
Nell’Iliade, Aiace, in preda a strane allucinazioni, fa strage del bestiame dei Greci, credendo di uccidere Agamennone e Menelao responsabili, a suo modo di vedere, di un ingiusto verdetto nei suoi confronti. Infine mette in ceppi e frusta un montone, scambiandolo per Ulisse, il suo odiato rivale. Licurgo re degli Edoni, per essersi opposto all’introduzione del culto di Dioniso nella Tracia che lui governava, fu punito in modo esemplare dalla divinità: il re, preso da follia, inconsciamente si recide i piedi, oppure uccide selvaggiamente a colpi di scure la moglie e il giovane figlio Driante.
Comunque, ciò che Licurgo violentemente abbatte, sia una parte del suo stesso corpo o un suo familiare, è scambiato ai suoi occhi per un groviglio di serpenti, edera e tralci di vite, simboli per eccellenza del dio che si sta vendicando. Licurgo batte il proprio figlio Driante ritenendolo un tralcio di vite, finisce per tagliarne a pezzi il corpo con la scure e solo dopo aver compiuto l’efferato delitto, rinsavisce. Per descrivere l’azione compiuta da Dioniso ai danni del re l’autore utilizza il verbo ἐμποιέω, che allude propriamente all’insinuare, all’infondere qualcosa in qualcuno, nel nostro caso la paranoia nell’inconsapevole Licurgo.
Il mio nome è legione
Nel vangelo di Marco a proposito di Gesù si legge: “E immediatamente dopo che fu sceso dalla barca, un uomo sotto il potere di uno spirito impuro gli andò incontro dalle tombe commemorative. Egli aveva la sua dimora fra le tombe; e fino ad allora assolutamente nessuno l’aveva potuto legare nemmeno con una catena, perché era stato spesso legato con ceppi e catene, ma le catene erano state da lui rotte e i ceppi erano stati realmente fatti a pezzi; e nessuno aveva la forza di soggiogarlo. E di continuo, notte e giorno, stava nelle tombe e sui monti, gridando e lacerandosi con pietre. Ma, scorto di lontano Gesù, corse a rendergli omaggio, e, dopo aver gridato ad alta voce, disse: “Che ho a che fare con te, Gesù, Figlio dell’Iddio Altissimo? Ti pongo sotto giuramento per Iddio di non tormentarmi”. Poiché gli aveva detto: “Esci dall’uomo, spirito impuro”.
E gli chiedeva: “Qual è il tuo nome?” Ed egli gli disse: “Il mio nome è Legione, perché siamo molti”. E lo supplicò molte volte di non mandare gli spiriti fuori del paese. Ora c’era là, presso il monte, una grande mandria di porci che pascolavano. E lo supplicarono, dicendo: “Mandaci nei porci, affinché entriamo in essi”. Ed egli lo permise loro. Allora gli spiriti impuri uscirono ed entrarono nei porci; e la mandria si lanciò dal precipizio nel mare, circa duemila d’essi, e annegarono l’uno dopo l’altro nel mare. Ma i loro mandriani fuggirono e lo riferirono nella città e nelle campagne; e la gente venne a vedere che cosa era accaduto. E venuti da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e in sé, questi che aveva avuto la legione; ed ebbero timore. “(Mr 5:2-15).
L’indemoniato e i porci, una storia controversa
La storia fu interpretata da Agostino d’Ippona e Tommaso d’Aquino nel senso che i cristiani non avrebbero doveri verso gli animali. Questo passo biblico divenne nel tempo un punto di contesa nelle discussioni su cristianesimo e diritti degli animali. Dalle Scritture emerge il fatto di dover esercitare con rispetto la supremazia conferita su quel regno. Tuttavia Agostino conclude il suo ragionamento dicendo che Gesù permettendo la distruzione di quei porci mostra che non ci sono pari diritti tra uomini e animali. Il nome che sta a indicare la molteplicità degli spiriti maligni impossessatisi dell’indemoniato è Legione, nome che da taluni è stato messo in relazione alla dominazione romana subita in Palestina in quel periodo. Sarebbe un modo per indicare la fine futura della dominazione romana, associata tradizionalmente alla cosa disgustante di Da 9:27 di cui si allude in Mt 24:15.
La storia sembra essere ambientata sulle rive del mar di Galilea, ma le città indicate sono abbastanza lontane dal mare. Gadara si trova a 10 km e Gerasa a circa 50 km. Alcuni dettagli differiscono nei resoconti fatti dai tre evangelisti, Marco 5, Matteo 8, Luca 8. In Matteo l’esorcizzato non è uno solo ma sono due. Ci sarebbe inoltre un’eco da Isaia 65:2-4 di modo che l’episodio parrebbe assumere un tono di parabola allegorica circa la purificazione dell’Israele spirituale nella figura dei due testimoni di Ri 11. Non era questo il metodo di insegnamento del Cristo: insegnare per illustrazioni? Luca 8:27 dice che “per un tempo considerevole egli non aveva indossato vestiti”. Ora l’essere adeguatamente vestiti è un requisito richiesto in generale a tutti i cristiani e ai membri della “sposa” a maggior ragione. Dunque il racconto presenta il tono un pochino indeterminato, e non solo geograficamente, tipico delle parabole.
Il contesto in cui si definisce il racconto
Cercheremo di identificare il tempo in cui si inserisce il racconto. Gesù aveva in un primo momento fornito diverse illustrazioni: la parabola del seminatore, l’immagine della lampada che non si deve mettere sotto il letto, l’uomo che getta il seme e di notte dorme, il granello di senape. “E con molte illustrazioni dichiarava loro la parola, secondo quello che erano in grado di ascoltare. Senza illustrazioni non parlava loro.” Venuta poi la sera disse: ‘Passiamo all’altra riva.’ Mentre lui dormiva si sollevò una tempesta, i discepoli lo svegliarono e lui rimproverò il vento e fece tacere il mare. E’ a questo punto che giungono al paese dei geraseni e un uomo sotto il potere di uno spirito impuro gli viene incontro.
Che cosa è successo nel frattempo? Probabilmente son passati secoli di storia. Mentre Gesù dormiva, gradualmente il tempo incalza fino ai nostri giorni. E a questo punto Gesù incontra l’uomo contemporaneo inguaiato fino al collo. L’indemoniato aveva la sua dimora fra le tombe, era insolitamente fiero, gridava notte e giorno lacerandosi con pietre. Questi siamo noi. Si pensi poi alla psicosi collettiva riguardante la pseudo-pandemia e alla marchiatura in massa di un enorme numero di uomini per mezzo della terapia genica Rna. Non è diventato questa una trappola, un precipizio in cui si sono infilati in massa i nostri contemporanei? (Mr 4:1-41)
Allucinazioni
Nella Bibbia molti sono i casi di possedimento demonico. Ora noi non sappiamo se l’ecatombe dei porci in Marco 5 accada nella realtà o sia una parabola o ancora il frutto di percezioni deliranti in cui più persone avvertono come reali immagini allucinatorie. Le allucinazioni sono percezioni a cui non corrisponde nessun oggetto reale. Provengono dal di dentro sebbene il soggetto le viva come se fossero vere sensazioni che provengono dal di fuori. Queste si presentano con i caratteri fisici della realtà. Si tratta di situazioni complesse in cui si percepiscono voci, suoni, visioni, sensazioni tattili, corporee, sapori, odori ben distinti. Si tratta di sensazioni intense che possono protrarsi per periodi di tempo relativamente lunghi. Sono immagini vivide, tridimensionali, dotate di movimento e di ombra. Nella schizofrenia allucinazioni multimodali, che coinvolgono contemporaneamente percezioni a più livelli sensoriali, sono piuttosto comuni e in una certa percentuale presentano un contenuto religioso.
Folie à deux, anche detta psicosi condivisa, è un’altra sindrome in cui le allucinazioni sono trasmesse da un individuo ad un altro. Lo stesso sintomo può coinvolgere più persone anche a livello familiare. Si parla allora di disturbo psicotico condiviso, folie à deux, à trois, folie à famille, folie à plusieurs, folie imposée, folie simultanée, folie induite, folie communiquée. Queste sindromi, per quanto rare, sono più comuni quando due o più individui vivono insieme ma isolati, hanno poca interazione sociale con altre persone. Si può arrivare perfino ad un’isteria di massa quando i sintomi si diffondono rapidamente tra i membri di un gruppo senza che si manifestino vere cause organiche. Si tratta di una follia con la quale l’individuo entra in una dimensione che non sceglie; l’allucinazione ha la capacità di sembrare, come si è detto, una percezione reale e non è sotto il diretto e volontario controllo del soggetto.
Il diluvio come percepito da Noè e dai suoi familiari
Che Noè con il diluvio fosse trasferito in un bacino cosmico diverso da quello di partenza sembrerebbe confermato dalle parole del Salmo 18. Qui le afflizioni subite da Davide sono paragonate a spaventose acque simili a quelle del diluvio. Ciò che fa riflettere è la descrizione di un cataclisma in cui la terra incomincia a scuotersi e a sobbalzare e le fondamenta dei monti si agitano, in cui Dio stesso si muove cavalcando un cherubino, manda frecce, scaglia lampi. C’è inoltre un versetto molto particolare che legge: Mandava dall’alto, mi prendeva, Mi traeva dalle grandi acque. (Sl 18:16) Queste parole fanno pensare al fatto che Noè attraversasse l’oceano celeste, le acque di sopra. Penso che sarebbe difficile non collegare le parole del Salmo 18 al diluvio universale. Ma se Noè doveva spostarsi in un’altra terra come sbarazzarsi dell’arca e degli animali?
Ora la famiglia di Noè, dopo essere entrata nell’arca potè vivere l’esperienza del passaggio alla nuova terra come un fenomeno allucinatorio. Essi erano consci di essere nell’arca e di avere con sé tutti gli animali della terra, avevano la sensazione di muoversi nell’arca e di sentire i loro versi, i loro odori, mentre in realtà vivevano una situazione strettamente onirica. Dio nel frattempo li trasferiva in una terra diversa. Egli solo era il vero regista della loro salvezza. Era lui che aveva condotto loro sotto forma di immagini allucinatorie le coppie dei vari animali, facendo in modo che quella famiglia immaginasse di averli alloggiati nelle varie celle dell’arca. Era lui che li teneva al sicuro mentre tutti gli uomini empi del vecchio mondo morivano annegati nelle acque del diluvio. Proprio come i porci precipitati nelle acque del mar di Galilea.

I duemila porci sono cresciuti fino alla fine, i due giorni di Dio sono quasi trascorsi dal principio del Regno, ma anzichè nel mare andranno nella Geenna, così staranno al caldo eternamente, togliendo l’incomodo.
Brava, il mondo stesso è un’illusione che finisce al risveglio nel Mondo definitivo, attraverso un viaggio che dura un istante, ma sei pronta a salire sull’arca del cielo?