
Fu Adamo ad attribuire un nome alle bestie, quando Eva non era ancora con lui. Alcuni credono che le parole che Adamo rinveniva per nominare gli animali gli giungessero sotto ispirazione. Genesi 2:18-20 legge: “E Geova Dio proseguì, dicendo: “Non è bene che l’uomo stia solo. Gli farò un aiuto, come suo complemento”. Ora Geova Dio formava dal suolo ogni bestia selvaggia del campo e ogni creatura volatile dei cieli, e le conduceva all’uomo per vedere come avrebbe chiamato ciascuna; e in qualunque modo l’uomo la chiamasse — ciascun’anima vivente — quello era il suo nome. L’uomo dava dunque i nomi a tutti gli animali domestici e alle creature volatili dei cieli e a ogni bestia selvaggia del campo, ma per l’uomo non si trovava un aiuto come suo complemento.” Qui, su queste parole, i commentatori si sono sbizzarriti a causa di un certo malinteso.
A leggere il passo letteralmente sembrerebbe che gli animali venissero creati dopo l’uomo, il che non è, dato che Genesi 1:24-25 dice che prima Dio creò animali domestici e bestie selvagge, e soltanto dopo “fece l’uomo a sua immagine”. (Ge 1:26-28) Il bagaglio di conoscenze che Adamo possedeva in quel frangente era limitato e non frutto di elaborazione personale. Egli interiorizzava solo ciò che Dio gli diceva. In Eden, per replicare alla domanda di Dio “Dove sei?” Adamo dà una risposta strana: “Ero nudo e perciò mi sono nascosto.” Allora Dio gli chiede: “Chi ti ha fatto sapere che eri nudo?” Anche questa domanda potrebbe suonare strampalata. Adamo aveva bisogno che qualcuno gli aprisse gli occhi sulla questione della sua nudità? A quanto pare, se un essere superiore non gli spiegava tutto per bene, l’uomo non era in grado di conoscere le più semplici nozioni. Allora la mente era bicamerale.
L’idolo del vitello d’oro
Ritorniamo sulla frase citata: “Ora Geova Dio formava dal suolo ogni bestia selvaggia del campo…” Delitzsch, (1813-1890), professore ed ebraista tedesco, con una interpretazione non cronologica del passo, sintetizza dicendo che Dio conduceva all’uomo le bestie che aveva formato. Si verifica in questa occasione qualcosa di simile alla circostanza in cui gli animali si presentavano spontaneamente a Noè per entrare nell’arca. (Ge 7:8-9) Il verbo ebraico usato in Genesi per “formava” è יָצַר (yatsar) che ricorre non solo in Genesi 2:7, 8, 19 ma anche in Esodo 32:4 dove si legge: “Quindi prese [l’oro] dalle loro mani, e diede a esso forma con un arnese per scolpire e ne faceva la statua di metallo fuso di un vitello.” È la descrizione di una brutta faccenda che si svolge nel momento in cui Mosè scendeva dal Sinai dopo aver ricevuto le tavole della legge.
Tradurre Esodo 32:4 come reso dalla TNM e da diverse altre versioni non sembrerebbe corretto. In un commentario, Ellicott’s Commentary for English Readers, si legge: “And he received them at their hand, and fashioned it with a graving tool. Rather, and he received it (i.e., the gold) at their hand, and bound it in a bag. So Gesenius, Rosenmüller, Fürst, Knobel, Kurtz, Maurer, Seröder, Cook, &c. “Fashioned it with a graving tool” is a possible rendering of the Hebrew words, but will not suit here, since the next clause tells us that the image was a molten one, and if it had been intended to say that the image was first molten and then finished with a graving tool, the order of the two clauses would have been inverted. A similar phrase to that here used has the sense of “bound in a bag” in 2Kings 5:23.”
La necessità di tradurre in maniera differente
Ellicott in sostanza spiega che il passo andrebbe tradotto: “Ed egli ricevette l’oro dalle loro mani e lo mise in una borsa.” Su questo genere di resa sarebbero concordi tutta una serie di esegeti del calibro di Gesenius, Rosenmüller, Fürst, Knobel, Kurtz, Maurer, Seröder, Cook,… La traduzione proposta dalla TNM non sarebbe buona perché si trattava di una statua di metallo, perciò l’immagine era prima fusa e poi eventualmente rifinita con una punta di metallo, uno stilo come quello usato da Isaia in 8:1. Quindi l’ordine delle due frasi dovrebbe essere invertito. Ellicott rinviene una frase simile in 2Re 5:23 quando Naaman prende due talenti d’argento e due mute di vesti e li lega nei sacchi. Qui i verbi sono affini al modo/tempo congiuntivo imperfetto che ricorre in entrambi i passi: formare, yatsar יָצַר , way-yā-ṣar, וַיָּ֤צַר; legare, tsarar צָרַר, way-yā-ṣar וַיָּצַר֩.
I significati del verbo ebraico yatsar יָצַר
Drusius, (1550-1616), teologo e orientalista belga, autore di numerose opere di esegesi biblica e di grammatica ebraica, traduce il verbo “formava” della frase “ed egli formava dal suolo…” con il latino “finxerat”. (Jill’s Exposition of the Entire Bible) Il latino “fingo” ha vari significati tra cui formare, plasmare fare, scolpire, rappresentare, figurare, inventare, immaginare, sognare, escogitare, supporre, meditare, fingere, simulare, falsare, significati che per lo più corrispondono a quelli espressi dall’ebraico yatsar. Per esempio nel Salmo 94:20 il verbo yatsar è tradotto nelle varie lingue con significato di progettare o meditare, in quanto processi mentali. La Vulgata latina rende il verbo yatsar del Salmo 94:20 con “fingere”: Numquid sociabitur tibi sedes iniquitatis, quae fingit molestiam contra praeceptum? Lo stesso verbo yatsar significa anche creare e fare oggetti di terracotta.
Perciò di lì derivano i termini creatore e vasaio. Infatti yatsar è usato nel caso di un uomo che forma: 1) un vaso dall’argilla come in Isaia 29:16; oppure, 2) un idolo in legno o immagini scolpite come in Isaia 44:9. Tornando un’altra volta a Genesi 2:19, come possiamo figurarci la situazione? La maggior parte delle mitologie non ritengono l’uomo inventore della lingua, ma credono in una lingua divina, antecedente a quelle umane. Sappiamo che nel mito c’è sempre un certo fondo di verità. Platone in Cratilo scrive che a lui pareva che quella natura che dava il nome alle cose era superiore all’umano, che quella non era stata l’opera vana di uno sciocco, ma che i primi nomi erano stati suggeriti dagli dei. Similmente Cicerone nelle “Conversazioni a Tuscolo” si chiedeva meravigliato chi era stato il primo a dare i nomi a tutte le cose.
L’immaginario di Adamo
Ebrei 11:3 legge: “Per fede comprendiamo che i sistemi di cose furono posti in ordine dalla parola di Dio, per cui ciò che si vede è sorto da cose che non appaiono.” Anche Platone affermava questo stesso pensiero, che il sensibile, ciò che è materiale deriva dallo spirituale. Quando Genesi 2:19 dichiara che Dio formava dal suolo gli animali e li conduceva all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati, lì ad Adamo viene presentato un modello di idee, nella sua mente si formano immagini e intuizioni modellate su quelle divine. Non si trattava semplicemente di condurre all’uomo l’animale come entità fenomenica, ma come realtà concettuale. Come per Platone, qui le idee sono realtà spirituali che trascendono il mondo fenomenico. A quel punto “L’uomo dava dunque i nomi a tutti gli animali domestici e alle creature volatili dei cieli e a ogni bestia selvaggia del campo.”
Ciò che lo scrittore ci descrive è la formazione della mente, l’intuizione dell’idea, la percezione di un suono legato all’idea, idea astratta, non fenomenica, assoluta. Si trattava di comprendere, intuire i concetti, le idee che stanno dietro alle cose. Era un esercizio mentale, non fisico. Lo stesso accadeva a Noè quando Dio faceva venire a lui gli animali per accomodarli nell’arca. Era una consapevolezza metafisica. Il mondo sensibile è insufficiente per comprendere la natura profonda della realtà dell’universo. Quelle idee non erano la semplice produzione della mente di Adamo, ma erano insegnamento divino. Il pensiero e il linguaggio si costruivano gradualmente nella mente dell’uomo. Mentre tutto questo processo evolutivo si svolgeva nella psiche e nel corpo di Adamo, con la caduta l’intero organismo psicosomatico umano subì una specie di blocco, fu imprigionato entro le caratteristiche irrazionali degli animali inferiori.
La mente umana intrappolata nel modello magico satanico
Il modello pedagogico divino era un procedimento di natura intuitiva. Dio avrebbe messo nella mente dell’uomo un bagaglio di conoscenze di base solido, assoluto, non relativistico, un bagaglio di verità inciso nell’animo, come scritto con stilo di copista. Anche nel caso della formazione dell’idolo di metallo fuso da Aronne, non si trattò semplicemente della costruzione fisica di una statua ma di una proiezione mentale, di un’idea profondamente introiettata nella mente di tutto il popolo raccolto in quella festa. Erano parole scritte nella mente. Wilhelm Wundt, padre fondatore della psicologia sperimentale, in Psicologia dei Popoli, scrive: “Non dobbiamo dimenticare che per l’uomo primitivo l’immagine di una cosa equivale sempre alla cosa stessa.” Per il primitivo “l’anima di un uomo sta nella sua immagine, tanto che egli è preso da spavento se un pittore disegna la sua immagine e se la tiene.”
Dopo la disubbidienza non c’era più molto da fare. L’irreparabile ormai era successo. Non si poteva tornare indietro. Da quel momento le proprietà della natura psichica umana furono condizionate attraverso modelli di pensiero demonico. Gli uomini interiorizzarono credenze magiche e demoniache. Quelle degli uomini primitivi divennero in breve idee magiche e demoniache. In principio furono soprattutto i fenomeni celesti a colpire il pensiero dell’uomo e a dettare le basi di un originale primitivo monoteismo. Vari studiosi tendono a credere che la prima forma di adorazione fu monoteista. Nonostante le varie proposte accademiche che considerano il monoteismo come una tarda evoluzione da idee religiose politeiste, l’idea di un primitivo monoteismo sembra essere accettata da studiosi come Andrew Lang in The Making of Religion (London, Longmans, Green, and Co.,1898) e da Wilhelm Schmidt in Der Ursprung der Gottesidee: eine historish-kritische und positive Studie (12 Vols; Munster: Aschendorff, 1912-1955)
Si veda anche
