
Stemma di Lutero e del Luteranesimo
A Villa Certosa, dimora di Berlusconi in Sardegna, si facevano letture comuni dell’Elogio della Follia di Erasmo da Rotterdam (1466-1536). Questo avveniva perché il celebre umanista è considerato uno degli occulti simpatizzanti della Carta di Colonia del 1535. Fra i firmatari della carta di Colonia compariva la figura di Melantone, (1497-1560) astrologo, grande amico di Lutero di cui aveva calcolato il tema natale. Essendo l’anno di nascita di Lutero incerto Melantone stesso lo aveva fissato nel 1483. Insieme a Martin Lutero, Melantone fu uno dei più importanti attori politici e teologici della Riforma. Entrambi insegnavano all’Università di Wittenberg. Melantone fu anche in corrispondenza epistolare con Erasmo fin dal 1519. Nell’estate del 1519, Melantone accompagnò Lutero alla disputa di Lipsia per discutere sul potere del Papa e l’autorità della Chiesa in materia dottrinale. Fu solo successivamente, nel 1524, che Lutero si incontrò con Erasmo.
La Carta di Colonia è un documento risalente al 24 Giugno 1535, che testimonia l’esistenza e l’attività della Massoneria fin dal XV secolo almeno. Infatti dal documento appare l’esistenza, già da uno o due secoli, di una società segreta diffusa in tutto il mondo, con iniziazioni misteriose ed obbediente ad un capo supremo conosciuto solamente da pochi affiliati. Gli scriventi si riferiscono a se stessi e ai non adepti rispettivamente con le parole “il mondo illuminato” e “il mondo immerso nelle tenebre”, cioè con gli stessi termini che si trovano nei documenti della massoneria. Fra i sottoscrittori di questa Carta figurava appunto Filippo Melantone, grande amico di Lutero. Ciò ha portato gli studiosi a concludere che la Massoneria abbia avuto un ruolo rilevante nella Riforma protestante e un peso non indifferente nell’attività di diversi umanisti di spicco, tutti quelli che svolsero un ruolo chiave nelle vicende della Riforma.
Lo stemma di Lutero
In una lettera del 1530 Lutero spiegava il significato della rosa che campeggiava nel suo stemma: «Prima dev’esserci una croce: nera nel cuore, che ha il suo colore naturale, affinché io mi ricordi che la fede nel Crocifisso ci rende beati. Poiché il giusto vivrà per fede, per la fede nel Crocifisso. Ma il cuore deve trovarsi al centro di una rosa bianca, per indicare che la fede dà gioia, consolazione e pace; perciò la rosa dev’essere bianca e non rossa, perché il bianco è il colore degli spiriti e di tutti gli angeli. La rosa è in campo celeste, che sta per la gioia futura. Il campo è circondato da un anello d’oro, per indicare che tale beatitudine in cielo è eterna ed è anche più eccellente di tutte le gioie e i beni, così come l’oro è il minerale più pregiato, nobile ed eccellente.»
Il simbolo di cui si fregiavano i Rosa-Croce era una rosa rossa con al centro sovrapposta una croce. Con i Rosa-croce i luterani condividevano l’odio intransigente per la Chiesa Cattolica. Nessuna meraviglia, perciò, venire a conoscere che Lutero appartenesse anche alla setta massonica dei Rosa-Croce, i cui circoli pullulavano nella Germania del suo tempo. Ecco un estratto del discorso, tenuto dal Consiglio Supremo dell’Alta Massoneria Ebraica dei B’nai B’rith, in una riunione del 1936, a Parigi: «Noi siamo i padri di tutte le rivoluzioni (…) Noi possiamo vantarci di essere i creatori della Riforma! Calvino era uno dei nostri figli; era di origine ebraica e incoraggiato dalla finanza ebraica a redigere il suo progetto di Riforma. Martin Lutero cedette all’influenza di suoi amici ebrei e, grazie ancora all’autorità ebraica e alla finanza ebraica, il suo complotto contro la Chiesa è riuscito…». Ecco spiegato perché il ribelle mai finì sul rogo…
Un pensiero anticattolico
La dottrina dei Rosacroce fu esposta per la prima volta in The Universal and General Reformation of the Whole Wide World, pubblicato nel 1614. Quest’ordine, associato ai simboli della rosa e della croce, fu fondato nel 1407 da un nobile tedesco, Christian Rosenkreuz (1378 -1484), che si era recato da giovane in oriente, soggiornando a Damasco ed in Terra Santa, accumulando sapere, diventando un adepto di saggezze segrete e studiando l’occultismo. Probabilmente, nel XV secolo, l’ordine era costituito da pochi membri che avevano in comune solamente alcuni punti di vista come la passione per l’occultismo e le pratiche alchemiche. I loro simboli comparvero anche nello stemma di Lutero. Gli autori dei Rosa Croce erano generalmente favorevoli al Luteranesimo e in opposizione al Cattolicesimo. Il termine rosa-croce designa uno stato spirituale che corrisponde ad una conoscenza d’ordine cosmologico, in rapporti con l’ermetismo cristiano.
L’essenza del pensiero rosacruciano è così condensata: «L’uomo è Dio, figlio di Dio e non vi è altro Dio che l’uomo». La forza della setta dei Rosa-Croce sta nel camuffare l’essenza pagana di base con un’apparenza cristiana! Nelle Costituzioni di Anderson del 1723, che seguirono la nascita della moderna Massoneria, si legge: «L’idea della Massoneria è di riunire tutte le religioni e creare una religione universale: religione nella quale tutti gli uomini si accordano», mentre «Il dovere del Cavaliere Rosa-Croce è di combattere lo gnosticismo bastardo racchiuso nel cattolicesimo, che fa della fede un accecamento, della speranza, un piedistallo, e, della carità, un egoismo…». Il compito del Cavaliere Rosa-Croce è di «Cancellare il Sacrifico di Cristo sulla Croce dalla faccia della terra»!… E cioè, usando le parole di Lutero: «… rovesciare quella abominazione che è la Messa dei Papi e, con essa, anche il Papato»!
La morte di Lutero
Lutero morì nella notte tra il 17 e il 18 febbraio del 1546, mentre si trovava nella città natale di Eisleben. Era ritornato nella località sassone dopo essere stato chiamato dai signori del luogo, i conti di Mansfeld per dirimere una questione ereditaria tra due fratelli litigiosi. Immediatamente dopo la morte di Lutero, gli opuscoli cattolici si diffusero sostenendo che Lutero si era ubriacato a morte. Uno dei suoi servitori, Ambrosio Kudtfeld, testimoniò che si era impiccato. La sua morte non poteva quindi passare inosservata. La chiesa cattolica sembrava suggerire che il modo di morire di un uomo rappresentasse il coronamento della sua vita. Da come morivi si poteva capire il giudizio divino su di te. Tra gli avversari, infatti, non sarebbe mancato chi avrebbe visto nella fine di Lutero un chiaro presagio di dannazione, conseguente all’essere stato un nemico dell’unica vera chiesa romana.
Il sacerdote dott. Luigi Villa pubblicò sul numero 258 della Rivista Chiesa Viva un interessante articolo intitolato Martin Lutero omicida e suicida da cui emergerebbe il fatto che i paurosi tormenti della coscienza del riformatore erano la diretta conseguenza di un fattaccio originale che l’aveva costretto, pur recalcitrante, a entrare in convento. A questo proposito Luigi Villa scrive: “Passiamo a quella sua entrata in religione il 2 Luglio 1505 che avvenne «non tanto perché attratto, quanto trascinato»! (“non tam tractus quam raptus”); e questo non per un trauma dovuto a un violentissimo uragano, vicino a Stotternheim, in cui sarebbe mancato poco che non vi perisse, ma perché… Qui, nella nota in calce, il prete scrive: Lutero stesso lo fece credere quando disse che la sua entrata in convento «fu involontaria, per la paura di una morte subitanea» (Cfr. Wa W 8, 573, 31).
Lutero omicida
Dietrich Emme, giurista, nel 1983, pubblicò un suo libro dal titolo: “Martin Luther, Seine Jugend und Studienzeit 1483-1505. Eine dokumentarische Darstelleng” (Martin Lutero: La giovinezza e gli anni di studio dal 1483 al 1505. Bonn 1983, Dm 69) in cui afferma a che Lutero entrò in convento solo per non cadere sotto gravi sanzioni giuridiche, che gli sarebbero incorse dopo che egli avrebbe ucciso, in duello, un suo collega di studi. L’Autore del libro indicato così descrive il “fatto” che noi, qui, sunteggiamo: Lutero – scrive – non si ferì da solo, ma perché si era battuto in duello con quel compagno. Allora, Lutero era “Bacelliere” della facoltà di Filosofia. In seguito a questo duello, comunque, dovette abbandonare la celebre “Burse Porta-Coeli” di Effurt (del collegio “Amplonianum”) e andare a rifugiarsi nella poco stimata “Burse” di San Giorgio.
Villa fa notare che i due storici più competenti, in Germania, della vita di Lutero e dei tempi della Riforma, ossia il Dott. Theobald Beer e il Prof. Remigius Baumer, hanno avvalorato sia il materiale, sia i documenti nuovi del Dott. Dietrich Emme, raccomandandone la pubblicazione. Anche gli scritti di Lutero confermano l’ipotesi in quanto vi si legge: «Io sono stato un grande mascalzone e omicida». (Martin Lutero, Waimarer Ausgabe Werke 29,50,18) Ora, subito dopo che Lutero ebbe dato il suo esame di “Magister” della facoltà filosofica, avvenne una morte misteriosa: quella di un certo Jérôme Buntz, che aveva dato anch’egli, con esito positivo, il suo esame di “Magister”, assieme a Lutero e ad altri 15 candidati. Ebbene, costui morì proprio tra l’esame e la promozione a “Magister”! Dietrich Emme scrive che furono proprio Lutero e Buntz a scontrarsi in duello, e che fu Lutero a ferire mortalmente il compagno!
Il consiglio del vicario, Johannes Braun
Lutero messosi in cattive acque, ricorse ai consigli del vicario collegiale di Eisenach che lo sollecitò ad entrare in un ordine religioso al fine di evitare il processo giudiziario. Così Lutero riparò nel convento degli Eremiti Agostiniani allora coperto dal “diritto di asilo”. Ma pur essendo lì riparato, avendo cioè salva la vita, Lutero rimase sempre un frate inquieto e turbato. Così scrisse: “Io fui, io monaco, che voleva essere seriamente pio. Invece, sprofondai ancor di più: io sono stato un gran mascalzone e omicida”. (WA WW 29,50,18). Nei Discorsi a tavola si legge: “Per un singolare consiglio di Dio sono divenuto monaco affinché non mi arrestassero. Altrimenti, sarei stato facilmente arrestato! Ma così non poterono, poiché tutto l’Ordine si occupava di me – WA Tr 1,134,32)
Ora, come Villa suggerisce, tutto questo potrebbe spiegare perché Lutero, per sfuggire alla voce della coscienza e all’angoscia, abbia ripreso la tesi sulla “giustificazione” mediante la sola Fede, senza le opere, grazie al sacrificio del Cristo. Leggiamo, qui, il testo di Lutero: «Bisogna guardare il Cristo quando tu vedrai che i tuoi peccati ti si sono attaccati; tu, allora, sarai come al sicuro di fronte ai peccati, alla morte e all’inferno. Tu devi dire, allora: i miei peccati non sono miei, perché essi non sono in me, ma sono in un altro, cioè nel Cristo, per cui non possono nuocermi. Ci vuole uno sforzo estremo, infatti, per poter afferrare queste cose attraverso la Fede e crederle fino al punto di dire: io ho peccato e io non ho peccato, affinché sia vinta la coscienza, questa dominatrice potentissima che spesso ha trascinato gli uomini alla disperazione, al coltello o alla corda»
Tacitare la coscienza
Villa conclude: “È chiaro che un tale ragionamento è un rifiuto della verità. “Io ho peccato – dice Lutero – ma io non voglio riconoscerlo.” Ora, questo è un immergersi nella menzogna, un volersi auto-suggestionare; è come un ammirarsi in ogni peccato e in ogni errore, tacitando la coscienza come Caino di fronte al suo peccato! Di sicuro, anche Lutero non si era certo rasserenato con l’inventarsi quella sua “giustificazione” mediante la sola Fede! Né egli stesso vi ha mai aderito in pieno, perché ben sapeva di essersi “fabbricato” un proprio sistema religioso e morale, e perciò ben sapeva che era tutto una menzogna.” A questo proposito Melantone osservava: «Spesso, quando egli (Lutero) pensava con attenzione alla collera di Dio o ai clamorosi esempi di castighi divini, veniva come colpito da un terrore tale che perdeva quasi la conoscenza.”
Anche Cochlacus ci racconta di una crisi che colse Lutero quando egli era Monaco. Assistendo alla lettura del Vangelo di San Marco, dove si parla di quell’uomo “posseduto” dal diavolo, Lutero cadde a terra gridando: «Non sono io! non sono io!…». Tuttavia poi Lutero tornava savio e riprendeva confidenza in se stesso tanto da affermare: «Prima di me, non si è conosciuto nulla. Sono certo che né Sant’Agostino, né Sant’Ambrogio, che pure in queste materie sono grandissimi, mi stanno alla pari. Sono superbo in Dio sopra ogni misura, né la cedo di un dito agli Angeli del Cielo, né a Pietro né a Paolo, né a cento imperatori, né a mille Papi, né a tutto quanto il mondo. Ecco il mio motto: Non cedo a nessuno!» Curiosamente, anche Erasmo si era scelto come motto «Nulli concedo» o «cedo nulli». Ma egli sosteneva che a parlare fosse Terminus, dio della morte.
La lotta con il demonio
In un frammento dei Discorsi conviviali viene riportata una conversazione tra Lutero e il pastore di Gûben, M. Léonardt, avvenuta nell’anno 1551: «Ci disse che, quando egli era prigioniero, il diavolo l’aveva malvagiamente tormentato e che aveva riso di tutto cuore quando egli (Lutero) aveva preso in mano un coltello, dicendogli: “Su via! ucciditi!”». (…) E ci disse che lui (Lutero) aveva spesso dovuto gettare lontano da sé il coltello… e che un giorno dovette fare lo stesso quando egli, vedendo per terra un filo, l’aveva raccolto, assieme a tanti altri fili, così da farne una corda alla quale egli avrebbe potuto impiccarsi! Poi ancora ci disse che il diavolo l’aveva spinto fino al punto che egli non era più capace di recitare il “Pater noster” né di leggere i Salmi, che pure egli così bene conosceva!
Lutero aggiungeva: «Questo mi è capitato molto spesso, tanto da prendermi in mano un coltello… e che cattivi pensieri mi venivano in mente così, da non poter più pregare… e il diavolo mi ha perfino cacciato fuori dalla stanza!». Per reazione, a un giovane allievo, Lutero consigliava: «Ogni volta che il demonio ti tormenta con questi pensieri di tristezza, cerca subito la compagnia dei tuoi simili, o mettiti a bere o a giocare, e fai discorsi licenziosi, e cerca di divertirti!». E continuava: «… quale altra ragione credi tu che io abbia per bere sempre meno acqua, per avere sempre meno ritegno nel parlare, e di amare sempre più i buoni pranzi? … Oh! se potessi trovare anche qualche buon peccato per beffarmi del diavolo e per fargli comprendere che io non riconosco alcun peccato e che la mia coscienza non me ne rimprovera alcuno!»
Tendenze suicide
La vita di Lutero era diventata un vero inferno per lui! Egli temeva la morte, pur invocandola di continuo: «Il mondo è sazio di me e io sono sazio di lui! – diceva – ma presto farò divorzio… Ah, se ci fosse qui un turco per uccidermi!». Nei Discorsi conviviali si legge: «Il demonio spinge gli uomini dapprima alla disobbedienza e al tradimento, come Giuda; poi li spinge alla disperazione, in modo che essi finiscono col perdersi o strangolarsi»! E continuava dicendo che il demonio «ha una voce così terribile da spingere alcuni uomini, dopo un colloquio notturno con lui, a farli trovare, il giorno dopo, morti! E questo arriverà anche a me!». Queste riflessioni provano che Lutero aveva chiara davanti a sé la sua fine. Il che dimostra che non necessariamente il suicida compie un gesto di follia, ma piuttosto un gesto lucido di possessione diabolica!
Ambrogio Kuntzell, giovane servitore di Lutero, disse: «Martin Lutero, la sera prima della sua morte, si lasciò vincere dalla sua abituale intemperanza e con tale eccesso che noi fummo obbligati a portarlo via, del tutto ubriaco, e coricarlo nel suo letto. Poi, ci ritirammo nella nostra camera, senza nulla presagire di spiacevole! All’indomani, noi ritornammo presso il nostro padrone per aiutarlo a vestirsi, come d’uso. Allora – oh, quale dolore! – noi vedemmo il nostro padrone Martino appeso al letto e strangolato miseramente! Aveva la bocca contorta, la parte destra del volto nera, il collo rosso e deforme. Di fronte a questo orrendo spettacolo, fummo presi tutti da un grande timore! Non di meno corremmo, senza alcun ritardo, dai prìncipi, suoi convitati della vigilia, ad annunziare loro quell’esecrabile fine di Lutero!
Messo tutto a tacere
Costoro, colpiti dal terrore come noi, ci impegnarono subito, con mille promesse e coi più solenni giuramenti, ad osservare, su quell’avvenimento, un silenzio eterno, e che nulla di nulla fosse fatto trapelare. Poi, ci ordinarono di staccare dal capestro l’orribile cadavere di Lutero, di metterlo sul suo letto e di divulgare, dopo, in mezzo al popolo, che il “maestro Lutero” aveva improvvisamente abbandonata questa vita»! Questo il racconto della morte suicida di Lutero, fatta dal suo domestico Kudtfeld; un “racconto” che fu pubblicato, ad Aversa, nel 1606, dallo scienziato Sédulius che pubblicava presso la prestigiosa Officina Plantiniana, le Præscriptiones aduersus hæreses (Indicazioni contro le eresie). Fu lui ad aggiunge questo contenuto interessante: la testimonianza del servo che Bozio diceva di aver ricevuto. Già prima nel 1558 l’erudito polacco Stanislaus Hosius aveva affermato che il demonio, venuto a portare l’anima di Lutero all’inferno, lo aveva strangolato.
Bozio scrive che Lutero, “dopo aver mangiato a sazietà, la sera prima si coricò a letto con animo sereno, poi, in quella notte, fu trovato morto per strangolamento. Ho appreso questo fatto, mai divulgato in precedenza in questa forma, dalla testimonianza di un suo servitore che, bambino all’epoca dei fatti, allora era alle sue dipendenze.” Nel Novecento Jacques Maritain (1882-1973) nella sua opera “Tre riformatori”, a pagina 49 (dell’edizione francese) scrive: “Lutero, quindi, non morì di morte naturale, come si è falsamente scritto su tutti i libri di storia del protestantesimo, ma morì “suicida” nel suo stesso letto, dopo una lautissima cena in cui, come al solito, aveva bevuto smisuratamente e si era rimpinzato di cibo oltre ogni limite!” In quest’opera, Maritain offre anche una lista impressionante di amici, di compagni e primi discepoli di Lutero che si suicidarono. http://www.chiesaviva.com/martin%20lutero.pdf
Moderna statolatria
Della Riforma e di Lutero, dopo cinquecento anni, resta un’immagine poco realistica, quella di un movimento e di un condottiero che emanciparono le masse dall’ignoranza delle Scritture, introducendole alla libertà di pensiero. Si dimentica spesso però di sottolineare quanto questo personaggio fosse violento, antisemita e blasfemo. E sono i suoi stessi scritti a raccontare di una personalità inquietante e carica di odio. Lutero ha voluto il ritorno alla Scrittura, anzi, alla “sola Scrittura”, ma della Scrittura ha preso solo quanto corrispondeva al suo pensiero. Un esempio: negava il libero arbitrio, cioè negava che l’uomo fosse responsabile delle proprie azioni. Negava pertanto che le opere fossero necessarie alla salvezza. Bene, nella Scrittura sono moltissimi i passi in cui si afferma il contrario. Che fa Lutero di fronte alla lettera di Giacomo? La definisce una lettera di paglia.
Innalzando la bandiera della libertà, Lutero è all’origine della moderna statolatria. Se si analizzano i suoi scritti, la parola libertà ricorre ovunque! Proprio come faranno i giacobini e i comunisti. Ma quale libertà? Quella dal Papa e da Roma. Quella che in Germania darà origine ad un nazionalismo esacerbato, che addita nel principe colui che, per volontà del Dio che lo ha scelto, deve guidare non solo lo Stato ma anche la Chiesa. Colui quindi che concentrerà nelle sue mani un potere assoluto. Ciò che più conta per Lutero è rafforzare il potere statale e gli va benissimo l’idea che un principe possa determinare l’indirizzo religioso di un intero popolo! Eccolo quindi prendere le distanze dal movimento popolare, definendo “cani” i contadini e arrivando a rivolgersi ai sovrani con queste parole: “Cari signori sterminate, scannate, strangolate, e chi ha potere lo usi”.
Un nuovo concetto di stato
Del resto, è lo stesso Lutero a dichiarare: «Un principe può essere cristiano, ma non deve governare da cristiano». Inizia a svilupparsi un nuovo concetto del re moderno, che esprime un potere assoluto frutto della sua volontà trascendente. Si gettano così le basi del moderno totalitarismo. Se il sovrano non ha più un’autorità superiore visibile cui deve rendere pubblicamente conto, allora significa che il potere della spada è assoluto, è sciolto da ogni vincolo. La sovranità legittima se stessa ma il sovrano, immaginato da Lutero come “inviato da Cristo”, può in ogni momento rivendicare questo ruolo, orientando però il suo potere verso gli atti più efferati. È il trionfo del positivismo giuridico, che identifica la legge con la volontà dell’autorità.
Il rivoltoso è particolarmente colpevole perché aggredisce la spada, cioè lo strumento con cui Cristo regna sulla società. Nasceva così il cesaropapismo luterano, che sostituiva allo Stato della Chiesa le “chiese di stato”. Questa strada avrebbe comportato con il passare del tempo la secolarizzazione, cioè il bando della religione dalla vita pubblica. È lecito ribellarsi a un sovrano? Per Martin Lutero si tratta di un gravissimo peccato. La spada separa i giudici dai giudicati, i signori dai sudditi; e all’istituto della spada corrisponde l’obbedienza di chi è sottomesso. «La mano che brandisce questa spada e massacra, non è più – scrive Lutero – la mano di un uomo ma la mano di Dio, è non l’uomo ma Dio che impicca, arrota, decapita, strangola e fa la guerra».
Soltanto l’esperienza forma il teologo
Lutero ha scatenato una battaglia furibonda in nome del libero esame. Ma è altrettanto vero che questo esame coincideva con il suo. Di fatto, ha preteso di incarnare quell’infallibilità che la Chiesa ha da sempre attribuito al Papa. Partito dal libero esame, è arrivato a esigere la piena osservanza del proprio credo. Ai suoi stessi contemporanei Martin Lutero appariva come un uomo pieno di contraddizioni. Fortunatamente disponiamo sul suo conto di una ricchissima documentazione personale — 14 volumi di lettere e 6 di discorsi a tavola — in cui egli parla di sé, delle sue origini, della sua evoluzione e del mondo circostante, eppure i giudizi portati su di lui sono stati sempre, e lo sono tuttora, contraddittori. Per ciò che riguarda Lutero stesso è molto difficile spiegare la sua iniziativa riformatrice. Essa scaturì comunque dal nucleo più intimo della sua persona e da vicende che travalicavano la sua persona.
Per lui la teologia è sempre una «sapientia experimentalis, non doctrinalis», una questione di esperienza, non di dottrina, e questa esperienza teologica condizionò la sua attività. «Sola… experientia facit theologum» «soltanto l’esperienza forma il teologo» egli disse, come riportato in un discorso a tavola del 1531. Lutero viveva in un costante terrore del giudizio di Dio. Della sua idea di Cristo egli stesso dice: «Io non conoscevo Cristo altrimenti che come giudice severo, da cui volevo fuggire ma a cui non potevo sfuggire». In un discorso a tavola ha formulato la sua angoscia per la salvezza con queste parole: «La mia tentazione è che penso che Dio non mi sia propizio». Egli scoprì il Dio misericordioso che dona la giustizia agli uomini, interpretando la lettera ai Romani 1:17, dove è scritto: «Il giusto vive dalla fede». Egli sperava che questo bastasse a liberarlo dalle sue angosce. Non fu così.

Marco 7:9
Disse loro ancora: «Voi siete abili nell’annullare il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione.
Marco 7:13
annullando cosí la parola di Dio con la vostra tradizione, che voi avete tramandata. E fate molte altre cose simili».
possiamo dire con tutta onestà che tutte le organizzazioni religiose sono fondate sulla tradizione.
Infatti, si sono tutti dimenticati dei segni che accompagneranno i discepoli di Gesù da Nazareth
Marco 16:15-20
Poi disse loro: «Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo a ogni creatura; chi ha creduto ed è stato battezzato, sarà salvato; ma chi non ha creduto, sarà condannato. E questi sono i segni che accompagneranno quelli che hanno creduto: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno nuove lingue; prenderanno in mano dei serpenti anche se berranno qualcosa di mortifero, non farà loro alcun male; imporranno le mani agli infermi, e questi guariranno». Il Signore Gesú dunque, dopo aver loro parlato, fu portato in cielo e si assise alla destra di Dio. Essi poi se ne andarono a predicare dappertutto, mentre il Signore operava con loro e confermava la parola con i segni che l’accompagnavano. Amen.
la tradizione delle “vergine stolte” hanno insegnato che questi segni non avrebbero contraddistinto i discepoli del Signore, proprio il contrario di quello che è scritto.