a Gerusalemme dopo che era iniziata la sua vita pubblica.
Erano trascorsi circa sei mesi dal suo battesimo avvenuto verso i primi di ottobre. (Cfr. Daniele 9:27) Battezzatosi Gesù fu condotto dallo spirito nel deserto. Qui egli digiunò per 40 giorni e fu tentato dal demonio. Superate le prove vennero gli angeli e lo servivano. Un digiuno di quaranta giorni richiede un lungo periodo di ricupero. Personalmente ne ho fatto esperienza e so che prima di recuperare completamente le forze ci vogliono mesi. Ciò significa che Gesù passò quei primi sei mesi dopo il battesimo a ricordare e ricostruire la sua vita preumana, a rimettersi in forze, a decidere chi scegliere tra i suoi apostoli e prepararsi per il successivo ministero.
Il primo e il secondo giorno del suo ministero
Quando egli si ripresenta in pubblico siamo poco prima della pasqua e lì passano sette giorni ben scanditi. Il primo giorno vengono uomini mandati dai farisei a farsi dire dal battista chi lui fosse veramente. Il capitolo due di Giovanni legge: Ora questa è la testimonianza di Giovanni quando i giudei gli mandarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a chiedergli: “Chi sei tu?” Ed egli confessò e non negò, ma confessò: “Non sono io il Cristo”. Ed essi gli chiesero: “Che cosa, dunque? Sei Elia?” E disse: “Non lo sono”. “Sei Il Profeta?” Ed egli rispose: “No!”
Perciò gli dissero: “Chi sei? affinché diamo una risposta a quelli che ci hanno mandato. Che dici di te stesso?” Egli disse: “Sono la voce di qualcuno che grida nel deserto: ‘Rendete diritta la via di Geova’, come ha detto il profeta Isaia”. Ora quelli che erano stati mandati venivano da parte dei farisei.” A questo punto il battista rese testimonianza al Cristo dicendo: “In mezzo a voi sta uno che non conoscete, colui che viene dietro di me, ma a cui io non sono degno di sciogliere il legaccio del sandalo”. (Gv 1:19-27)
Il secondo giorno Gesù va da Giovanni che lo accoglie con le famose parole: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo! Questi è colui del quale ho detto: Dopo di me viene un uomo che è andato davanti a me, perché esisteva prima di me. Nemmeno io lo conoscevo, ma la ragione per cui sono venuto a battezzare in acqua è perché egli fosse reso manifesto a Israele”. E Giovanni rese testimonianza, dicendo: “Ho visto lo spirito scendere dal cielo come una colomba e rimanere sopra di lui. Nemmeno io lo conoscevo, ma Colui che mi ha mandato a battezzare in acqua mi disse: ‘Chiunque sia colui sul quale vedrai scendere e rimanere lo spirito, questi è colui che battezza nello spirito santo’. E io [l’] ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio”. (Gv 1:29-34)
Dal terzo al settimo giorno
Il terzo giorno Gesù incontra Pietro e suo fratello Andrea. Giovanni legge: E i due discepoli lo udirono parlare, e seguirono Gesù. Quindi Gesù si voltò e, vedendo che [lo] seguivano, disse loro: “Che cercate?” Gli dissero: “Rabbi (che, tradotto, significa Maestro), dove abiti?” Egli disse loro: “Venite e vedrete”. Così andarono e videro dove abitava, e rimasero con lui quel giorno; era circa la decima ora. Andrea, fratello di Simon Pietro, era uno dei due che avevano udito ciò che aveva detto Giovanni e avevano seguito [Gesù]. Prima questi trovò il proprio fratello, Simone, e gli disse: “Abbiamo trovato il Messia” (che, tradotto, significa Cristo). Lo condusse da Gesù. Gesù, guardatolo, gli disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa” (che si traduce Pietro). (Gv 2:35-42)
“Il giorno dopo desiderò partire per la Galilea.” È il quarto giorno quando Gesù incontra Filippo e Natanaele e parte per la Galilea. Vuole partecipare con i suoi discepoli (che ha già scelto in precedenza) alle nozze di Cana dove Maria, sua madre l’ha evidentemente preceduto.
Il capitolo 2:1-2 di Giovanni esordisce dicendo: Ora il terzo giorno ebbe luogo a Cana di Galilea una festa nuziale, e la madre di Gesù era là. Gesù e i suoi discepoli furono pure invitati alla festa nuziale. Perchè Giovanni menziona il terzo giorno? Perché per arrivare in Galilea Gesù e gli apostoli dovettero viaggiare due giorni. Quindi sono in totale passati sei giorni completi e il settimo corrisponde alle nozze di Cana.
Anche il settimo giorno odierno, vale a dire il settimo anno di Rivelazione si conclude esattamente con il matrimonio dell’Agnello che le Nozze di Cana stanno a prefigurare.
L’eco di antiche citazioni
Dunque l’incontro di Gesù con Nicodemo si colloca subito dopo il rientro di Gesù a Gerusalemme dalla festa di Cana in Galilea. Durante quella conversazione egli paragona lo spirito al vento, il suo rumore a una voce, e prende in considerazione le misteriose e imprevedibili operazioni di quella lingua sulla vita spirituale di un uomo.
In quel discorso di Gesù emergono varie citazioni, una notevolissima dal libro dei Proverbi e una dall’Ecclesiaste. Nel capitolo 8 di Proverbi entra in scena la Sapienza che continua ad alzare la sua voce. “Voi, o uomini, io chiamo, e la mia voce è diretta ai figli degli uomini. (Pr 8:1-4) Non è forse parola di sapienza ciò che lo spirito infonde in un uomo per mezzo di un fluire di sottili pensieri che la sua voce trasmette? Essere nati di nuovo implica il versamento dello spirito e il conferimento di speciali carismi, doni di profezia, sapienza, conoscenza, discernimento di espressioni ispirate, e molto altro. (1Cor 12:4-11; 13:8-9)
Nel libro di Ecclesiaste si legge poi delle misteriose vie dello spirito nel ventre di una donna gravida. Il Qoelet così si esprimeva: “Proprio come non conosci il modo in cui lo spirito opera nelle ossa di un bambino nel grembo di una donna incinta, così non conosci l’opera del vero Dio, che fa ogni cosa.” (Ec11:5) Similmente Gesù spiega a Nicodemo che non possiamo pretendere di sapere esattamente come agisce lo spirito nel cuore di un uomo, dato che “ne odi la voce, ma non sai di dove viene e dove va”. Questo punto è tra quelli essenziali. L’uomo carnale non è in grado di apprezzare appieno l’uomo che è nato da sopra. Così gli uomini, anche i più colti, non potevano capire tutto del Cristo.
L’uomo fisico e l’uomo spirituale
Paolo a questo proposito scriveva: “Parliamo non con parole insegnate dalla sapienza umana ma con parole insegnate dallo spirito, spiegando concetti spirituali con parole spirituali. Ma l’uomo fisico non accetta le cose dello spirito di Dio, perché per lui sono stoltezza; e non le può conoscere, perché devono essere esaminate da un punto di vista spirituale. L’uomo spirituale invece esamina ogni cosa, mentre lui non è esaminato da nessun uomo.” (1Cor2:13-15) Infatti. Gesù era in grado di esaminare il maestro del Sinedrio, ma non viceversa.
Torniamo a Nicodemo. Costui va da Gesù di notte e si rivolge a Lui come Rabbi, riconoscendo che era un maestro venuto da Dio. Il Signore ben presto lo ferma, non gli permette di proseguire nel discorso né di precisare l’oggetto della sua visita. Infatti Gesù sa bene cosa c’è dentro l’uomo. Lo tratta un po’ bruscamente, al limite dello scortese, e lo informa subito dell’assoluta necessità della nuova nascita. “In verità, in verità ti dico, a meno che un uomo non sia nato di nuovo (letteralmente: nato dall’alto) non può vedere il Regno di Dio”. Non bastava la legge, non bastava l’antichissima tradizione, ma centrale era il bisogno che Nicodemo aveva di vedere il Regno, e di nascere dall’alto.
Nascere d’acqua
Poi Gesù aggiunge: “Se uno non è nato d’acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio”. L’acqua spesso si ritiene sia menzionata per significare il battesimo e che quindi il battesimo con l’acqua è necessario per la salvezza.
Ma le parole di Gesù non hanno nulla a che fare con il battesimo. Giovanni 3:5 è più vicino che mai a Ezechiele 36:25-27 che al comando di battezzare i discepoli di Mt 28:19. Il passo citato di Ezechiele legge: “E certamente aspergerò su di voi acqua pura, e diverrete puri; vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli di letame. E certamente vi darò un cuore nuovo, e metterò dentro di voi uno spirito nuovo, e certamente toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. E metterò dentro di voi il mio spirito, e certamente agirò in modo che camminerete nei miei regolamenti, e osserverete e di sicuro eseguirete le mie decisioni giudiziarie.”
Queste parole devono essere collegate a Giovanni 3:5 e devono essere considerate come un’anticipazione ad Israele, su come sarebbero entrati nel Regno dei cieli. È evidente che questi versetti in Ezechiele non avevano assolutamente nulla a che fare con il battesimo.
Nascere d’acqua significa essere generati dalla Parola di Dio, dato che l’acqua è la metafora di quella Parola. A verifica si possono confrontare: Ef 5:25-26 circa il bagno dell’acqua mediante la parola o 1 Cor 4:15; 1Pt 1:23; Gc 1:18 circa l’essere generati mediante la parola di verità. Gesù espresse chiaramente il concetto relativo al destino di quelli nati di nuovo nella preghiera riportata in Gv17:24 “Padre, voglio che anche coloro che mi hai dato siano con me dove sono io, affinché possano contemplare la mia gloria”.
Come si compie la nuova nascita
A questo punto il dialogo tra Gesù e Nicodemo continua e Gesù spiega come si compie la nuova nascita. La domanda la pone Nicodemo stesso: “Come possono accadere queste cose?”, cioè com’è possibile nascere di nuovo? Gesù gli risponde: “Sei maestro in Israele e non sai queste cose?
“In verità, sì, in verità ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e rendiamo testimonianza riguardo a ciò che abbiamo visto, ma voi non accettate la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose terrene eppure non credete, come potrete credere se vi parlerò di cose celesti? Inoltre nessun uomo è asceso al cielo se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così il Figlio dell’uomo dev’essere innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna.” (Gv3:9-15) Fin qui Gesù ha parlato di cose terrene, cose che Nicodemo avrebbe dovuto sapere in quando versato nella legge. Doveva infatti sapere che Geova aveva un progetto speciale per Israele e che aveva promesso un nuovo patto per cui avrebbe versato il suo spirito su ogni sorta di carne. (Gioele 2:28-29)
A questo punto però, come narra Giovanni, Gesù si spinge a parlare di cose celesti, della sua vita preumana e del suo futuro sacrificio espiatorio. Egli afferma:
“Infatti Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo Figlio unigenito, affinché chiunque esercita fede in lui non sia distrutto ma abbia vita eterna. Dio ha mandato suo Figlio nel mondo non perché giudichi il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo suo. Chi esercita fede in lui non sarà giudicato. Chi non esercita fede è già stato giudicato, perché non ha esercitato fede nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. (Gv3:16-18)
La carne è carne
La verità che nostro Signore trasmette a Nicodemo ha un’applicazione più ampia. L’uomo è spiritualmente morto, privo di vita spirituale. Per entrare nel Regno di Dio, per essere alla presenza di Dio, l’uomo deve nascere di nuovo. Tale affermazione non si trova da nessuna parte nei Vangeli precedenti. Nel Vangelo di Giovanni questo punto è messo in piena luce. Nicodemo è l’unico al quale il Signore ha parlato dell’assoluta necessità della nuova nascita.
“Ciò che è nato dalla carne è carne”. La carne è la sola natura che ogni essere umano porta nel mondo; è una natura caduta, corrotta e non potrà mai essere altro. E coloro che sono nella carne non possono piacere a Dio. L’uomo naturale può fare tutto ciò che vuole, ma non può piacere a Dio.
Qual è allora la nuova nascita? Non è il battesimo. Né è un’azione dello Spirito Santo per rendere buona una natura malvagia. La carne non può essere cambiata in qualcosa di meglio. La nuova nascita è il conferimento di una nuova natura, la natura divina, per opera dello Spirito Santo. Giovanni riporta la frase lapidaria di Gesù: “Ciò che è nato dallo Spirito è spirito”. Questa nuova natura è assolutamente santa, come la vecchia natura è assolutamente corrotta.
La filosofia del vento
La nuova nascita è piena di misteri così come misteriosa è la prima nascita. Un uomo che stava manovrando con sicurezza una barca a vela contro i forti venti contrari fu così interrogato: “Ma tu devi capire la filosofia del vento?” Lui rispose: “Non è necessario conoscere la filosofia del vento. Tutto quello che devi fare è sapere come gestire la vela”. Così anche noi non capiamo come lo Spirito possa venire o andare, ma dobbiamo imparare a cavalcare l’onda, a navigare sui marosi dello spirito, e prendere l’afflato dello Spirito; poi, Dio farà il resto. Da peccatori ci purifichiamo e diventiamo santi, se licenziosi diventiamo puri, se viziosi diventiamo morali, se ribelli diventiamo mansueti. Tutti vedranno i cambiamenti prodotti e glorificheranno Dio.

Grazie attenta e profonda analisi..
Grande! Una spiegazione così non può esistere se non dettata dallo Spirito.