La samaritana al pozzo

La samaritana del racconto di Giovanni viveva nei luoghi in cui era successo il fattaccio di Dina. I racconti della bibbia sono spesso densi di riferimenti al passato del popolo d’Israele. Questi punti di contatto si intrecciano continuamente unendo e arricchendo il significato di vicende distanti fra loro secoli e millenni.

Quasi una storia a puntate

La storia della Samaritana che il Vangelo di Giovanni narra al capitolo 4 si sviluppa in un luogo deputato della storia di Israele, la fonte di Giacobbe, situata “presso il campo che Giacobbe diede a suo figlio Giuseppe” nelle vicinanze di Sichem.

A proposito di questo luogo Giosuè aveva scritto: “Le ossa di Giuseppe, che gli israeliti avevano portato dall’Egitto, furono sepolte a Sìchem nel tratto di terra che Giacobbe aveva acquistato per 100 pezzi di denaro dai figli di Èmor, padre di Sìchem; e diventò parte dell’eredità dei figli di Giuseppe. (Gsè 24:32) Si tratterebbe per così dire di un feuilleton a puntate, in cui le varie stratificazioni vanno messe in risalto.

Il tema del pozzo nelle scritture

Il tema del pozzo è usato nella Bibbia in senso metaforico a proposito di una moglie diletta. (Pr 5:15-19; Ca 4:15) Fu nei pressi di un pozzo che alcuni servitori del passato trovarono moglie. Mosè incontrò le figlie di Ietro, il sevitore di Abramo incontrò Rebecca, che divenne la moglie di Isacco e Giacobbe incontrò Rachele.

Gesù arrivò dunque “in una città samaritana chiamata Sìchar, nelle vicinanze del terreno che Giacobbe aveva dato a suo figlio Giuseppe.” Giovanni aggiunge: “Là c’era il pozzo di Giacobbe. Stanco del viaggio, Gesù sedeva presso il pozzo; era circa la sesta ora”, cioè mezzogiorno.

Gesù attira l’attenzione della samaritana parlando del suo doloroso vissuto

Era d’inverno

Alcuni commentatori si stupiscono dell’ora, dato che a mezzogiorno d’estate non ci si metterebbe in cammino per andare al pozzo, preferendo uscire in ore più fresche. In realtà, probabilmente era inverno. Giovanni infatti riporta questa frase pronunciata da Gesù in conversazione con i discepoli: “Non dite voi che ci sono ancora quattro mesi prima che venga la mietitura?” Ora la prima mietitura dell’orzo di solito avveniva verso il periodo di marzo-aprile.

Arrivato al pozzo dunque, come spesso accadeva, Gesù si incontra con una donna venuta lì ad attingere, una samaritana. Intanto i suoi discepoli si sono avviati in paese ad acquistare del cibo. Il racconto è giocato su due fronti, perché all’arrivo dei discepoli la donna si precipita al villaggio ad informare i compaesani di avere trovato un profeta, addirittura il Messia. Lasciato lì solo dalla donna, Gesù si mette a dialogare con i discepoli.

Questo dialogo copre esattamente il tempo impiegato dalla donna per tornare in paese, dare la notizia e il tempo necessario ai samaritani per uscire da Sichar e arrivare nei pressi del pozzo.

Subentrati dunque i discepoli, la samaritana, abbandona la brocca accanto al pozzo e si allontana mentre i discepoli invitano il maestro a mangiare un po’ del cibo appena comprato. Così la prima parte della conversazione è occupata dal tema del cibo mentre la seconda è dominata dall’immagine del lavoro nei campi. Cibo (vv. 31-34) e campi (vv. 35-38) sono temi contigui dato che nel mondo antico il cibo proviene direttamente dal lavoro agricolo. Così i discepoli invitano Gesù a mangiare.

Un cibo che i discepoli non conoscevano

Gesù reagisce con una dichiarazione criptica, carica di mistero, che lascia spazio a una varietà di interpretazioni (v. 32): “Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete”. I discepoli la interpretano in senso materiale, prosaico (v. 33): “Forse che qualcuno gli ha portato da mangiare?”. Questo tipo di fraintendimenti sono abbastanza comuni nel vangelo di Giovanni. A loro Gesù svela il senso del cibo di cui egli si nutre (v. 34): si tratta di “fare la volontà di colui che lo ha mandato” e di “portare a compimento la sua opera”.

Portare a compimento l’opera del Padre è un modo per indicare la sua morte: il verbo “portare a compimento” che Gesù impiega al v. 34 si trova, con un paio di altri vocaboli derivanti dalla stessa radice, nell’introduzione al racconto della passione (Gv 13,1) e nel racconto della morte di sacrificio di Gesù (Gv 19,28-30).

Nel corso di tutta la sua vita, ma soprattutto nel momento della sua morte, Gesù si nutre di quel cibo che, per lui, è il compiere la volontà del Padre. Giovanni di Gesù rivela queste parole: “Perché sono sceso dal cielo per fare non la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.  Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di tutto ciò che mi ha dato ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Poiché questa è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio ed esercita fede in lui abbia vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. (Gv 6:38-40)

Una riflessione sul lavoro nei campi

Dal v. 35 Gesù sembra parlare d’altro, ma solo in apparenza. Gesù dice: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura” (v. 35a). Gesù vuole richiamare l’attenzione su un fatto straordinario (v. 35b): “Ecco vi dico: alzate i vostri occhi e guardate che i campi sono bianchi per la mietitura”. Contro ogni ragionevole evidenza, agli occhi del Messia il tempo della mietitura è già arrivato! La semina in Samaria è stata fatta da non molto, ma egli invita i discepoli alla sorprendente constatazione che, contrariamente a quello che l’esperienza insegna, è già il tempo del raccolto!

È possibile capire a cosa Gesù si riferisca solo se si coglie il gioco di sovrapposizione sinestetica implicato nell’immagine dei campi che diventano bianchi (v. 35). Nella stagione invernale i campi seminati a cereali cominciano a verdeggiare: così li avevano visti fin lì Gesù e i suoi discepoli. Ora, il colore delle mèssi sta mutando sotto i loro occhi visionari: i campi, prima verdeggianti, stanno diventando bianchi, assumono il colore delle mèssi mature. Questa trasformazione cromatica è forse l’effetto prodotto dai samaritani che, vestiti di chiaro, stanno venendo verso Gesù. I campi mutano colore per il fatto che, attraverso quei campi, si vedono arrivare i samaritani biancovestiti.

La parola della donna ha provocato l’uscita dei suoi concittadini verso il pozzo di Giacobbe, il luogo dove si trova Gesù, ed essi ora vengono dal loro villaggio per appurare la veracità delle parole della donna. Nella venuta dei samaritani Gesù vede il segno che la messe è matura. I discepoli sono invitati a subentrare in un lavoro che non hanno iniziato: essi mietono il frutto di una semina che è stata fatta da altri. Da chi se non da Gesù e dalla samaritana?

I risultati di un’opera di testimonianza

Il dialogo iniziale (vv. 7-26) porta la samaritana a credere nel giudeo Gesù come Messia anche dei samaritani. Convinta di aver trovato il Messia, si reca nel proprio villaggio a raccontare l’incontro fatto nei pressi del pozzo (vv. 28-29): la sua parola è una vera e propria testimonianza resa al Messia che viene dai giudei, ma che s’interessa anche dei samaritani. Al v. 39, infatti, l’evangelista dice che molti samaritani di quella città avevano creduto in lui, a motivo della parola della donna.

La testimonianza della donna provoca il movimento dei suoi concittadini, che cominciano ad uscire dalla città per venire verso Gesù. Alla vista dei samaritani, che – venendo verso di lui –, mutano colore ai campi e li rendono simili a mèssi mature, Gesù riconosce che il seme spirituale sta crescendo nei cuori ed è già il tempo della mietitura. Egli invita i suoi discepoli a subentrare in quell’opera che fino ad ora è stata compiuta da lui e dalla donna di Samaria.

Un dramma simbolico nella figura della donna

Proviamo a immaginare la samaritana come una figura alternativa della donna di Rivelazione 12 o un’immagine più matura della giovane Dina finita stuprata a una festa del Baal di Berit. I luoghi del pozzo sono i dintorni di un paese chiamato Sichar che dovrebbe corrispondere al campo che Giacobbe aveva comprato da Emor, padre di Sichem, lo stupratore che si era innamorato della figlia di Giacobbe. (Ge 34)

Con esperienze affettive da tempo esaurite, pochi motivi di vera gioia, viveva svogliatamente la sua vita quotidiana, riempiva la sua brocca e si trascinava verso casa. Non aveva idea di quali doni potesse aspettarsi da Dio, nessuna consapevolezza che fosse comparso il Messia, che le fosse vicino e desiderasse far sgorgare in lei, nel suo cuore depresso, una fonte d’acqua zampillante. Sicuramente lei sapeva che Dio è la fonte di ogni dono buono, ma non aveva mai sperimentato quelle benedizioni. Né sapeva della gioia che avrebbe potuto provare cercando di mettersi in relazione con Lui. Non conosceva i doni di Dio, diversi e superiori a qualsiasi dono, a qualsiasi eredità o acquisizione terrena. Una gioia superiore a qualsiasi gioia, uno stato che qualsiasi uomo deve ricercare per se stesso, superiore a qualsiasi ricchezza, felicità domestica, benessere fisico, successo mondano. Gesù descrive tutto questo dono come acqua viva.

La donna aveva avuto cinque mariti e, al momento, viveva con uno che suo marito non era. Ora la donna non aveva avuto 7 mariti ma cinque, e il fatto è curioso. Ecco che la sesta ora di Gv 4:6 corrisponde al sesto convivente della samaritana. Ma adesso il Messia è lì davanti a lei.

Gesù sa toccare gli argomenti scabrosi

Gesù le si avvicina parlando di qualcosa che sta sepolto nel suo ricordo, esperienze traumatiche che hanno segnato la sua vita, disperso i suoi sentimenti, frammentato di amarezza i suoi giorni. Queste ripetute vicende coniugali avevano appesantito la sua coscienza, l’avevano resa un personaggio chiacchierato, additata forse come una donna sciagurata. Tutto ciò aveva devastato la sua vita quotidiana e Gesù vuole farla riflettere sulla sua miseria spirituale. Nel chiederle di esaminare gli errori, le disgrazie della sua vita, egli le chiede di attingere una prima sorsata d’acqua pura. Gesù leggeva nei cuori e sapeva il vissuto della persona che gli stava davanti e gli tendeva la mano affinchè si svincolasse da tutto ciò che l’aveva bloccata fino a quel momento. Gesù sapeva che le prostitute e i pubblicani entrano per primi nel regno di Dio.

Una donna con sette mariti

Nelle scritture compare una donna che sette mariti li ebbe davvero, sette fratelli. “C’erano dunque sette fratelli; e il primo prese moglie e morì senza figli. E il secondo e il terzo la presero. Similmente anche i sette: non lasciarono figli, ma morirono. Infine, morì anche la donna.  Quindi, nella risurrezione, di quale di loro diverrà moglie? Poiché i sette l’ebbero in moglie”.

Gesù rispose loro: “I figli di questo sistema di cose si sposano e sono dati in matrimonio, ma quelli che sono stati considerati degni di guadagnare quel sistema di cose e la risurrezione dai morti non si sposano né sono dati in matrimonio. Infatti, non possono neanche più morire, poiché sono come gli angeli, e sono figli di Dio, essendo figli della risurrezione. (Luca 20:29-36)

Il numero sette nella Bibbia prefigura i sette anni dell’Apocalisse. Dunque la donna cosa rappresenta? Supponiamo che rappresenti la totalità degli eletti dispersi sulla terra durante i sette anni della fine. La situazione è di completa sterilità. Nessuno a parte gli eletti sarà salvato alla fine del sistema di cose. Di figli pertanto non se ne parla proprio. I mariti muoiono tutti, poi muore anche la donna. Ma risuscita in cielo dotata di natura angelica e di vita eterna. La domanda dei Sadducei era relativamente a quale dei sette l’avrebbe avuta in moglie nella risurrezione.

La risposta di Gesù è che nessuno di loro l’avrebbe riavuta, per il semplice motivo che lei sarebbe divenuta la sposa dell’Agnello e non sarebbe più appartenuta a nessun altro.

Cinque mariti e un convivente

La samaritana rappresenta invece una situazione analoga ma colta in un momento precedente, nel sesto anno della fine. L’anno del vaccino di massa. Gli anni sono scanditi in questo modo:

1) ottobre 2015-ottobre 2016

2) ottobre2016-ottobre 2017

3) ottobre 2017-ottobre 2018

4) ottobre 2018- ottobre 2019

5) ottobre 2019-ottobre 2020

6° anno da ottobre 2020 a ottobre 2021.

Quindi la samaritana si trova a vivere l’anno della più estesa campagna di vaccinazione che si sia mai vissuta prima sulla terra, quella iniziata a fine dicembre 2020. Una situazione assolutamente illegale come quella di una donna che vive in una situazione di adulterio. Si tratta come di una relazione adulterina tra le varie organizzazioni religiose ed il potere bestiale del leviatano. (Ri 13) Da quella situazione però emergeranno gli eletti del rimanente. Essi sono quelli che non accettano il marchio e resistono alle pressioni.

È dunque a noi che si applica l’invito che Gesù rivolge alla samaritana di bere dell’acqua spirituale che rinfresca e rinvigorisce per sempre.


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