
Ruàch, lo spirito, torna al Dio: cosa potrà mai significare? Ecclesiaste 12:7 legge: “La polvere torna alla terra proprio come era e lo spirito stesso torna al Dio che l’ha dato.” Il termine spirito italiano traduce l’ebraico ruàch e di solito è inteso come “alito, spirito vitale”. Tante volte mi sono chiesta perché l’energia vitale di un uomo dovesse tornare al vero Dio e non semplicemente dissolversi nell’energia vitale del creato che ci circonda. (Cfr. Isa 40:26) Mi viene da credere che qui il termine ruàch o spirito significhi qualcos’altro, non semplicemente alito di vita. Comincerei a ragionare collegandomi con quanto Gesù diceva in Matteo 18:10: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.”
Che un uomo goda dell’assistenza di un’entità spirituale la Scrittura lo mostra da più parti. Per esempio Atti 12:13-15 racconta di come Pietro, liberato miracolosamente dal carcere, andasse alla casa di Giovanni Marco dove alcuni discepoli si erano radunati. “Avendo egli bussato alla porta d’ingresso, una serva di nome Roda venne a sentire chi era, e, riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprì la porta, ma corse dentro e riferì che Pietro stava davanti all’ingresso. Essi le dissero: “Tu sei pazza”. Ma essa continuava ad affermare vigorosamente che era così. Essi dicevano: “È il suo angelo”.” Cosa intendevano dire? Me lo posso spiegare nel senso che l’angelo, avendo il dono della bilocazione, poteva materializzare un’immagine di Pietro in un luogo diverso da quello dove lui stava realmente. Succedeva anche a Napoleone che, a quanto pare, era visto dare ordini ai soldati contemporaneamente su più luoghi di battaglia.
Ubiquità ovvero onnipresenza
L’ubiquità è sempre stata prerogativa primordiale della Divinità. Geova ha un luogo di dimora e il trono nei cieli. (1Re 8:49, Isa 66:1, Mt 6:9, Gv 16:28, Ebrei 9:24) Tuttavia egli può essere presente ovunque voglia. L’ubiquità (dal latino medievale ubiquitas -atis der. del lat. ubīque «in ogni luogo») sarebbe la capacità di trovarsi in ogni luogo nello stesso momento. Dio, in quanto scienza che tutto conosce, potenza che crea e regge tutti gli esseri, sostanza che è presente ovunque senza risolversi in alcun essere particolare, è consapevole di tutto, vede tutto, sente tutto, può agire dovunque. La filosofia medievale utilizzava questa proprietà per spiegare la capacità di Dio di essere presente contemporaneamente in ogni posto del suo creato. Che Dio possegga l’onnipresenza, ovvero la capacità di trovarsi in molti o in tutti i luoghi in un dato momento è mostrato in vari luoghi nelle Scritture.
Salmo 119:90b recita: “Hai solidamente fissato la terra, affinché continui a sussistere.” Lo stesso Salmo al versetto 73a legge: “Le tue proprie mani mi hanno fatto, e mi fissavano solidamente.” Dato che un embrione si fissa nell’utero della madre, dov’è fissata la terra? Deut 33:27a lascia intendere la risposta: “Dio è un rifugio dai tempi antichi, le sue braccia eterne sono sotto di te.” Il Salmo 90:1 aggiunge: “O Geova, tu sei stato la nostra dimora di generazione in generazione.” Anche Ri 21:3 conferma lo stesso concetto, cioè che Dio starà su tutta la terra. Vi si legge: “Ecco, la tenda di Dio è con gli uomini; egli dimorerà con loro ed essi saranno il suo popolo. Dio stesso sarà con loro.” Dobbiamo pensare che la terra è fissata in Dio, che le sue braccia eterne la sostengono, e che sulla nuova terra avvenire Dio sarà con tutti, ovunque.
L’ubiquità del Cristo e degli angeli
Gesù disse: “Io sono con voi tutti i giorni, fino al termine del sistema di cose.” Come potrebbe il Cristo stare in cielo con suo Padre e in terra con ciascuno di noi individualmente se non avesse il dono dell’ubiquità? Egli disse: “Ecco, sto alla porta e busso. Se uno sente la mia voce e apre la porta, entrerò in casa sua e cenerò con lui, e lui con me.” (Ri 3:20) Come potrebbe questo accadere se egli si limitasse a stare in cielo alla destra del Padre? Non dovremmo forse credere che anche gli angeli possano usufruire di simili facoltà? Gesù disse che gli angeli posti al sevizio dei suoi piccoli vedono sempre la faccia del Padre che è nei cieli.(Mt 18:10) Dunque gli angeli sono in cielo, ma anche in terra. Hanno quantomeno il dono della bilocazione.
Anche a Napoleone si attribuisce questa prerogativa di sdoppiamento alla quale si dovrebbero le sue più strepitose vittorie, potendo egli trovarsi contemporaneamente su un campo di battaglia in parecchi punti diversi, là dove necessitava maggiormente la sua presenza. Noti al riguardo sono gli sdoppiamenti di famosi medium come quelli di Eusapia Palladino. Ovviamente qui si entra nel vasto fenomeno spiritico. Le voci che attribuivano a Napoleone un vivo interesse per l’esoterismo sono del resto simili a quelle che nel Novecento riguardavano Adolf Hitler. L’Oracolo Nuovissimo ossia il Libro dei destini era un libro oracolare che l’imperatore avrebbe consultato per oltre un decennio, allo scopo di farsi consigliare strategie e tattiche politiche. Interrogandolo rispetto agli avvenimenti della sua vita egli si stupiva che le risposte date corrispondessero esattamente alla sua esperienza. Lo spirito che gli rispondeva era al corrente di tutto il suo passato nei minimi dettagli.
Che degli angeli assistano gli uomini sembra quindi incontestabile. Nelle Scritture ebraiche la parola angelo viene resa con due termini diversi: malach e ruach. Quando l’angelo svolgeva la sua funzione di messaggero era in grado di materializzare un corpo. Questo accadde per esempio quando si presentarono ad Abramo, Agar, Giacobbe, Mosè e altri. Tuttavia nella Bibbia si parla spesso di angeli come spiriti disincarnati, invisibili. Facciamo degli esempi. In Salmo 104:4 si legge che Dio “fa dei suoi angeli spiriti, dei suoi ministri un fuoco divoratore.” Il Salmo qui usa il termine malach per angelo e ruach per spirito. È evidente quindi che i due termini si corrispondono. Paolo cita lo stesso Salmo in Ebrei 1:7 usando i termini aggelos e pneumata. L’originale greco rende Ebrei 1:7 “ὁ ποιῶν τοὺς ἀγγέλους αὐτοῦ πνεύματα, καὶ τοὺς λειτουργοὺς αὐτοῦ πῦρ φλέγον”.
Questa è l’esatta replica di quanto espresso nella LXX. Gli angeli sono ruach, cioè spiriti. Uno dei falsi confortatori di Giobbe, in Gb 4:12-16 introduce un inquietante angelo demonico, un ruach. Vi si legge: “A me fu recata, furtiva, una parola e il mio orecchio ne percepì il lieve sussurro. Nei fantasmi, tra visioni notturne, quando grava sugli uomini il sonno, terrore mi prese e spavento…; uno spirito (ruach) mi passò sulla faccia, e il pelo si drizzò sulla mia carne… Stava là ritto uno, di cui non riconobbi l’aspetto, un fantasma stava davanti ai miei occhi… Un sussurro…, e una voce mi si fece sentire.” La Vulgata traduce: “cum spiritus, me praesente, transiret, inhorruerunt pili carnis meae. Stetit quidam, cujus non agnoscebam vultum, imago coram oculis meis, et vocem quasi aurae lenis audivi”. La traduzione del Re Giacomo rende: “a spirit passed before my face”.
Uno spirito ingannevole
In 1Re 22:19-23, il profeta Micaia racconta il contenuto di certi discorsi uditi durante un’assemblea celeste. Egli dice: “Ho visto Geova seduto sul suo trono e tutto l’esercito dei cieli presso di lui, alla sua destra e alla sua sinistra. E Geova ha detto: ‘Chi ingannerà Àcab perché salga a Ramòt-Gàlaad e là muoia?’ E c’era chi diceva una cosa e chi un’altra. Poi si è fatto avanti uno spirito che si è presentato davanti a Geova e ha detto: ‘Lo ingannerò io’. Geova gli ha chiesto: ‘Come?’ Lui ha risposto: ‘Andrò e diventerò uno spirito ingannevole nella bocca di tutti i suoi profeti’. Così Egli ha detto: ‘Lo ingannerai; di sicuro ci riuscirai. Va’ e fa’ così’. E ora Geova ha messo uno spirito ingannevole nella bocca di tutti questi tuoi profeti, ma Geova stesso ha dichiarato che tu subirai la calamità”.
Nel passo citato la parola ebraica per spirito è, non a caso, ruach, visto che in cielo gli spiriti non sempre svolgono uno specifico ruolo di messaggeri. Nella serie di esempi citati risulta evidente come il termine ruach possa indicare uno spirito, un essere celeste. Dunque nel versetto di Ecclesiaste 12:7 che stiamo indagando cosa indica ruach di preciso? A me sembra che il vero significato non possa indicare altro che lo spirito che accompagna un uomo durante la sua vita. Questa interpretazione dà adito a conseguenze, cioè porta alla ribalta il tema della reincarnazione. Ciò però non sembra coinvolgere l’essere umano quanto piuttosto lo spirito che in esso dimora. Allora la domanda sorge spontanea: la Bibbia tratta di questo fenomeno, la reincarnazione? Tutte le religioni in tutti i tempi hanno insegnato credenze relative a questa dottrina. Tuttavia le Scritture mostrano che l’anima muore, e con essa i pensieri.
Elia
Anche nelle scritture ci sono passi che sembrano alludere a forme di reincarnazione dello spirito. Consideriamo Elia. Gesù disse ai suoi discepoli che Giovanni il battezzatore era Elia. In Matteo 11:7-15 si legge: Gesù cominciò a dire alle folle riguardo a Giovanni: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? Che cosa siete andati dunque a vedere? Un uomo vestito di morbide vesti? Ecco, quelli che indossano morbide vesti sono nelle case dei re. Realmente, dunque, perché siete andati? Per vedere un profeta? Sì, vi dico, e assai più che un profeta. Questi è colui del quale è scritto: ‘Ecco, io stesso mando il mio messaggero davanti alla tua faccia, il quale preparerà la tua via davanti a te!’ Veramente vi dico: “Fra i nati di donna non è stato suscitato uno maggiore di Giovanni il Battista;
ma il minore nel regno dei cieli è maggiore di lui. E dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora il regno dei cieli è la meta verso cui si spingono gli uomini, e quelli che si spingono avanti lo afferrano. Poiché tutti, i Profeti e la Legge, hanno profetizzato fino a Giovanni; e se lo volete accettare: Egli stesso è l’‘Elia che è destinato a venire’”. Chi ha orecchi ascolti. Queste precise parole: αὐτός ἐστιν Ἠλίας ὁ μέλλων ἔρχεσθαι indicano un’identità tra Giovanni ed Elia. Egli è in base al versetto 9 “assai più che un profeta”. Con queste parole cosa intendeva dire Gesù? Egli probabilmente alludeva allo spirito che abitava in quel profeta, uno spirito di rango elevatissimo, chissà chi, forse il primo generato del Cristo, perché per mezzo di Gesù, che è il Logos, tutte le cose sono venute all’esistenza. (Gv 1:3)
Chi fu Gabriele?
Questo passo di Giovanni 1:1-28 va letto attentamente perché lì viene introdotto, immediatamente dopo il logos, la figura del Battista. Di lui Gesù disse: “Fra i nati di donna non è stato suscitato uno maggiore di Giovanni il Battista.” La frase sembra enigmatica e le si dovrebbe dare la giusta rilevanza. La questione di Elia reincorporato nella persona di Giovanni torna a più riprese nei Vangeli. (Mt 11:11-15; Mt 16:13-14; Mr 8:27-28; Lc 9:18-19) Perché Giovanni occupava fra i nati di donna una posizione tanto preminente? La forza spirituale di una persona non dipende semplicemente dalla sua volontà, ma piuttosto dallo spirito, il ruach che gli dà l’impulso, l’ispirazione e l’energia. Non tutti gli spiriti hanno la stessa potenza e non tutti si evolvono nello stesso modo e negli stessi tempi. Ci sono gerarchie angeliche e all’interno di uno stesso grado gerarchico ci sono le differenze individuali.
Evidentemente lo spirito che dimorava in Giovanni era il più elevato dopo Gesù, il suo primo creato. Se pensiamo all’annunciazione della Vergine ci chiediamo chi potesse avere titolo ad un simile incarico, cioè quello di annunciare l’incarnazione di Gesù. Se fu dato il compito a Gabriele un motivo deve esserci. Doveva essere lui il secondo, dopo il Cristo. Evidentemente Gabriele dovette essere lo stesso spirito che dimorava nel profeta Elia, così che Gesù poté dire ‘Egli stesso è l’Elia che è destinato a venire’. Questo angelo, Gabriele, si evolse ancora dopo l’esperienza di Elia e al tempo di Giovanni Battista doveva aver raggiunto una pienezza mai vista prima. A questo punto ci potremmo interrogare per esempio sulla figura di Mosè e chiederci chi mai lo avesse guidato. Forse lo stesso Gabriele?
L’illuminazione
Giobbe 32:8, nella versione della Bibbia di Gerusalemme, legge: “Ma è lo spirito (ruach) che è nell’uomo, è il soffio dell’Onnipotente che lo fa intelligente.” Nella nota in calce si legge: “Alla sapienza che si acquisisce, Eliu contrappone la sapienza “carismatica” ricevuta attraverso una rivelazione dello Spirito.” Quindi c’è contrapposizione tra una sapienza semplicemente umana e una di origine divina. Ciascuno ha nel profondo uno spirito (l’angelo), un sé profondo che lo illumina. Secondo le Scritture solo Dio può attivare questa via d’illuminazione. La king James Version rende Giobbe 32:8 così: “But there is a spirit in man: and the inspiration of the Almighty giveth them understanding.” (C’è uno spirito nell’uomo e l’ispirazione dell’Altissimo dà loro intendimento) Eb 6:4-5 parla di quelli che “sono stati illuminati”, che sono diventati “partecipi dello spirito santo”, hanno “gustato l’eccellente parola di Dio e le potenze del sistema di cose futuro”.
Gustare le potenze del sistema di cose futuro cosa significa? 1Pt 3:22 ribadisce che il Cristo “è andato in cielo, dove angeli, autorità e potenze gli sono stati sottoposti.” Il termine potenze, in greco è δύναμις, (dynamis, energia, da cui l’italiano dinamo, dinamico) e indica le potenze spirituali angeliche. (Cfr. Ro 8:38; Ef 1:21 a proposito delle gerarchie degli spiriti in cui sempre ricorre il termine dynamis). Gustare le potenze del sistema avvenire significa arrivare ad avvertire la presenza dello spirito che dimora dentro di noi. Con il versamento dello spirito noi cristiani chiamati alla vita celeste siamo stati resi consapevolmente partecipi della natura divina (2Pt 1:4) mentre prima ne avevamo soltanto una percezione sfocata. Tutto questo, in ambito esoterico, viene definito “risveglio della coscienza” o del sé.
Il risveglio della coscienza

Il dipinto sopra rappresentato è opera di W.H. Hunt, capofila del movimento preraffaellita. Si intitola esattamente Risveglio della coscienza. C’è una donna, forse una prostituta, che balza in piedi come fulminata da una improvvisa illuminazione. Dietro di lei c’è la sua ombra mentre alle spalle dell’uomo seduto c’è il suo doppio. Eppure dietro di loro non sembra esserci uno specchio. È una rappresentazione del doppio tanto comune in pittura, poesia e letteratura. Si pensi all’Anfitrione di Plauto, alla figura della donna angelicata in Dante e Petrarca, all’Amleto di Shakespeare, al Faust di Goethe, al Sosia di Dostoewskij, a Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Stevenson, a Uno, nessuno e centomila di Pirandello e innumerevoli altri. Chi è questo doppio continuamente rappresentato se non lo spirito che alberga nell’uomo, uno spirito malvagio? Talvolta, ma in casi sicuramente più rari, è il Cristo o una potenza benigna.
I doppelgänger, noti anche come gemelli malvagi, sono considerati duplicati paranormali di certe persone, che possono manifestarsi a fianco o lontano dal soggetto originale. Il drammaturgo svedese Strindberg scrisse: “Chi vede il suo doppio sta per morire.” Forse il caso più noto di questo fenomeno è quello di Abraham Lincoln che lo raccontò. La notte della sua prima elezione a presidente degli Stati Uniti, nel 1860, mentre stava riposando su un divano, guardò lo specchio in salotto e oltre al suo riflesso vide una seconda faccia di se stesso, pallida e spettrale… “Quando sono andato a letto, ho visto la seconda faccia una seconda volta, più chiara, se possibile di prima…Mi alzai e la cosa svanì di nuovo.” Lincoln credeva che questa visione fosse un segno che sarebbe stato prescelto per un secondo mandato, cosa realmente accaduta con il suo tragico assassinio nel 1865, poco dopo l’inizio del secondo mandato.
Reincarnazione?
La Bibbia dice chiaramente che l’anima muore. Come muore la bestia muore l’uomo, entrambi tornano alla polvere. (Ecc 3:18-21) Dunque il corpo umano e tutte le cellule del suo cervello si disintegrano completamente. Ogni ricordo viene annullato. Ciò che sopravvive è lo spirito, il gemello interiore che finisce per reincarnarsi in qualche altra creatura che nasce. Gesù raccontò di un gruppo di spiriti che di fronte all’ipotesi di essere sfrattati dal corpo di un uomo che avevano a lungo tormentato chiesero piuttosto di essere trasferiti in un branco di porci. (Mr 5:2-13) Evidentemente questi spiriti malvagi amano restare in mezzo agli uomini e sono disposti ad entrare nel corpo di un animale piuttosto che rimanere nel Tartaro. Ecco perché le Scritture dicono che tutto il mondo giace nel potere del malvagio. (1Gv 5:19) Hanno infestato la società umana della loro presenza impiantandosi dal di dentro degli esseri medesimi.
Il pensiero delle Scritture è chiaro. Se Dio ritira il suo rùach, il neshamàh (anima o persona) muore. In Sl 104:29 si legge: “Se nascondi il tuo volto, vengono meno, togli loro il respiro, muoiono e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati”. Spesso nella Bibbia si dice che Dio dà il suo rùakh all’uomo o che lo riempie del suo rùach. Ciò può produrre anche delle capacità artistiche (Es 31:3; 35:31). Così avviene che nel corso della lunga storia la grande arte fu sempre il prodotto di uno spirito, divino o demonico, poco importa, purché di ispirazione trascendente si tratti. Infatti si può parlare del rùach come di un’invisibile natura autonoma che non necessariamente è pensata come rùach di Dio, ma che comunque è interamente sottoposta al potere di Dio. Geova è colui che è chiamato “Dio degli spiriti di vita su ogni carne” (Nu 27:16)
