
Caino fu segno in sè, nella persona medesima. Chiunque lo guardasse ne aveva la percezione. Comunque ebbe un segno tutto suo, un codice alfa-numerico legato al suo nome. Essendo quello ebraico un alfabeto alfa-numerico ogni lettera è anche rappresentativa di un numero. La numerazione ebraica antica veniva quindi eseguita mediante dei caratteri alfabetici.

Qualcosa di simile avveniva con le lettere dell’alfabeto greco.

Il segno: un nome d’uomo
Sorprendentemente un sito di consulenza ebraica esprime un’ipotesi assai vicina alle mie convinzioni. Vi si legge: “Le interpretazioni del 666 sono molteplici, ma finora nessuno aveva battuta la pista che sto per proporvi. Durante la lettura non dimenticate che noi siamo alla ricerca di un “nome/numero d’uomo” come scrive Gv. in Ap. 13,18. 666 si scrive con chi, csi e stigma a cui noi intercaliamo alfa e omega di Ap. 1,8, ottenendo, dopo aver sciolto la csi secondo il dialetto ionico, cioè sk invece di ks, χασκως ossia χασκω, casco, che ha gli stessi significati di χαινω, Caino, che è sì una forma verbale, ma pure un nome d’uomo, il nome di colui che uccise suo fratello e per questo ricevé un segno/marchio perchè non fosse ucciso.”
Lo scrittore continua poi commentando: “Vi prego di considerare che tutti i nostri passaggi erano mirati a rispettare Ap. 13,18 e il “nome d’uomo” che evidentemente abbiamo rintracciato senza mai uscire dal contesto di Ap., neppure quando abbiamo sciolto la csi secondo il dialetto ionico, poichè Ap. fu scritta in Asia Minore dove si parlava questo dialetto.” 666, il marchio di Caino? – Curiosità ed interrogativi (forumfree.it) Sullo stesso forum si legge poi che “la vicenda di Caino e Abele trova un archetipo anche nella biblioteca di Ugarit, per ciò che concerne le figure del dio MOT e di suo fratello ELYON. Per non parlare poi degli egiziani SETH ed OSIRIDE.” Su questo possiamo essere d’accordo in quanto tutta la mitologia classica è costellata di coppie simili a Caino e Abele. Pensiamo a Ercole ed Ificle, Castore e Polluce, Romolo e Remo.
Il segno: un codice solare
Il numero 666, numero del sole, si scrive in ebraico שֵׁ֥שׁ מֵאֹ֖ות שִׁשִּׁ֥ים וְשִׁשָּֽׁה׃ס mentre in greco si scrive con χξς, chi, csi e stigma. A noi interessa il greco dato che abbiamo un riferimento all’Apocalisse e vogliamo trasformare questo codice nel nome di un uomo, visto che siamo alla ricerca di un “nome/numero d’uomo”. Il forum di cui sopra propone un ragionamento solo in apparenza un po’ astruso, ma nella sostanza ricchissimo di significati. χαινω, caino, che è una forma verbale, significa aprire, spalancare la bocca, termine che ricorre nel racconto di Genesi.
Lì si legge “Che hai fatto? Ascolta! Il sangue di tuo fratello grida a me dal suolo. E ora sei maledetto, al bando dal suolo, che ha aperto la sua bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano.” (Ge 4:10,11) Dunque il nome di colui che uccise suo fratello in greco significa aprire la bocca. In conseguenza di questa colpa Caino necessitava di un segno di identificazione, un lasciapassare, una specie di antichissimo greenpass. Sulla base e persino al di là di tutti questi ragionamenti, 666 è il numero di Κάϊν, Caino, il simbolico numero del suo nome.
Figli di padri diversi
I due figli di Eva erano molto diversi e Caino cominciò presto ad odiare suo fratello. Questo in accordo con la profezia fatta al serpente: “Metterò inimicizia tra te e la donna, tra il tuo seme e il seme di lei.” (Ge 3:15) Il rapporto tra questi due fu subito un chiaro paradigma. Erano nati da padri di natura diversa. A conferma 1Gv 3:10-12 legge: “I figli di Dio e i figli del Diavolo sono manifesti da questo fatto: Chiunque non pratica la giustizia non ha origine da Dio, né [ha origine da Dio] colui che non ama suo fratello. Poiché questo è il messaggio che avete udito dal principio, che dobbiamo avere amore gli uni per gli altri; non come Caino, che ebbe origine dal malvagio e scannò suo fratello. E per quale motivo lo scannò? Perché le sue opere erano malvage, mentre quelle di suo fratello giuste.”
I due fratelli erano profondamente dissimili quanto alle loro disposizioni interne riguardo a Dio, alla legge morale, al fine ultimo della vita, alle loro speranze. Erano figli di seme diverso. Così avviene nell’umanità dove non esistono uomini medi. O siamo da Dio o non lo siamo. Il fare di ognuno rivela il suo essere profondo. L’orientazione della nostra vita si esprime in tutta la nostra condotta. La storia di Caino e di Abele pare a Giovanni come il tipo di relazione tra i figli di Dio e i figli del diavolo, tra la progenie della donna e la progenie del serpente. Da una parte domina l’odio, dall’altra l’amore. Caino da subito manifesta tutta la sua antipatia per una vita di giustizia e di pietà, fino al punto di uccidere suo fratello. Caino si lascia completamente dominare dal male.
Un personaggio solare
È sicuramente da Caino che prende inizio il mito del seduttore seriale. Questo emerge soprattutto confrontando la Genesi con il mito. Di un personaggio di questo genere uno studioso scrive: “Don Giovanni è uno dei grandi miti dell’Occidente, un personaggio di origine leggendaria che ben presto è diventato l’incarnazione del seduttore irrefrenabile, del libertino senza scrupoli e senza morale, del conquistatore seriale, ma anche dell’ateo empio e ingannatore che si prende gioco non solo delle donne ma anche delle leggi e persino di Dio.” (Alberto Pellegrino) Il romanticismo ed il XX secolo hanno spesso esaltato figure come quella di Caino. Si tratta del mito del libertino, di chi disprezza le regole, ama la trasgressione. Sono personaggi che non hanno paura della morte e irridono Dio. La mitologia ne è costellata.
Per comprendere appieno il senso di queste parole ritorniamo a Genesi 4:15 dove si legge del segno [אוֹת, oth] posto su Caino. Il termine oth deriverebbe da uwth, voce verbale col senso di consentire. Quindi Dio pose su di lui un segno, una testimonianza di consenso. Che cosa poteva rendere Caino un intoccabile? Probabilmente la bellezza non comune, la prestanza fisica e la prepotenza. In più c’era uno speciale spirito di menzogna che lo metteva in grado di scagionarsi dalle accuse, negando la colpa, professandosi innocente fino all’estremo. Il giovane conosceva l’arte di suo padre, un malvagio. Il suo era un segno di stampo solare, un 666. Genesi dice che Geova avrebbe posto su di lui un segno, per cui nessuno avrebbe tentato di ucciderlo. Ciò significa che nessuno si sarebbe azzardato a tanto. Questa impronta naturale era da Satana ma Geova vi consentiva.
La morte di Giacinto
Giacinto è un principe mitologico di Sparta. Era un giovinetto di eccezionale bellezza amato da Apollo. Un giorno, Apollo e Giacinto, incominciarono una gara di lancio del disco. Apollo lanciò per primo ma il disco, deviato nella sua traiettoria, finì col colpire alla tempia Giacinto, ferendolo a morte. Apollo non potendo impedirne la morte volle trasformare il ragazzo in un fiore dal colore del sangue. Questo fiore purpureo è stato identificato con varie piante, tra cui l’anemone, la viola del pensiero oppure il mirtillo. Come altre figure semidivine morte nel fiore degli anni, anche Giacinto si trasformò in una “divinità della vegetazione”, come ad esempio Narciso e lo stesso Adone. Da questi racconti emerge poi l’idea che Giacinto sia stato il primo pederasta. Secondo un altro racconto Giacinto e sua sorella furono trasferiti ai Campi Elisi.
Giacinto era il patrono di una delle principali feste spartane, le giacinzie, che si tenevano d’estate; la festa durava tre giorni, il primo dei quali era dedicato al lutto per la morte dell’eroe divinizzato, gli ultimi due invece celebravano la sua rinascita in qualità di “Apollo Hyakinthios”. Uno dei mesi del calendario dorico prendeva il suo nome, “hyakinthios”. Cinzia era la luna. La mitica coppia finì per esprimere un concetto di adorazione lunisolare. Come si può notare i primi esseri umani finiscono divinizzati nella mitologia e si trova traccia delle loro vicende perfino nel mondo dei morti. Nella coppia di Apollo e Giacinto emergono agganci mascherati con la storia di Caino e di Abele e tracce relative all’elaborazione di un concetto non biblico dell’aldilà, il regno dei morti.
Vendicato sette volte
A Caino Geova disse: “Chiunque ucciderà Caino dovrà subire vendetta sette volte. E Geova pose dunque un segno per Caino perché nessuno, trovandolo, lo colpisse a morte.” (Ge 4:15) Il castigo di Caino fu severo perché il suo gesto era il risultato di uno spirito violento, ma probabilmente il crimine non fu intenzionale. Per questo motivo Geova esercitò misericordia. L’assassinio di Abele non era stato premeditato, altrimenti la legge di Geova l’avrebbe condannato a morte: “Sarà vita per vita.” Siccome Caino era un omicida preterintenzionale, chiunque l’avesse ucciso si sarebbe reso colpevole di omicidio volontario e la vendetta su di lui sarebbe stata completa. Il numero sette è numero di completezza. Di qui comprendiamo anche la misericordia divina nello stabilire in Israele le città di rifugio per l’omicida involontario. Se Caino fosse stato ucciso, sette morti sarebbero stati richiesti in ritorsione.
L’assassino e sei dei suoi familiari sarebbero stati messi a morte. (Cfr 2 Sam 21:8) A sua volta, un pronipote di Caino, Lamec, settimo nella discendenza da Adamo, compose queste parole per le sue mogli: “Udite la mia voce, mogli di Lamec; Prestate orecchio al mio dire: Ho ucciso un uomo perché mi ha ferito, Sì, un giovane perché mi ha dato un colpo. Se Caino dev’essere vendicato sette volte, Allora Lamec settanta volte e sette”. (Ge 4:23-24) Se ne dedurrebbe che Lamec si volesse vantare di aver ucciso un uomo, pretendendo però l’incolumità grazie alle armi recentemente introdotte da Tubal Cain, “forgiatore di ogni sorta di arnesi di rame e di ferro”. La nuova tecnologia riempiva l’uomo di fiducia grazie alle nuove possibilità di attaccare e difendersi. Lamec pretendeva così che ben settantasette morti dovessero compensare eventualmente la perdita della sua vita.
La vendetta
Nelle civiltà antiche, uno dei mezzi di cui disponeva l’individuo era la vendetta. In caso di omicidio era di fatto consentito rispondere con la vendetta privata. A fronte di un omicidio era permesso ai membri del clan di riferimento della vittima, di uccidere l’assassino. La vendetta era concepita come un dovere morale e sociale, mentre era considerato ignominioso il comportamento di chi vi rinunciasse. L’omicida, nei casi di omicidio non premeditato e involontario, poteva evitare la vendetta andando in esilio.
Nascite gemellari nel mito greco
Castore e Polluce sono due celebri gemelli della mitologia classica. Si narra che Leda, la loro madre, li avesse concepiti separatamente, unendosi nella stessa notte prima con Zeus, e poi con suo marito Tindaro: dall’unione con il dio sarebbe nato Polluce, immortale come il padre; da quella con Tindaro il mortale Castore. Leda stava sulle rive del fiume a godersi la frescura quando a lei Giove si unisce assumendo la forma di un cigno. Da questa unione nascono Polluce ed Elena, di natura immortale. Poi Elena partorisce Castore e Clitennestra che sono mortali, in quanto figli di Tindaro. A segnalare la nascita di Polluce dall’uovo, sulle statue che lo rappresentano viene posto sulla testa un copricapo a forma di scodella capovolta, l’uovo con sopra impresso il simbolo lunisolare. (v. figura iniziale) Qualcosa di simile avvenne in occasione della nascita di Eracle.
Elettrione [il brillante], aveva una figlia, Alcmena, di straordinaria bellezza. Anfitrione se ne invaghì e la chiese in sposa. Il padre della giovane chiese al pretendente di sconfiggere prima la popolazione dei Tafi che, alcuni anni prima, avevano sterminato i suoi figli. Anfitrione accettò la sfida ma, durante una battaglia, uccise a causa di un incidente lo stesso Elettrione. Poco dopo riprese la guerra contro i Tafi e li sconfisse. Durante la sua assenza, Zeus, invaghitosi di Alcmena, prese le forme del marito e si unì a lei. Frutto di questa relazione fu Eracle, il futuro eroe. Anfitrione, rientrato nelle proprie stanze, ignaro di tutto, si unisce alla propria sposa. Da questo incontro sarebbe nato Ificle, compagno del fratello in molte avventure. Eracle nacque dunque insieme a Ificle, e Anfitrione, ancora ignaro della relazione segreta, così come ignara era la stessa Alcmena, credeva di aver generato due gemelli.
Il primo concepimento
I fatti che abbiamo esposto richiamano alla mente le vicende dell’Eden. E dato che spesso nella mitologia antica troviamo tracce di verità, una domanda mi sorge spontanea. Eva sapeva di essersi unita a un altro uomo rispetto ad Adamo? Chissà! Il serpente assunse probabilmente la forma di Adamo ed Eva non ne era cosciente. In ogni caso, la scrittura dice che Adamo “conobbe” Eva ed essa rimase incinta. “A suo tempo partorì Caino e disse: “Ho prodotto un uomo con l’aiuto di Geova”. Poi ancora partorì Abele, suo fratello.” Siamo generalmente abituati a pensare che questo versetto ci presenti la storia di due gravidanze e di due parti diversi. In realtà non è questo il senso da dare al racconto.
Nel caso di questo doppio concepimento si era trattato di una poli-ovulazione, evento raro ma possibile. La donna, in tale circostanza, porta a maturazione due ovociti in momenti separati all’interno di un unico ciclo mestruale. Nascono due gemelli concepiti in due momenti di poco successivi. Eva immediatamente riconosce al figlio Caino una paternità non adamica. Avrebbe potuto dire: ho acquistato un figlio da mio marito, ma disse un’altra cosa. Di Abele non disse nulla. Per maggiori informazioni sul tema si leggano i seguenti articoli: Il primo adulterio e Caino, figlio di un adulterio.
La fondazione di un tempio
La mitologia antica pullula di personaggi che si resero colpevoli di fratricidio e omicidio involontario. Per esempio Apollo, Bellerofonte, Clitonimo, Licofrone, Adrasto, e perfino Romolo. Sull’assassino, anche involontario, grava una macchia che come una malattia contagiosa aggredisce chiunque venga in contatto con lui. È perciò necessario allontanare il reo dalla terra che ha ricevuto sangue innocente. L’antropologia culturale ha evidenziato che le società umane fanno iniziare la propria storia particolare da un atto di violenza, da un assassinio fra consanguinei, quasi sempre fra fratelli. Da questa violazione originaria del tabu ha inizio la storia del gruppo. Le successive vendette dei familiari avrebbero provocato una catena di assassinii, dunque la violazione generalizzata del tabu, che avrebbe alimentato odi e vendette anche nelle generazioni successive. Senza l’intervento divino la comunità si sarebbe distrutta dall’interno, le persone avrebbero vissuto la distruzione dell’ordine del loro mondo.
Tutto questo potrebbe indurci a credere che lo scopo di Caino nell’invitare suo fratello a seguirlo nel campo fosse la fondazione di un altare e di un primitivo villaggio in cui i due avrebbero posto le basi di un proprio centro abitativo. Non a caso tra le priorità di Caino non appena giunto nella nuova terra d’esilio fu la costruzione di una città dal nome di suo figlio Enoc. “Allora Caino se ne andò dalla faccia di Geova e prese a dimorare nel paese di Fuga ad oriente dell’Eden. Caino ebbe poi rapporti con sua moglie ed essa rimase incinta e partorì Enoc. Quindi si mise a edificare una città e, dal nome di suo figlio, diede alla città il nome di Enoc.” (Ge 4:16-17) È degno di nota il fatto che Enoc etimologicamente significhi “iniziato, dedicato, consacrato”: evidentemente il luogo fu da subito un tempio solare.
Un rito di iniziazione
Sicuramente Adamo era un iniziato. Negli anni trascorsi in Eden Geova lo istruiva. Nella brezza della sera ne sentiva la voce. (Ge 3:8) Nella perfezione ricevette insegnamento costante. Dato che noi viviamo da 47 anni nel settimo millennio dalla sua creazione, potremmo pensare che il soggiorno di Adamo in Eden durasse 47 anni. I primi quarant’anni li visse in solitudine mentre i successivi sette con Eva. Trasmise poi le sue conoscenze ai figli. Anch’essi sarebbero divenuti degli iniziati. La situazione in cui Abele perse la vita poté ben essere un rito iniziatico. Si tratta di cerimonie che sottolineano il passaggio da una fase della vita ad un’altra. Sono riti di passaggio in cui un giovane si stacca dalla famiglia, dalla casa di origine, va nel campo e nella foresta.
Lì avviene la trasformazione, un passaggio tra morte e rinascita. Questo in Adamo avvenne quando egli “conobbe” Eva e venne fuori dall’Eden. Ormai i fratelli stavano per mettere su casa. In concomitanza con la loro nascita erano nate delle bambine che oramai erano donne. Dunque Caino invitò il fratello ad uscire nel campo. Avrebbero fondato un nuovo accampamento, iniziato una nuova vita. Come atto di fondazione si doveva costruire un altare. Lì Caino tentò col fratello un qualche gesto iniziatico, un atto di sodomia. Sesso e matrimonio erano considerati momenti di passaggio all’età adulta. Traccia di qualcosa di simile si trovano in Luca 11:51, dove Gesù parla del sangue di Abele e di Zaccaria versato tra “la casa e l’altare.” Caino credeva cose molto diverse da ciò che Abele credeva. Uno di loro adorava il sole, mentre l’altro l’Altissimo Geova. (Ge 4:3-5)
Riti di fondazione
La costruzione di un nuovo insediamento abitativo era un rituale in cui, punto primo, si definivano i limiti del sacro. Ora il discorso sarebbe lungo e lascio al lettore l’incombenza delle sue ricerche, ma inserisco qui una citazione da Wikipedia, alla voce Rito di iniziazione. Si entra nel mondo dell’antropologia.
La costruzione di una città o di un edificio sacro, ad esempio, può essere celebrata partecipando al modello cosmogonico della «Gerusalemme Celeste».
«È attraverso il rito che, pur nei limiti di una realtà di questo mondo, si stabilisce un contatto con una realtà che trascende questo mondo. L’atto rituale è legato a una struttura simbolica tramite la quale si opera il passaggio dal simbolo alla realtà. |
(Julien Ries, L’uomo religioso e la sua esperienza del sacro – 2007) Nascono dunque all’origine le due città, la terrena sul modello della celeste. |
Un secondo Enoc
Nella Genesi, al cap 5, entra a sua volta in scena un secondo Enoc, nato nella discendenza di Adamo. Si legge: “Ed Enoc viveva per sessantacinque anni. Quindi generò Metusela. E dopo aver generato Metusela, Enoc continuò a camminare con il [vero] Dio trecento anni. Nel frattempo generò figli e figlie. Tutti i giorni di Enoc ammontarono dunque a trecentosessantacinque anni. Ed Enoc continuò a camminare con il [vero] Dio. Quindi non fu più, poiché Dio lo prese.” (Ge 5:21-24) Di questo medesimo fatto tratta pure Paolo in Ebrei: “Per fede Enoc fu trasferito in modo da non vedere la morte, e non fu trovato in nessun luogo perché Dio l’aveva trasferito; poiché prima del suo trasferimento ebbe la testimonianza d’essere stato accetto a Dio.” (Eb 11: 4-5)
Perciò dall’inizio vennero all’esistenza i due altari, quello per il sole e quello per l’Altissimo. Il secondo Enoc costituisce un modello relativamente al tempio celeste, la città santa. Come lui gli eletti vengono trasferiti alla presenza di Dio in cielo in modo da non vedere la morte. Questo significa che non saremo soggetti alle doglie della morte in armonia con la promessa contenuta in Ts 4:16-17 dove si legge: “Il Signore stesso scenderà dal cielo con una chiamata di comando, con voce di arcangelo e con tromba di Dio, e quelli che sono morti unitamente a Cristo sorgeranno per primi. In seguito noi viventi che sopravvivremo saremo rapiti, insieme con loro, nelle nubi per incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore.”
Conclusioni
Il percorso tracciato in questo articolo ci porta a comprendere come la mitologia classica conservi traccia di avvenimenti antichissimi e ci possa aiutare nel circoscrivere meglio alcuni avvenimenti raccontati nelle Scritture. Le vicende che portarono alla morte di Abele vanno intese come facenti parte di antichissimi riti di fondazione di cui sussistono tracce ancora al tempo della creazione di Roma. Si tratta di primitivi riti legati all’adorazione solare.
Per esempio, nel corso della cerimonia Upanayana, di antichissime origini indoiraniche, il guru versa dell’acqua nelle mani dell’allievo, invitandolo poi a dirigere lo sguardo verso il sole. Poi il maestro accoglie il discepolo invitandolo a pronunciare il suo nuovo nome.
Il primo insegnamento al giovane iniziato consiste nell’impartirgli i versi del Gayatri: «Meditiamo sullo splendore eccelso del divino Sole, possa Egli illuminare le nostre menti» (Rigveda III,62,10)
Ciò ricorda le parole di Apuleio, scrittore latino, che avendo preso parte ai riti di iniziazione di Iside scrisse:
«Mi sono avvicinato alla frontiera della morte, ho messo piede oltre la soglia di Persefone, ho viaggiato attraverso tutti gli elementi e sono tornato, ho visto il Sole di mezzanotte scintillante di luce bianca, sono giunto fino agli Dèi del mondo superno e degli inferi, e li ho adorati da vicino.» (Metamorfosi, libro XI, 21,1) |

Hai parlato dei 47 anni di Adamo . Passano 47 anni dal 4026 e arriviamo al 3979 a.E.V, inizio settimo giorno di riposo di Dio. Dal 3979 al 2369 nuovo inizio con Noè passano 1610 anni. 1610:70=23. Non iniziò il diluvio nel 2370? Il 1610 è composto da 23 x70. Incredibile!
Dal 2369a.E.V. ci proiettiamo nel 3022 E.V.(sono inclusi i 1000 anni, fine del settimo giorno): trascorrono 5390 anni che sommati ai 1610 fanno 7000.
Riassumendo 1610= 23×70 , 5390= 77×70. Quindi ci restano solo 3 mesi…..
Hai fatto un ottimo collegamento. Non ci avevo proprio pensato. Grazie. Adriana