
Animali come orsi, aquile e leopardi compaiono da sempre a rappresentare nazioni e grandi potenze. Leoni, draghi o tritoni sono scolpiti nei palazzi, negli edifici pubblici o nelle antiche ville. Ci si ritrova quindi di fronte a creazioni nate dal profondo, immagini derivate dall’inconscio, ad archetipi universali. Si tratta di categorie mentali che erano già manifeste nelle grotte di Lascaux, nelle incisioni rupestri e nelle forme di totemismo delle popolazioni più arcaiche. La simbologia che ci lega al mondo animale è diffusa ovunque. Perfino nell’araldica la dignità delle grandi famiglie è rappresentata da emblemi zoomorfi. La nostra società moderna è ancora impregnata di vestigia totemiche. La comunanza di vita tra l’uomo e il mondo animale ha dato vita ai particolari processi psicologici che si rinvengono nella mitologia antica e nell’immaginario collettivo.
Ben prima che comparisse Eva, accanto ad Adamo c’erano soltanto animali. Nella Genesi si legge: “Ora Geova Dio formava dal suolo ogni bestia selvaggia del campo e ogni creatura volatile dei cieli. Le conduceva all’uomo per vedere come avrebbe chiamato ciascuna; e in qualunque modo l’uomo la chiamasse — ciascun’anima vivente — quello era il suo nome. L’uomo dava i nomi a tutti gli animali domestici e alle creature volatili dei cieli e a ogni bestia selvaggia del campo. Ma per l’uomo non si trovava un aiuto come suo complemento”. (Ge 2:19-20) Prima della donna compaiono gli animali. Dopo aver creato l’uomo, Dio li benedisse e diede loro un compito: “Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra e soggiogatela, e tenete sottoposti i pesci del mare e le creature volatili dei cieli e ogni creatura vivente che si muove sopra la terra”. (Ge 1:26-28)
Animali sulle tracce di Adamo
Come illustrato dal mosaico pavimentale in figura, Orfeo, come Adamo, incantava con le melodie della cetra e del canto gli animali e la terra tutta. Con la musica affascinava le piante e le rocce, rendeva mansuete le fiere e placava la furia degli elementi. Anche Artemide era legata al mondo degli animali, dea della caccia, delle selve e del tiro con l’arco. Dea vergine, gemella di Apollo, è conosciuta come Diana nel mondo romano. Spesso nell’arte è circondata dalle bestie della foresta e dai cani. Il mito conserva evidenti tracce del ruolo svolto da Adamo, quando ancora vergine, prendeva confidenza con gli animali e dava loro un nome. Questa poté ben essere considerata in seguito un’opera incantatrice, un’attività magica. Usciti dall’Eden, i nostri primogenitori continuarono a vivere circondati da un ambiente da comprendere e addomesticare.
Animali singoli, raccolti ancora giovani, erano tenuti come compagni di gioco, circondati di cure e nutriti per abituarli alla presenza dell’uomo. Fatte queste premesse, le divinità antiche furono generalmente portatrici di evidenti simboli zoomorfi. Pensiamo ad Anubi dal volto di sciacallo, Horus dal volto di falco, Api, il toro adorato a Menfi, Abi, dio leopardo, Sobek, il coccodrillo. Discorso simile vale per le divinità greche. Ade: a lui si consacravano i lupi e i serpenti. Atena: divinità simbolizzata dalla civetta e dall’olivo. Afrodite: rappresentata dai passeri e dalle colombe. Apollo, che si muove con un seguito di caprioli, cigni e cicale. Il cinghiale e il serpente velenoso accompagnavano Ares. La spiga e il serpente alato Demetra. Tutto questo bestiario ci costringe ad affrontare il tema del totemismo e delle sue origini. Attraverso il totemismo i primi studiosi dell’argomento cercavano di spiegare la nascita delle religioni.
Zoolatria: il serpente
Come fu che gli uomini giunsero ad adorare la creazione anziché il Creatore? Il fenomeno un percorso quasi obbligato. In Eden ci fu dall’inizio un animale in grado di parlare, di stabilire con Eva un dialogo efficace: il serpente. La vita dei due figli di Adamo e di qualche ragazza si svolgeva in campagna. I loro compagni di gioco furono varietà di animali. In quello stadio gli uomini erano immersi in un mondo ancora tutto pervaso dal senso del divino. Per loro era normale comunicare con il mondo spirituale. Quando i due fratelli offrivano a Dio un sacrificio potevano immediatamente capire se l’offerta era gradita. Abele era pastore di pecore, ma Caino divenne agricoltore ed entrambi offrivano a Geova un dono. E fu immediatamente chiaro a entrambi cosa Dio pensasse di loro. Evidentemente l’Altissimo si manifestava.
Il racconto prosegue: “Allora Geova disse a Caino: “Perché ti accendi d’ira e perché il tuo viso è dimesso? Se ti volgi per fare il bene, non ci sarà un’esaltazione? Ma se non ti volgi per fare il bene, il peccato è in agguato all’ingresso, e tu, da parte tua, lo dominerai?” (Ge 4:2-7) Cosa c’era di sbagliato in Caino? Evidentemente il suo rapporto con il serpente suo padre era una faccenda drammaticamente in crescita. Egli giunse presto a rivolgere l’adorazione a qualcuno che non era Geova. L’adorazione degli animali, degli elementi naturali, del mondo vegetale, prese il sopravvento. Si svilupparono forme religiosamente deviate. Dopo la morte di Abele nacque Set. “E anche a Set nacque un figlio e gli metteva nome Enos. In quel tempo si cominciò a invocare il nome di Geova.” (Ge 4:25-26) Incominciarono lì ad adorare in senso panteistico.
Totemismo
Per totemismo si intende l’appartenenza ad un gruppo tribale che si identifica attraverso l’animale e gli altri elementi naturali. Tratti di teriomorfismo (attribuzione di forma bestiale alla divinità) si riscontrano in varie religioni: singoli animali sono ritenuti manifestazioni del dio. In genere la presenza di una divinità concepita come animale comporta che gli animali di quella specie siano rispettati. Così nell’antico Egitto, dove si venerava la dea-gatta Bastet, esisteva il divieto di uccidere gatti. Il totem cominciò ad assumere il ruolo di assistente o custode divenendo anche simbolo del gruppo. Questi aiutanti animali, molto spesso rettili, sono concepiti come messaggeri. Essi sono in grado di assistere il capo-sciamano-sacerdote, nella cura delle malattie e aiutarlo con pratiche di tipo magico. Era diffusa la credenza di serpenti mitici nascosti nel corpo dello sciamano (possessione totemica) che quindi finiva per essere identificato con il suo totem.
In virtù delle relazioni di confidenza che Adamo aveva stabilito con gli animali sorse anche l’idea di una particolare affinità fra certi animali e certi uomini. È la credenza del cosiddetto alter ego animalesco per cui un dato animale diventa quasi il sosia di un uomo, un secondo io. Si ritiene in tal caso che il legame esistente tra i due sia così stretto che il destino dell’uno e dell’altro si fondono intimamente. Per cui se uno dei due muore la stessa sorte dovrà toccare all’altro. Naturalmente, poiché si tratta di una attribuzione di potenzialità animali destinate ad arricchire l’anima umana, si ritiene che l’alter ego animalesco sia un privilegio riservato a persone particolarmente dotate quali capi, sacerdoti, stregoni ed eroi.” (cit. da insula_fulcheria_n_19_1989_lunghi-venchiaruttidal_totenismo_all_araldi_3.pdf (comunecrema.it)
Il signore degli animali
Data questa stretta relazione tra la persona e l’animale guida valeva il divieto-tabù di uccidere il proprio totem. Questo a motivo della diffusa credenza che esista uno spirito protettore di ogni animale. Si credeva che tali spiriti facessero capo ad “un signore degli animali” rappresentante supremo del loro regno. In realtà è piuttosto difficile definire la natura dello spirito protettore. E’ però generalmente concepito come vivente nella natura e legato ad un concreto esemplare. Il suo ruolo è quello di assicurare al protetto il successo nella vita, nella caccia, nella guerra e nelle relazioni sociali. Per possedere tale spirito la persona si sottopone ad un rituale iniziatico poi suggellato in sogni o in una visione.
“La zona di mistero che da sempre circonda il regno animale deriva dal fatto che i primitivi non sanno spiegarsi certe cose. Di dove possono derivare agli animali certe doti? Si tratta di quelle capacità veramente straordinarie come il volo, il nuoto o la forza. In questa zona dell’inconoscibile trovano origine le molteplici relazioni tra mondo umano e animale. Esse talvolta vanno anche oltre la morte, nella creduta sopravvivenza dell’anima entro uno spirito animale. Tenuto conto inoltre delle facili trasposizioni simboliche proprie della mentalità primitiva non sorprende il fatto di trovare in queste credenze il frequente scambio fra spiriti animali e spiriti della vegetazione. Similmente vi possiamo ricondurre l’origine remotamente etnologica dell’idea di “metempsicosi” (op. cit.)
L’uomo ibridato
“Esiste inoltre una categoria di esseri umani i quali possono trasformarsi in animali eccezionalmente anche durante la vita, in forza di un arricchimento che compete a certi individui considerati straordinari. Tale privilegio infatti è concesso agli sciamani, agli stregoni, ai sacerdoti e ai capi che in momenti eccezionali possono entrare in “trance” e volare nel mondo sovrumano in veste di animali e di uccelli. Una particolare possibilità di trasformazione in animale avviene al momento della morte … Così gli Amazulu del Natal o i Batsileo del Madagascar ritengono che le anime dei loro morti si presentino a loro in forma di serpenti per cui quando incontrano un rettile innocuo gli offrono sangue o piccoli animali convinti che in esso si cela il loro parente.” (op. cit.)
“L’animalismo è una particolare concezione dell’anima umana arricchita dalle doti peculiari degli animali. E’ anche l’attribuzione di particolari virtù umane a certi animali. Nella mentalità dei “primitivi” il totem, anche se raffigurato come un animale, è un vero uomo, ricco di tutte le virtù umane e ricco di tutte le virtù dell’animale consanguineo. Nella concezione dei “primitivi” che lo pensano come capostipite, quell’essere misto da cui si sentono discendere possiede le virtù insieme dell’uomo e dell’animale, per cui il totem è considerato sempre un essere straordinario e superiore all’uomo.” (op. cit.) Si tratta dunque di un essere ibrido, una sorta di Nefilim. Perciò l’uccisione del totem era considerata più grave di quella di uccidere un uomo. L’uccisione di Caino o di Lamec scatenava un tremendo bisogno di vendetta.
Mai uccidere il proprio totem
“Il clan assume il nome del totem, lo chiama “fratello”, “padre” e “nonno” e ha per regola inviolabile di non ucciderlo e di non danneggiarlo e tanto meno di mangiarlo. È confermata comunque per questa come per le altre forme di totemismo la constatazione di trovarci di fronte a una particolare manifestazione del sovrumano (ierofania) che fiorisce sul terreno dell’animalismo e può facilmente coesistere con l’idea e il culto dell’Essere Supremo e quindi della religione. Inoltre dovunque vige il totemismo individuale, sono particolarmente favoriti con uno speciale protettore (animale) i membri del gruppo più carismatici quali i maghi, gli sciamani, i capi, i re.” (op. cit.)
Infine una interpretazione originale del totemismo è proposta da C. Levy-Strauss in chiave strutturalista. Egli esclude dalle formulazioni di questa categoria mentale ogni significato funzionale per riconoscervi una forma metaforica del linguaggio umano con la quale si esprime la stretta relazione di vita tra l’uomo e gli esseri animati e inanimati del cosmo. Come afferma Mircea Eliade “le immagini, i simboli e i miti non sono delle creazioni irresponsabili dello spirito umano, ma rispondono ad una necessità e adempiono ad una funzione: mettere in chiaro le più segrete modalità dell’essere”.
Totemismo e simbolo
La parola simbolo merita di essere esplorata perché ha un significato etimologico avvincente. Σύμβολον [ symbolon] deriva dalle radici σύν «insieme» e βάλλω «gettare». Quindi significa “mettere insieme” e “far coincidere”. Il termine nell’uso greco servì a significare quei mezzi di riconoscimento che si ottengono con lo spezzare irregolarmente in due parti un oggetto, un pezzo di legno, un coccio, un anello, un documento. In questo modo il presentatore di una delle due parti poteva farsi riconoscere, mostrando il perfetto combaciare della sua parte con quella posseduta da un altro. La missione del simbolo è quella di impadronirsi del mondo della immediatezza e di farne una scala verso l’Assoluto. L’interpretazione simbolica dell’universo animale è certamente un modo costante e intelligente di condurre, per gradini successivi, ai valori più reconditi e ai significati ultimi della realtà stessa.
“Si dimentica troppo spesso” osserva ancora Mircea Eliade “che il pensiero arcaico non procede esclusivamente per elementi concettuali. Viceversa si serve anche e anzitutto di simboli. Essi sono maneggiati secondo una logica simbolica. Ne deriva di conseguenza che l’apparente povertà concettuale delle culture primitive non implica l’incapacità a teorizzare. Dipende invece dal fatto che quelle culture sono caratterizzate da uno stile di pensiero del tutto diverso dallo stile “moderno”. Il nostro pensiero è basato sugli sforzi speculativi ellenici”
Il pasto totemico
Nell’ Africa equatoriale, l’antilope “ocibi” va al pascolo soltanto di notte mentre di giorno dorme o rumina senza spostarsi. Questa abitudine ha indotto gli indigeni a farne il simbolo dell’immobilità. Essi credono che tutti quelli che ne hanno mangiato in comune la carne all’inaugurazione del nuovo villaggio non lo abbandoneranno per stabilirsi altrove. Si noti come il passaggio simbolico avvenga attraverso una comunione, per così dire, che si realizza mangiando la carne dell’antilope “amante dell’immobilità”. Questo senso di partecipazione è costante nella mentalità primitiva dell’uomo.
Perciò ricordiamo che le dinamiche culturali che presiedono ai rapporti tra gli uomini, sono invariabili. Esse restano comuni in tutti i tempi e per tutti i luoghi. Come nel passato ancora oggi permangono le stesse categorie di pensiero. Per l’antropologo l’uomo è sempre uomo a qualsiasi latitudine e circostanza. Questo ci serve a capire perché certi aspetti culturali totemici restino sepolti ancora nel racconto della Bibbia e vadano scavati.

Il sacrificio di Ifigenia
Quando consideriamo il mito greco non possiamo fare a meno di cogliere varie analogie con il racconto biblico. Per esempio il racconto relativo al sacrificio di Ifigenia. Nella tragedia di Euripide Ifigenia in Aulide si apprende che ad un tratto le navi greche dirette a Troia si bloccano in Aulide. Non c’è un filo di vento ad animarle. Allora Agamennone – guida della spedizione greca – si rivolge all’indovino Calcante per comprendere il motivo dell’assenza del vento. L’indovino risponde ciò essere dovuto ad un’offesa inflitta da Agamennone alla Dea Artemide. Egli aveva colpito un cervo e si era successivamente vantato di essere un cacciatore migliore della Dea. Soltanto se avesse sacrificato sua figlia Ifigenia la dea si sarebbe placata. Nonostante le proteste del padre della ragazza, Ulisse la va a prendere a Micene, spiegando alla madre che Achille la vuole avere in moglie.
Arrivata in Aulide, Ifigenia scopre l’inganno ma è disposta ad accettare il proprio destino, per il bene della Grecia. Quindi sale sull’altare, e quando già il suo sacrificio si sta compiendo, Artemide la porta via, sostituendola con una cerbiatta. La flotta greca finalmente può ripartire per Troia. Questo racconto, assai vicino a quello del sacrificio di Isacco, mette in scena una colpa legata all’uccisione di un totem. Nella Bibbia la sostituzione del sacrificio umano è compiuta da un montone, in Ifigenia in Aulide da un cervo. Anche la leggenda di un altro giovane eroe, Ciparisso, è legata a questo animale.
Ciparisso
Ciparisso è un giovane amato da Apollo. Cacciatore, aveva un cervo preferito, che involontariamente uccise. La leggenda s’inquadra nell’antichissimo sistema totemico del culto degli animali e degli alberi. Nel racconto più noto della vicenda, la compagnia preferita del giovane era un bellissimo cervo. Ma accidentalmente il giovane finì con l’ucciderlo. Il suo dolore era talmente grande che finì per trasformarsi in un cipresso, l’albero della tristezza e del lutto. Il mito di Ciparisso, così come quello del suo analogo Giacinto, principe spartano, è spesso interpretato come il riflesso del costume sociale dell’antica pederastia istituzionalizzata nell’antica Grecia. Questo racconto rappresenta un processo di iniziazione alla vita adulta degli adolescenti greci di sesso maschile. Si trattava di un passaggio attraverso la morte. I bei ragazzi sono dei doppi di Apollo stesso, come dei suoi alter-ego.
A cercare le origini del racconto si finisce per arrivare ad Abele, alla sua morte e conseguente rielaborazione del lutto. Il mito attiene a fatti avvenuti nel “campo”, quando Caino finì per uccidere Abele. È un mito di fondazione, si trattava di inaugurare un nuovo insediamento in cui, per i due uomini, doveva iniziare una nuova vita. Caino finì per uccidere il fratello a cui era legato da potenti vincoli di amore-odio. Aveva condiviso con lui gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Caino, in quanto primogenito, si arrogava una funzione sacerdotale e sciamanica che non gli competeva. Pretendeva di iniziare il fratello alla nuova vita attraverso una pratica sessuale pervertita. Si trattò di un abuso. Il tema del cervo esprime il totem di Abele, e di conseguenza del Cristo. Il cervo è l’equivalente del montone, del toro o dell’agnello nei racconti biblici.
Il sangue di Abele e quello di Cristo
Con l’uccisione di Abele, pastore di pecore, mezza l’umanità è messa a morte in un colpo solo. Gesù, l’Agnello di Dio, parla del sangue del giusto Abele assassinato tra il tempio e l’altare. (Mt 23:35; Lc 11:51) Il sangue di Abele prefigurava il sangue versato da Cristo, il sangue del nuovo patto. In un passo famoso Paolo scrive parole interessanti. “Poiché voi non vi siete accostati a ciò che può toccarsi e che è stato acceso con fuoco, né a un’oscura nube né a fitte tenebre né a tempesta, né a squillo di tromba né alla voce di parole; udendo tale [voce] il popolo implorò che non fosse aggiunta loro alcuna parola.
Poiché non sopportavano il comando: “E se una bestia tocca il monte, dev’essere lapidata”. E lo spettacolo era così spaventevole che Mosè disse: “Sono timoroso e tremante”. Ma vi siete accostati al monte Sion e alla città dell’Iddio vivente, la Gerusalemme celeste, e a miriadi di angeli, in generale assemblea, e alla congregazione dei primogeniti che sono stati iscritti nei cieli, e a Dio Giudice di tutti, e alle vite spirituali dei giusti che sono stati resi perfetti, e a Gesù mediatore di un nuovo patto, e al sangue di aspersione, che parla in modo migliore [del sangue] di Abele.” (Eb 12:18:24). Giovanni spiega il motivo dell’omicidio di Caino. Egli dice che “le sue opere erano malvagie, mentre quelle di suo fratello erano giuste” (1 Gv 3:12). Dunque Caino e Abele sono un paradigma e rappresentano Satana e Cristo.
Unione genetica con le specie animali
Nella Genesi Dio punisce il serpente per avere sedotto Eva. Molte culture antiche menzionano nelle loro tradizioni e nel folclore sia la presenza che l’attività del serpente e degli uomini-rettili. Il primo re mitico di Atene, Cecrope, era mezzo uomo e mezzo serpente. Nella mitologia greca anche i Giganti sono raffigurati in forma “anguiforme”, ossia con le gambe formate da terminazioni serpentiformi. I Telchini, 17 figli di Talassa e Gea, (mare e terra) erano raffigurati come rettili dalla vita in giù. Anche il vento Borea è descritto in forma di serpente. Nelle scritture e leggende indiane, i Naga sono esseri a forma di serpente che si riteneva vivessero sottoterra, ma intervenissero nel mondo degli umani. Si riferiva che tali esseri avessero vissuto su un continente che si sarebbe poi inabissato nelle acque dell’Oceano Indiano: la terra ante-diluviana.
I Sauromati (occhio di lucertola) sarebbero nati dall’unione genetica degli indigeni con le specie animali, il termine significa: unire con i sauri. Vari autori antichi hanno parlato di questo popolo, tra loro Tacito, Plinio, Strabone, Pomponio Mela, Ippocrate, Diodoro di Sicilia e altri ancora. In Cina, Corea, Giappone i reami sottomarini sono mitologicamente popolati da Re Dragoni e i loro discendenti sono considerati umani discendenti da una razza di draghi. Gli Imperatori Asiatici, che si credeva fossero capaci di mutare volontariamente da una forma umana ad una forma di drago, rivendicano questa discendenza.

I Naga
Nei bestiari e nelle leggende greche ed europee, il basilisco ( βασιλίσκος basilískos, “piccolo re” da βασιλεύς basiléus, “re”) è una creatura mitologica, una serpe, citata anche come “re dei serpenti”, che si narra abbia il potere di uccidere o pietrificare con un solo sguardo diretto negli occhi. In India ci sono diversi termini per serpente, uno è Naga, il cobra e un altro è sarpà. La parola inglese snake è parente di naga.
I nāga, considerati spiriti della natura, sono esseri semidivini che possono assumere una forma totalmente umana e totalmente serpentina. Vivono in un regno sotterraneo detto Naga-Loka, all’interno di sontuosi palazzi. Il loro creatore, il dio Brahma, decise di relegarli sottoterra quando divennero troppo numerosi, come i nefilim prima del diluvio. Le donne-serpente, dette nagini, sono principesse dotate di straordinaria bellezza, ed alcune dinastie regali si dicono discendenti dall’unione tra un umano e una nagini. Un serpente Naga con sette teste, Mucalinda, è presentato come protettore del Buddha che medita dopo la sua illuminazione. Ma anche Budda Gaumata è raffigurato nella statuaria come un serpente.


Eliminazione dei nati di sesso maschile
Si racconta pure che l’unione mitologica di una donna con un Serpente diede origine alle Amazzoni, un popolo di donne addestrate alla caccia. Queste guerriere sarebbero nate da una vera e propria selezione genetica che eliminava i nati di sesso maschile. Questo racconto mi fornisce un indizio. Ci sono storie che pur non dicendo niente di esplicito fanno pensare. A volte penso ad Adamo. Mi chiedo se nel periodo che intercorse tra il primo concepimento di Eva e la morte di Abele, quest’uomo ebbe ancora rapporti con Eva. Certo, mi chiedo, come poté accadere che Adamo a 130 anni non avesse generato che due figli maschi e le loro sorelle. (Ge 4:25) Mi sembra di poterne dedurre il fatto che il mondo dei Serpenti fagocitasse quasi completamente il mondo femminile. Infatti sulla terra esistevano moltissimi, troppi nefilim. (Ge 6:1-4)
Artemide, Atteone e la nudità di Adamo ed Eva

Il mito è illuminante. La storia di Artemide e Atteone sembrerebbe collegarsi al momento in cui Adamo si accorse di essere nudo. Secondo il mito, nel corso di una battuta di caccia, Atteone provocò l’ira di Artemide, quando la sorprese al bagno insieme alle compagne. Il caldo estivo le aveva indotte a rinfrescarsi presso una sorgente. La dea, imbarazzata di farsi vedere nuda, trasformò il giovane in un cervo. Anche Adamo ed Eva, dopo il peccato avvertirono l’imbarazzo di essere nudi. Atteone si accorse di essere un cervo quando giunse a uno specchio d’acqua. Allora i cani lo raggiunsero e non riconoscendolo lo sbranarono. Poi si misero alla ricerca del padrone per tutta la foresta, riempiendola di dolorosi lamenti.
I due personaggi, Artemide ed Atteone corrispondono alla tragedia della caduta di Adamo ed Eva. Ora Artemide operò la trasformazione di Atteone in cervo per evitare che costui riferisse ad altri il contenuto di ciò che aveva visto. La domanda che mi pongo è questa: cosa c’era di tanto scandaloso nella vista della nudità di Diana? Il mosaico presentato sopra mostra Artemide in una situazione eccitante. La divinità al lavacro nella grotta si sta masturbando alla vista del giovane riflesso sotto di lei. Un fiotto d’acqua sembra raggiungere le sue parti intime. Quindi dal mito emerge un contenuto sessuale considerato riprovevole. Il rimando che si può cogliere è al peccato sessuale commesso in Eden. L’anonimo artista del mosaico riesce ad inserire nell’immagine un suo particolare svelamento circa le motivazioni meno esplicite del mito.
Conclusione
Il totemismo è un’antica modalità di pensiero che occorre tenere presente quando si esaminano i racconti della Genesi. Così pure quelli legati ai rituali del sacrificio e alle offerte prescritte nella legge. Giacobbe sul letto di morte paragona i suoi figli a diversi tipi di animali. Giuda a un leone, Issacar a un asino, Dan a un serpente, una serpe cornuta. Neftali è un’esile cerva, Giuseppe è il germoglio di un albero fruttifero, Beniamino è un lupo. Questi animali hanno significati totemici antichissimi. Il serpente, il leone, il cervo, l’asino o il toro assumono di volta in volta connotazioni solari o tenebrose. Essi affondano le radici in un mondo patriarcale, quello di Adamo, Caino o Noè. Anche la storia di quest’ultimo è fortemente legata al mondo animale.
