
L’incesto evoca in noi un disgusto atavico che sfugge alle banali spiegazioni. Nel suo libro “Totem e Tabù” Freud scrive: “Ignoriamo l’origine dell’orrore dell’incesto e non possiamo nemmeno dire in quale direzione cercarlo.” Tuttavia, andando indietro nel tempo scopriamo che si tratta di una pratica ancestrale, che risale alle origini del mondo. La parola latina “incestum” letteralmente indica qualcosa di “non castum”, impuro, e si riferisce a pratiche che sconfinano oltre le regole morali. I greci definivano questo comportamento con espressioni come μητροκοίτης (metrokoites), che indica un uomo che dorme con sua madre o θυγατρομιξία (thugatromixia), l’atto di dormire con la propria figlia. Tali relazioni erano considerate γαμος ανοσιος (gamos anosios) o γαμος ασεβης (gamos asebes), cioè unioni empie. Tuttavia l’incesto nella mitologia greca è una prassi ricorrente praticata perfino dagli dei. Per esempio Zeus era sposato con Era che era sua sorella.
Zeus e sua moglie erano entrambi figli di Crono e Rea, che erano a loro volta fratelli in quanto figli di Urano e Gaia. Anche nella Bibbia l’incesto è una pratica che qua e là rispunta. Per esempio, Lot viene sedotto dalle figlie da cui nasceranno Moab e Ben-Ammi, padri di popoli, moabiti e ammoniti. Anche Isacco con Rebecca e Giacobbe con Rachele erano cugini. Solo più tardi la Bibbia vieterà espressamente l’incesto. Se si parte dal concetto che alle origini Adamo ed Eva erano i soli abitanti della terra è giocoforza pensare che i primi matrimoni avvenissero tra fratelli e sorelle. L’esempio più tragico legato alla colpa dell’incesto è quella di Edipo. La vicenda è narrata da Sofocle in una tragedia incentrata sulla relazione del protagonista con sua madre Giocasta da cui nasceranno dei figli. Il tabù dell’incesto fu alla base dell’emergere nelle società primitive del totemismo.
Totemismo e matrimonio
In epoca primitiva il ruolo che normalmente è svolto da organismi ed istituzioni sociali pienamente evolute si espresse attraverso il sistema del totemismo. Il totem è di solito un animale, una pianta o un altro elemento naturale intorno a cui l’intero mondo del clan deve ruotare. Ovunque il totemismo è presente si applica la regola secondo cui agli adepti di uno stesso totem è vietato contrarre matrimonio tra di loro. L’esogamia totemica diviene uno strumento di prevenzione dell’incesto. I desideri incestuosi dell’uomo, destinati a depositarsi nell’inconscio, rappresentano per i popoli primitivi una minaccia incombente da cui bisogna difendersi tramite regole molto stringenti. Dobbiamo immaginare che successivamente all’arrivo dei Noetici su questa vecchia terra il problema di come regolare le consuetudini matrimoniali dovette ben presto essere affrontato. Con la nascita di figli e nipoti il tema dell’incesto doveva essere chiaramente definito.
Possiamo immaginare che nella famiglia di Noè cominciassero a serpeggiare contrasti alimentati da punti di vista diversi sulla via da intraprendere. È possibile che Noè preferisse mantenere compatta la famiglia pronunciandosi a favore di matrimoni di tipo endogamico, cioè tra i membri della stessa discendenza. Questa fu in seguito la pratica seguita in ambito semita. Ricordiamo che le Scritture fanno capire che la terra prima dell’avvento di Noè era ormai da tempo popolata. C’è da credere che i figli di Noè, o perlomeno alcuni di loro, fossero in forte antitesi col padre, preferendo matrimoni di tipo misto. In spregio al punto di vista del patriarca avvennero i fatti narrati in Genesi 9:20-27. Cam verosimilmente giacque con sua madre che rimase incinta. Questo affronto dovette rappresentare un caso limite, un’infame presa di posizione del figlio nei confronti del padre. Fu certamente un momento di insanabile rottura interna a quella famiglia.
Ercole e la decima fatica
A peggiorare la situazione, Nimrod dovette svolgere un ruolo fondamentale. Per comprendere chi era costui prenderemo in esame uno degli eroi che meglio lo rappresentano: Ercole e in particolare la sua decima fatica, impresa che sembrerebbe relazionarsi con la famiglia di Noè. Questa impresa portò l’eroe a ai limiti del mondo conosciuto. Lo scopo era quello di catturare il bestiame di Gerione. Questo personaggio rappresenterebbe Noè e i figli. Gerione era re di Tartesso, in Spagna, l’antica Tarsis, e possedeva un bellissimo armento dal pelo fulvo, che faceva pascolare in un’isola chiamata Erizia. Figlio di Crisaore e di Calliroe, era nato con tre teste, sei braccia e tre busti che si riunivano alla vita, e aveva una grande forza fisica. Raggiunto Tartesso, Eracle eresse ponendone una in Europa e l’altra in Africa, le mitiche colonne che da lui presero il nome.
La triade è un tipico elemento religioso-mitologico, presente in molte culture. Pensiamo alle tre grazie, alle parche, alle arpie, a Trimurti, la triade composta da Brahma, Visnù e Shiva. In questo caso si vuole indicare la forma triplice dell’essere supremo dell’induismo. A questa trinità di divinità maschili corrisponde la Tridevi, trinità di divinità femminili, Saraswati, Lakshmi e Parvati. Si tratta di due trinità, entrambe una e trina, una persona-trinità maschile e una femminile. Il mitico Gerione sarebbe il rappresentante di una fusione delle tre persone divine in una sola, tipico schema delle rappresentazioni della divinità nel mondo antico e moderno. Questo modello potè verosimilmente nascere a partire dai tre personaggi di grande rilievo nel mondo successivo al diluvio universale: Sem, Cam e Iafet, venuti fuori da Noè, loro padre. Si tratterebbe di un processo di divinizzazione post mortem degli antenati di cui la tradizione orale tramandava la memoria.
Eracle, Gerione e il diluvio noetico
Innanzitutto vorrei evidenziare i rapporti di Eracle con il diluvio universale. Dal mito veniamo a sapere che in origine Eracle, figlio di Zeus e di Alcmena, era anche chiamato Briareo, cioè uno degli Ecatonchiri. Costoro, tre fratelli figli di Urano e di Gaia, erano giganti con cinquanta teste e cento braccia. Con le bocche soffiavano nelle nuvole e con le mani le sospingevano. A proposito di Briareo un dizionario etimologico legge: “Βριάρεως, cosí chiamato dagli dèi, mentre gli uomini lo chiamavano Egeone. Si tratta di un composto di Βρι-, derivante da βριαρός, “forte, potente” e di ἀρή, “disgrazia, perdita” e significa dunque “colui che causa grande danno”. A sua volta Egeone deriva dall’Egeo. (Αἰγειών EGEONE, è appellativo di Poseidone, l’impetuoso¸ αἶγες, “onde”) Da queste indicazioni potremmo immaginare che Ercole-Briareo fosse una rappresentazione del diluvio. (Cit da: etimologico-della-mitologia-greca-dizionario.pdf (anticaciviltasarda.com)
Restando alla decima fatica, i nomi di alcuni personaggi coinvolti mostrano forti legami con l’acqua. Partendo da Gerione, egli è figlio di Crisaore e Calliroe. Il suo pedigree è importante. Crisaore era nato dal corpo decapitato della Medusa, essere acquatico, una delle tre Gorgoni. Da parte sua la madre Calliroe era figlia di Oceano e Teti, la terra. Ciò detto, si stabilisce un particolare legame di Eracle con l’elemento acqueo e il diluvio noetico. Anche Crisaore era figlio di Poseidone e della Gorgone Medusa, e fin da quando era nato dal sangue della madre decapitata, brandiva una spada d’oro. Similmente i cherubini, rappresentazioni della cupola dei cieli, dopo la cacciata dell’uomo, furono posti a custodire l’Eden con la fiammeggiante spada. Il fatto fu replicato con l’uscita di Noè dal vecchio cielo. Da quanto detto si stabilisce un particolare legame di Eracle con l’elemento acqueo e il diluvio noetico.
Dal diluvio a Babele, una corsa di circa duecent’anni
La Spagna era conosciuta anticamente come Tarsis. Tarsis era figlio di Iavan, pronipote di Noè. Nimrod era nella discendenza noetica a pari grado. A partire dalla tavola delle nazioni, capitolo 10 di Genesi, le discendenze di Noè furono le seguenti:
Noè→Iafet→Iavan→Tarsis;
Noè→Sem→Arpacsad→Sela→ Eber→Peleg;
Noè→Cam→Cus→Nimrod;
Genesi 10:25 di Peleg dice che “ai suoi giorni la terra fu divisa”. Ciò significa che le lingue della terra furono confuse, cosa che avvenne alla costruzione della torre di Babele. Questo avvenne presto, forse meno di 200 anni dopo il diluvio avvenuto nel 2370 a.C. I figli di Noè al tempo del diluvio avevano circa 100 anni infatti Genesi 5:32 precisa che Noè aveva 500 anni quando generò Sem, Cam e Iafet. Genesi 7:11 specifica che Noè aveva 600 anni quando ci fu il diluvio. Perciò dopo il diluvio cominciarono presto a nascere i nipoti di Noè.
Infatti Arpacsad nacque due anni dopo il diluvio. (Ge 11:10-11) Dunque Sem aveva 102 anni alla nascita di Arpacsad. Ne potremmo dedurre che fu il secondo figlio. Arpacsad visse 35 anni poi generò Sela. Sela visse 30 anni e generò Eber. Eber visse 34 anni poi generò Peleg. Dal diluvio a Peleg sono 101 anni. Peleg a 30 anni genera Reu. Reu a 32 anni Serug. Serug vive 30 anni e siamo a Nahor. 29 anni dopo siamo a Tera. Dopo 70 anni Abramo. Abramo non è il primogenito ma nasce 60 anni dopo suo fratello, cioè 352 anni dopo il diluvio, due anni dopo la morte di Noè. Quindi la torre di Babele venne fuori almeno 101 anni dopo il diluvio. Le genealogie di Cam e di Iafet non riportano l’indicazione dell’età in cui i padri generarono i figli, ma Nimrod poteva essere un contemporaneo di Peleg.
Tarsis e Tartesso
Tornando a noi, Ercole-Nimrod si reca a Tartesso, in Tarsis, per impadronirsi delle mandrie di Gerione. Costui era un gigante tricefalo, un tipico mostro emerso dal diluvio. Dunque il regno di Gerione dominava su Tartesso, al limite dei confini dell’attuale Mediterraneo, verso le sponde dell’Atlantico. Irritato dai raggi di Elios, che lo facevano sudare troppo, Ercole ebbe l’ardire di scagliargli contro un dardo, scusandosi subito per lo scatto d’ira, ma il dio, invece di adirarsi, ricambiò la cortesia permettendogli di usare il suo vascello dorato per giungere a destinazione. Eliminati cane e guardiano con due ben assestati colpi di clava, Eracle cominciò a razziare il bestiame, ma dovette presto vedersela con Gerione. Lo scontro fu breve e dall’esito scontato: Eracle riuscì a trafiggere tutti e tre i corpi del gigante con un’unica freccia ben scoccata! Imbarcata la mandria sul vascello del sole, Eracle poté prendere la via del ritorno.
Ora, dovendo cercare il senso della spedizione di Ercole in Spagna, potremmo immaginare che ciò si verificasse contemporaneamente ad un avvicendamento di potere sui popoli, le mandrie di Noè. Volendo rintracciare l’origine delle iniziali forme di governo nelle primitive società tribali ci troveremo subito di fronte il grande istituto del totemismo. La prima forma di autorità fu quella del patriarca e il successivo emergere di un potere statale era una emanazione del potere del padre. Se partiamo alla ricerca delle origini del totemismo e delle primitive forme di aggregazione sociale ci troveremo di fronte a due personaggi notevoli: Noè e Nimrod. Il discorso circa l’organizzazione del potere dovette cominciare ad evidenziarsi nella famiglia di Noè quando i figli esautorarono il padre e presero l’iniziativa di stabilire regole diverse da quelle volute dal pater familias. Questi fatti emergono dal racconto della Genesi e dal mito delle fatiche di Ercole.
Motivare il passaggio di potere
In Genesi capitolo 9 si legge di come Noè avendo bevuto finisse per essere ubriaco. I figli lo trovarono nudo nella tenda della moglie e qualcuno finì per usargli violenza, dopo di che Cam si spingeva fino al punto di avere rapporti sessuali con la madre. Cam aveva già altri figli, tra cui anche Cus e da Cus nacque Nimrod. A sua volta, nella mitologia antica, Nimrod, potente cacciatore in opposizione a Geova, è adombrato in una vasta serie di eroi: Ninurta, figlio di Enlil, Ningirsu, Marduk, Nergal, il dio della peste, Ba’al, Melqart, Pabilsag, il toro selvaggio dalla coscia striata, Heracles, Tammuz, Gilgamesh, Enmer il cacciatore, Asar, figlio di Enki, Ashur e via discorrendo fino a Menelao nell’Iliade e a Diana Nemarensis, la cacciatrice del bosco di Nemi. Curiosamente, Nimrod e la Diana Nemarensis condividono un’identica radice: N-M-R.
Uno storico greco, Evemero di Messina, racconta di un viaggio esplorativo nell’Oceano Indiano, da lui compiuto nel 306 a.C. per ordine di Cassandro, re di Macedonia. La nave di Evemero, spinta fuori rotta da una tempesta, aveva attraccato fortuitamente nel porto di un’isola chiamata Pancaia. Nella lussureggiante capitale dell’isola, Panara, sorgeva un antichissimo tempio, posto alle pendici di un monte, l’Olimpo. Il tempio era dedicato a Zeus Trifilio, “delle tre tribù”, dal numero delle etnie primitive che vivevano sull’isola. In seguito alle scoperte fatte durante il viaggio, lo storico avrebbe maturato la teoria che da lui aveva preso il nome di “evemerismo”: gli dei del pantheon greco erano stati semplicemente re o uomini che – nel bene o nel male – avevano meritato che le generazioni a venire ricordassero le loro gesta e ne venerassero la memoria, fino a divinizzarli. Il mito, gli dei e la sublimazione degli eroi – Mediterranea (mediterraneaonline.eu)
Trovare nel mito spiegazioni di tipo storico
In seguito gli apologisti cristiani si servirono ampiamente dell’evemerismo per dimostrare l’inconsistenza del paganesimo. Tuttavia l’evemerismo aveva in molti casi un fondo di verità. Le vicende di Noè e dei suoi discendenti dovettero lasciare abbondanti tracce di certe loro vicende. Può darsi che nel mito la figura di Noè finisse talvolta per confondersi con Adamo e perfino con Nimrod. Nella mitologia greca certi fatti degli albori della nostra storia si leggono in trasparenza. Che fatti di grande portata dovettero succedere ai primordi si capisce dalla testimonianza di Genesi. Dopo la narrazione, per quanto mascherata, di un qualche fatto increscioso narrato in Genesi 9 si arriva al capitolo 11 direttamente alla fondazione di città per opera di Nimrod e alla costruzione della torre di Babele. Evidentemente Noè, che era ancora vivente, era già stato esautorato. Dopo il diluvio visse ancora 350 anni.
Cerchiamo di capire cosa poteva essere successo. Il tema scottante dovettero essere i matrimoni. Probabilmente Noè intendeva limitare le unioni dei propri discendenti all’interno della cerchia familiare. Ma figli e nipoti intendevano regolarsi in altro modo. Nimrod prese la direttiva e diede il via ad una diversa disposizione. All’interno della discendenza semita continuò a prevalere l’abitudine di combinare i matrimoni all’interno della famiglia. Si pensi, per esempio, al matrimonio di Abramo con Sara, che era sua sorella, al matrimonio di Isacco e di Giacobbe con le figlie di Betuel e Labano, loro parenti. La stessa regola però non prevalse nella discendenza di Cam e di Iafet. Il tabù dell’incesto divenne esplosivo. Venne alla luce il sistema del totemismo, che doveva esistere già prima del diluvio . Si trattava di una pratica religiosa tribale basata su un oggetto di aggregazione dal forte valore simbolico, per lo più un animale.
Il rapimento di Elena e la guerra di Troia
Che il vero problema delle origini fosse il tabù dell’incesto il mito ancora una volta lo segnala. È Paride che rapisce Elena per portarla da Sparta sulle sponde della Troade creando i presupposti per la guerra di Troia. Endogamia ed esogamia rappresentano le principali regole matrimoniali presenti nelle società primitive. Per endogamia si intende l’obbligo di sposarsi all’interno della propria tribù, per esogamia si intende l’obbligo di sposarsi al di fuori del proprio clan. La guerra di Troia segnala probabilmente la lotta tra i Noachidi, Nimrod e le popolazioni autoctone, con finale vittoria degli achei. La maggior parte degli eroi che presero parte alla guerra di Troia discendeva da dei e dee dell’Olimpo. Achille, il superman del mito ellenico, era figlio di Teti, dea del mare; Ulisse doveva la sua astuzia al fatto di discendere direttamente daErmes.
Il furto della sposa è una consolidata tradizione presente ancora oggi in diversi luoghi. In alcune zone i giovani invitati alle nozze compivano nel giorno stesso del matrimonio dell’amico un rituale che affonda le sue radici nella notte dei tempi. Durante la festa la sposa veniva rapita. I rapitori, gli amici dello sposo, approfittavano di un momento di distrazione portando la sposa in un’altra locanda. Una volta scoperti venivano processati e come pena pagavano da bere. Il ratto della sposa in mitologia è un motivo ricorrente. Lo stesso concetto di Europa nasceva da un rapimento. Zeus trasformato in Toro portava la bella rapita in un nuovo continente e dava alle nuove terre il nome della fanciulla. I miti dell’antichità sono pieni di rapimenti aventi oggetto delle donne, vale a dire Persefone, Elena, Medea o le antiche sabine rapite dai romani, donne all’origine di rivalità mai completamente sanate.
Conclusioni
Questa lunga esposizione di fatti ci permette di schematizzare con sempre maggior chiarezza quella che dovette essere la vera origine del totemismo. Si trattava di regolare in maniera coercitiva e stringente la questione dei matrimoni tra i nuovi arrivati e la vecchia guardia degli indigeni da tempo immemorabile stabiliti in terra di Canaan. La posizione dei discendenti di Sem fece eccezione. Essi preferirono sempre sposarsi all’interno della medesima famiglia.
Si pensi ad esempio al ratto di Dina. Dina figlia di Giacobbe è violentata in occasione di una festa di campagna. Sichem ne è innamorato e la vorrebbe sposare. I fratelli della ragazza sono però assolutamente contrari a qualsiasi compromesso e organizzano una strage. I figli di Giacobbe uccidono tutti i maschi della casa di Hemor, padre di Sichem, e devastano le case. La regola del matrimonio all’interno della propria tribù rimase una regola in tutta la storia d’Israele, questo perché le terre ereditarie non si dovevano disperdere fuori dai confini della tribù di origine.

Purtroppo il turpe peccato iniziale di Eva con Satana ha totalmente traviato la libera purezza dell’Amore, trasformandolo in un dovere prolifico e relegandolo nella gabbia dei regolamenti mentali dettati dai disastri posteriori ad Eden, e quindi dagl’interessi materiali delle famiglie, insomma, rimbalzi d’interferenze familiari e patrimoniali che nulla hanno di divino e originale, essendo solo leggi del branco.
Qualcuno scrisse che Lot fu “aurorizzato” da Dio a farsi ubriacare e possedere dalle figlie per una questione di progenie, il che conferma che la replica della carne è il solo obiettivo postedenico dell’iddio di questo mondo, l’Amore è di fatto estinto.
E cosa c’è di divino nella non spontaneità? Nell’ipocrisia della contraddizione legale?
Qualcosa non quadra dal peccato di Eva, da cui nacque Caino, ma il diavolo è capo dei poteri umani, quindi detta tutte le sue regole attraverso le false religioni, coperto dai sacerdoti o altri “santoni” improvvisati.
Una lotta mortale tra il cuore e le menti, e i risultati si vedono dal principio alla fine, essendo stato sostituito l’Amore con la legge ecco miliardi di divorzi, aborti o famiglie dilaniate dai conflitti interni e corrose dal veleno di doveri contro natura.
Che dire del re Davide? Pentito, si, ma il danno non fu certo riparato; la legge ebraica consentiva la poligamia, ma non l’infedeltà. Deliri lobotomici di creature completamente deragliate, che seguono le convenienze della materialità degenerata, condannando però alcune sfumature di comportamento non idoee alla società.
Beato chi Vive oltre quelle sbarre mortali, guai adeguarsi al mondo del diavolo e fare prigionieri del Male anche i discendenti, il perdono della Maddalena dimostra che i sinedri sono imposture sataniche gestite dai figli del diavolo, ambigui e parziali, che si condannano con il loro stesso giudizio di comodo. Il mondo non cambia, non può cambiare, perchè si fonda su un errore iniziale, quindi nessuna meraviglia.
Ma i sani non si fanno incantare da costoro.