
Il giorno della grande salvezza o notte del grande sigillo sono nella tradizione ebraica quelli in cui il Giudice Supremo prende una decisione definitiva su salvezza e futuro individuale di ciascuno. L’ultimo e settimo giorno della festa di Sukkòt, durante la settimana delle capanne, è conosciuto con il nome di Hosha’anà Rabbà, espressione che in aramaico significa appunto giorno di una grande salvezza. In questo giorno gli ebrei della diaspora facevano e fanno sette giri intorno ai rotoli della Toràh, accompagnati dal suono dello Shofar, il corno dei giorni festivi. Scomparsi i riti con la distruzione del tempio ne rimangono tracce vivissime nelle tradizioni locali.
Quando c’era il Santuario, nel giorno di Hosha’anà Rabbà, diversamente dai primi 6 giorni della festa, si facevano 7 giri intorno all’altare in ricordo dei 7 giri fatti intorno alle mura di Gerico che, cadendo, avevano permesso agli ebrei l’ingresso in Eretz Israel. Per questo motivo in molte comunità ebraiche si usa ancora portare in corteo i diversi Rotoli della Torà agitando dei rami frondosi legati ad una foglia di palma. Dunque presso gli ebrei persiste ancora la credenza che durante la notte del grande sigillo Dio ratifichi il proprio giudizio su tutti i viventi. Secondo la tradizione rabbinica il giudizio divino si esprimeva nei primi dieci giorni di Tishri, tra Rosh ha Shanah e Yom Kippur ma veniva suggellato il giorno di Hosha’anà Rabbà, l’ultimo di Sukkot.
Osanna e la grande salvezza
L’espressione ebraica Osanna si traduce con “salva, per favore!”. Poteva essere gridato al passaggio del re per chiedere il suo aiuto (come in 2 Re 6,26-27), ma nei Salmi era per lo più indirizzato a Dio. Il termine greco ὡσαννά è il saluto di reverenza che le folle rivolgono a Gesù che entra in Gerusalemme il giorno delle palme, Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Ὡσαννὰ τῷ υἱῷ Δαβίδ· Ὡσαννὰ ἐν τοῖς ὑψίστοις. (Mt 21:9,15, Mc 11:9-10, Gv 12:12-13, Zac 9:9)
Nella liturgia ebraica, la parola ricorre esclusivamente nel Servizio di Hoshana, un ciclo di preghiere di cui si canta una selezione al mattino durante la settimana della festa di Sukkot. L’intero ciclo è poi cantato nell’ultimo giorno della festa, in ebraico Hoshaná Rabbah (הושענא רבא, “Gran Osanna”).
La parola, un verbo, era un imperativo ebraico entrato nell’uso liturgico dal Salmo 118:25. I cosiddetti salmi dell’Hallel erano quelli che andavano dal 113 al 118 ed erano cantati dai fedeli durante la solenne cerimonia in cui il sacerdote entrava nel tempio portando in un’ampolla d’oro l’acqua della piscina di Siloam e la versava sull’olocausto.
Le sorgenti di Siloam
Circa i riti legati alle libagioni d’acqua nel tempio, Isaia scriveva: “E in quel giorno di sicuro dirai: “Ti ringrazierò, o Geova, poiché [sebbene] ti adirassi con me, la tua ira gradualmente si ritirò, e mi confortavi. Ecco, Dio è la mia salvezza. Confiderò e non avrò terrore; poiché Iah Geova è la mia forza e la [mia] potenza, ed è stato per me la salvezza”.
Con esultanza di sicuro attingerete acqua alle sorgenti della salvezza. E in quel giorno certamente direte: “Rendete grazie a Geova! Invocate il suo nome. Fate conoscere fra i popoli le sue gesta. Menzionate che il suo nome dev’essere innalzato. Innalzate melodie a Geova, poiché ha fatto cose eccelse. Questo si fa conoscere in tutta la terra. “Strilla e grida di gioia, o abitatrice di Sion, poiché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele”. (Isaia 12:1.6)
La fontana di Siloam si trovava a est di Gerusalemme e lì, nella settimana di Sukkot, i sacerdoti attingevano l’acqua nell’ampolla d’oro. Si ritiene che gli ebrei avessero in mente questo passo di Isaia quando il sacerdote entrava nel tempio con l’acqua durante l’offerta dell’olocausto. Una consuetudine a cui si allude nelle Scritture Greche Cristiane (Gv 7:37,38) ma di cui non si parla nelle Scritture Ebraiche, era quella di attingere acqua dalla Piscina di Siloam e versarla insieme al vino sull’altare al momento del sacrificio del mattino. Il sacerdote andava alla piscina di Siloam con una brocca d’oro. Si regolava in modo da essere di ritorno da Siloam con l’acqua nel momento stesso in cui i sacerdoti nel tempio si accingevano a disporre i pezzi del sacrificio sull’altare. Non possiamo sapere se al tempo di Isaia fosse già in uso questo rituale. Tuttavia il linguaggio profetico è suggestivo e potente.
Gerico
Gerico, la città delle palme (De 34:3; Giudici 1:16; 3:13; 2Cr 28:15), era situata in prossimità del Giordano, in una zona fertile nella depressione del Mar Morto, nel deserto di Giuda. È la città più bassa per altitudine di tutta la terra. Il nome di Gerico significa “profumato” e deriva dalla parola cananea “Reah”. Qualcuno sostiene che il nome derivi dalla parola Yareah (luna) perchè in quella zona si celebrava un antico culto lunare. Come narrato nel libro di Giosuè, la città fu invasa e rasa al suolo dagli ebrei che stavano per entrare in terra di Canaan. (Gsè 6:2:21) Il sito dell’antica città fu inglobato successivamente nel regno di Israele. Gesù visitò Gerico in più occasioni e il nome Ιεριχω, Iericho ricorre sette volte nel NT.
Ora la domanda che mi pongo è la seguente: che rapporto esiste tra la celebrazione delle Capanne e Gerico? Questo luogo gioca un ruolo di spicco dall’inizio alla fine. La conquista di Gerico è accompagnata da squilli di tromba, da un terremoto e dalla caduta delle mura cittadine. Tutto questo ha significativi agganci con il libro di Apocalisse. La città fa da contrappeso alla Nuova Gerusalemme, centro designato all’adorazione e che quindi profuma d’incenso. Il termine, thumiama, la fragranza odorosa bruciata durante il servizio religioso, ricorre in Apocalisse sette volte. Il capitolo 21 descrive la città come circondata da un muro alto e grande, con 12 porte mai chiuse la notte perché non c’è più la notte, un muro le cui fondamenta sono adorne di ogni sorta di pietra preziosa.
Prima della conquista di Gerico, un angelo appare a Giosuè. Il luogo è santo, dice l’angelo a Giosuè, eppure sono nei pressi di Gerico. Dunque Gerico non è un luogo di perdizione, ma santo. “Rispose il capo dell’esercito del Signore a Giosuè: «Togliti i sandali dai tuoi piedi, perché il luogo sul quale tu stai è santo». Giosuè così fece.” (Gse 5:15) Conquistare Gerico perciò significa pervenire alla città celeste, la Nuova Gerusalemme, abbattere il muro che ci separa dalla divina presenza. Per Raab (ampia, larga, Rabbà), come per la grande folla, è il momento della salvezza. (A proposito di Raab si veda Vivere al culmine della grande tribolazione – Rifugiati di Pella)
Sukkot e il rapimento degli eletti
I giorni che vanno dal novilunio di Tishri, festa dello squillo di tromba, al giorno di Espiazione sono considerati come giorni penitenziali, i dieci giorni terribili d’Israele. Ma cosa accadeva dopo Yom Kippur? Cinque giorni dopo si celebrava la festa delle capanne. Questa festa durava sette giorni e l’ottavo era di nuovo un giorno di osservanza sabatica e prevedeva un santo congresso.
In Numeri 29:35-38 si legge: “‘L’ottavo giorno dovete tenere un’assemblea solenne. Non dovete svolgere nessun lavoro pesante. Presenterete come olocausto, offerta fatta mediante il fuoco, odore gradito a Geova, un toro, un montone e 7 agnelli di un anno ciascuno. Tutti sani, con le rispettive offerte di cereali e libagioni per il toro, il montone e gli agnelli in base al loro numero, secondo la procedura stabilita, insieme a un capro come offerta per il peccato, oltre all’olocausto regolare con la sua offerta di cereali e la sua libagione.”
L’ultimo giorno di Sukkot, Hosha’anà Rabbà, è anche chiamato il piccolo Kippur. In questa occasione viene posto il sigillo al giudizio divino. Si conclude lì un ciclo di giorni festivi a partire da Rosh ha Shanah fino a Hosha’anà Rabbà. I sette giorni della festa di Sukkot prefiguravano un tempo di radunamento per il rimanente e per la grande folla, un grande terremoto. (Ri 11:11-13) Dunque il rapimento degli eletti avverrebbe in un periodo relativamente breve, “un’ora”. L’ottavo giorno, celebrato il 22 Etanim, prefigurava l’inizio del millennio. Dunque staremo a vedere in che modo si svilupperanno i giorni che restano di qui al 17 ottobre prossimo. Sarà un tempo di trepidazione e alla fine di traboccante felicità.
In quell’ora ci fu un grande terremoto
Riporto qui la scrittura di Rivelazione a conferma del fatto che il rapimento in cielo dei salvati non avverrà in un singolo istante per tutti ma sarà distribuito in un breve arco temporale. In Rivelazione Giovanni scrive che nel momento in cui saranno chiamati in cielo i due testimoni, in quell’ora ci sarà un grande terremoto.
Egli scrive: “Dopo i tre giorni e mezzo spirito di vita da Dio entrò in loro, ed essi si rizzarono in piedi, e grande timore cadde su quelli che li vedevano. Udirono un’alta voce dal cielo dir loro: “Salite quassù”. Salirono al cielo nella nube, e i loro nemici li videro. In quell’ora ci fu un grande terremoto, e la decima parte della città cadde; e settemila persone furono uccise dal terremoto, e quelli che restavano si spaventarono e diedero gloria all’Iddio del cielo.” (Ri 11:11-13)
Calendario festività religiose ebraiche 2022
domenica 25 settembre: Vigilia di Rosh Hashanà (Capodanno);
– lunedì 26 e martedì 27 settembre: Rosh Hashanà (Capodanno);
– martedì 4 e mercoledì 5 ottobre: Vigilia e digiuno di Kippur;
– domenica 9 ottobre: Vigilia Sukkot (Festa delle capanne);
– lunedì 10 e martedì 11 ottobre: Sukkot (Festa delle capanne);
– domenica 16 ottobre Sukkot (Festa delle capanne);
– lunedì 17 ottobre: Sheminì Atzeret, l’ottavo giorno che chiude il periodo festivo di Tishri.

Non sappiamo se Dio seguirà il calendario ebraico o quello di Noè o nessuno dei due.
Quello di Noè fa riferimento ai primi giorni di novembre per quanto riguarda il diluvio ed il nuovo inizio dopo 370 giorni. Comunque penso che l’anno 2022 sia quello giusto. Però non hanno ancora dichiarato pace e sicurezza: come faranno con la guerra russo-ucraina e la crisi energetica che avanza?
Relativamente al rapimento degli eletti la festa ebraica deputata era ed è la Festa dello squillo di tromba. (Cfr. 1 Tsl 4:16.) Riguardo a pace e sicurezza, questa, una ingannevole supposizione popolare, potrebbe essere semplicemente legata alla falsa sicurezza derivante dalla vaccinazione di massa. Le cose alle volte hanno risvolti diversi da ciò che noi possiamo immaginare! Diranno pace e sicurezza: chi sono quelli che lo dicono? Vox populi. Non deve per forza essere una dichiarazione dall’alto. Basterebbe anche solo una diffusa credulità popolare.
Per Dio un istante sono parecchi anni, e quindi: “Quando diranno pace e sicurezza un’improvvisa distruzione sarà sulle loro teste, come (pure) le doglie di una Donna incinta (ovvio), e non scamperanno affatto”.
La Betel ha occhi di talpa ed orecchi d’asino, altrimenti lo avrebbe dichiarato, poichè in questa frase di Paolo c’è tutto, ed è assai evidente per chi ode:
“Pace e sicurezza!”, uno slogan che il mondo dell’ONU canta da molti decenni tra le varie guerre, è come un mantra ripetuto ogni giorno dai suoi media, perchè il diavolo quello vorrebbe, ovvero un dominio planetario unico e incontrastato sui suoi polli in batteria, i suoi cari sudditi, quei “buoni e bravi” che fanno “opere buone” (dicono) rinnegando Dio.
Nel contempo una Donna è nelle doglie del parto, ovvero la Sposa del Cristo, il rimanente dei Sani, e sta per partorire un figlio che “frantumerà le nazioni”, scrive Giovanni in Rivelazione. E se il Figlio di lei fosse già nato?
Tutto è accaduto in questi anni,
da un lato il mondo con le sue immense orde socializzate, che cercano la lorda pace di Sodoma e Gomorra, ma dall’altro i Piccoli fratelli del Risorto, che anelano alla Pace di Dio, non alla pace delle armi, ma alla definitiva Pace eterna, che corrisponde alla fine degli empi, cioè alla fine del mondo. E così ecco, simultaneamente i due schieramenti sono in guerra spirituale fra loro, i primi per spirito diabolico vogliono la loro pace, quella che il mondo gli da, mentre i secondi vogliono la vera Pace che solo il Risorto da.
Da qui una scintilla improvvisa scocca un po’ dopo il parto della Donna vestita di sole, e così una immane distruzione cade sulle loro colpevoli teste, ma il giorno e l’ora esatti solo il Padre li conosce. Ed è giusto così.
Come fu ai tempi di Noè, i beoti mangiavano e bevevano senza avvedersi di nulla, finchè venne il diluvio e li spazzò via tutti, così avviene alla presenza del figlio dell’uomo, il fuoco li arde, e stavolta in un solo istante, e non possono scampare, mentre gli eletti sono salvi nell’arca dello Spirito, poichè loro quel gran giorno di Giustizia non lo temono, ed anzi lo vogliono.
Adriana, Michele, voi cosa mi dite, possiamo procedere oltre?
Dio segue il suo calendario e non fa sconti a chi crede di sminuirlo.
Salverà la Donna vera, non le altre.