
La tempesta di Giorgione
Questo meraviglioso dipinto di Zorzi da Castelfranco, altrimenti detto Giorgione, ha dato adito nel tempo ad una quantità di interpretazioni, senza che alcuna di esse si imponesse sulle altre e risultasse pienamente convincente. Nella più antica descrizione del dipinto, lasciataci da Marcantonio Michiel, mercante veneziano, nel 1530, (testimonianza scoperta solo nell’Ottocento) si parla di “el paeseto in tela cun la tempesta, cum la cingana (zingara) et soldato de mano de Zorzi da Castelfranco”. Egli lo aveva ammirato a casa di Gabriele Vendramin, un ricco veneziano. Dunque la Tempesta è attribuita a Giorgione grazie a questa annotazione. Ciò che mi colpisce è l’indicazione di “paesetto con zingara e soldato” che solleva l’enigmatica domanda: in che senso la donna che allatta potrebbe essere una zingara? Che ci fa il soldato? Perché i due personaggi sono vestiti entrambi con una mozzetta, bianca per la donna e rossa per il soldato?
Ora la mozzetta, veste sacerdotale propria del papa e di altre dignità ecclesiastiche è chiaramente un abito di chiesa. Chi è dunque la donna che nel dipinto allatta il bambino? E chi è quel cavaliere con l’asta che l’osserva? Viene in mente un passo di Isaia che legge: “In quanto a voi, avvicinatevi qui, figli di un’indovina, seme di un’adultera e di una donna che commette prostituzione: Alle spalle di chi vi divertite? Contro chi continuate a spalancare la bocca, continuate a cacciare la lingua? Non siete voi figli di trasgressione, seme di falsità, che suscitate passione fra i grossi alberi, sotto ogni albero lussureggiante, scannando i fanciulli nelle valli di torrente sotto le fenditure delle rupi? Il capitolo 57 si apre giustamente con queste parole: “Il giusto stesso è perito, ma non c’è nessuno che prenda [ciò] a cuore.” Si tratta di un’invettiva contro il popolo d’Israele. (Isa 57:1-5)
I Rosacroce e l’arte del Rinascimento
Molti dei pittori rinascimentali furono dei Rosacroce. Erano iniziati ai segreti di quell’ordine artisti del calibro di Leonardo da Vinci, Botticelli, Piero della Francesca, Tiziano, Giorgione e Raffaello. Nel Rinascimento alla corte dei Medici a Firenze emerse un pensiero filosofico rivolto alla riscoperta di antiche sapienze pagane denominato Neoplatonismo fiorentino. Il movimento si nutriva oltre che del Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto, della cabbala in quanto tradizione di antica sapienza ebraica. Lo scopo era quello di creare un ponte tra ebraismo, paganesimo e cristianesimo dimostrandone la continuità. Cabala e gnosi sono la vera chiave di volta del pensiero rinascimentale, con connessioni religiose di grande rilevanza. Se si prescinde da queste difficilmente si potranno comprendere le ragioni occulte della Riforma protestante e della Controriforma cattolica. Anche Michelangelo Buonarroti era iniziato alle conoscenze esoteriche ebraiche.
La Rosacroce è un ordine esoterico e mistico, che rifacendosi alla tradizione ebraico-cristiana si oppone radicalmente al potere della chiesa Cattolica. La confraternita dei Rosacroce ritornava alla ribalta in un momento di grande crisi per la chiesa di Roma che pochi decenni dopo i viaggi di Colombo si sarebbe dovuta confrontare con il movimento della Riforma protestante. Ecco che a partire da questi pochi concetti si chiarisce il collegamento del citato passo di Isaia 57 con il dipinto della Tempesta di Giorgione. Uno dei temi che balzano agli occhi quando si osserva questo dipinto, è quello del tempio a cui sembrano alludere le due colonne spezzate che svettano sulla balaustra del muretto in primo piano. Anche sullo sfondo del dipinto si levano architetture di carattere religioso: una cupola ed una grande basilica alle spalle della donna mentre a quelle del soldato si leva un muro con arcate dai simboli lunisolari.
Il tema del tempio

Il tema del tempio è tipico di molti artisti rinascimentali, tema che, per esempio, emerge nel Leonardo dell’Adorazione dei Magi o nei tanti dipinti di Piero della Francesca o ancora negli artisti che ruotano intorno a confraternite di tipo rosacrociano. La Pala di Castelfranco del 1503 di Giorgione è un tipico esempio della simbologia dei Rosacroce in arte. Alla base del dipinto vi è il pavimento a scacchi bianchi e neri, caratteristico del tempio massonico. I due principi della luce e delle tenebre sono una metafora della sapienza e dell’ignoranza, in cui l’iniziazione si identifica con l’illuminazione, cioè il passaggio dalle tenebre alla luce. Le due figure del cavaliere e del monaco sono un’allegoria sia della sacralità che della regalità conferite al neofita con l’iniziazione. In sostanza rappresentano le due categorie tipiche dei templari che erano sia guerrieri, sia monaci e sia alchimisti.
Al centro della pala in basso figura uno scarabeo stilizzato, simbolo della tradizione iniziatica egizia con sopra un drappo che riafferma la regalità della tribù di Giuda. L’iniziato ai misteri dei Rosacroce è colui che raggiunge l’illuminazione spirituale, conosce i segreti divini. La Rosacroce addita all’illuminazione totale. Tale fratellanza si proponeva di dare forma a una religione sincretista in cui l’uomo venisse prima di Dio. I fratelli avevano conoscenze specifiche e i rosacrociani di grado più elevato erano in possesso di un sapere sconosciuto alla gente comune. Francesco Roesler Franz ne La famiglia Roesler Franz e la via iniziatica riassume lo scopo di tale illuminazione: “Formare una razza di esseri nobili e saggi, […] una razza che possa progredire di gradino in gradino nel suo cammino immortale verso la gloria celeste e mettersi a pari alla fine con ministri che lavorano più vicino al trono dei troni.”
Guardare con gli occhi di Isaia
Dal punto di vista iniziatico gli esseri umani si distinguono in due categorie: la folla dei semplici e il numero ristretto degli eletti, i soli in grado di cogliere la verità celata sotto il velame dei simboli. L’iniziazione è saldamente legata a una nuova visione del mondo e della storia. Il mistero si svela a seconda del livello di conoscenza e di consapevolezza di colui che si accinge a indagarlo. La via che conduce alla conoscenza di Dio è soprannaturale e deriva dalla fede e dalla grazia e la Bibbia resta centrale. L’esistenza del soprannaturale e dell’irrazionale viene posta alla base di questo genere di percezione del sacro. A proposito di questa società segreta esiste un detto: “I veri Rosacroce sono invisibili perché sono in incognito.” Ed ecco quindi che dopo cinquecento anni il vero significato della Tempesta del Giorgione rimane ancora nascosto.
In verità, quale significato si nasconde dietro la superfice del dipinto? L’iconografia del quadro si potrebbe leggere in filigrana tenendo presente le parole di Isaia 57:1-6. Il profeta invita: “In quanto a voi, avvicinatevi qui, figli di un’indovina, seme di un’adultera e di una donna che commette prostituzione: Alle spalle di chi vi divertite? Contro chi continuate a spalancare la bocca, continuate a cacciare la lingua? Non siete voi figli di trasgressione, seme di falsità, che suscitate passione fra i grossi alberi, sotto ogni albero lussureggiante, scannando i fanciulli nelle valli di torrente sotto le fenditure delle rupi? “Con le pietre lisce della valle del torrente fu la tua porzione. Esse, esse furono la tua sorte”. Nel quadro di Giorgione tutti gli elementi tracciati da Isaia sono presenti, a partire dai grossi alberi lussureggianti presenti alle spalle dei due personaggi, e alle acque del torrente che li tengono separati.
Il soldato dalla lunga asta e la donna che allatta
Cosa rappresenta dunque il soldato sulla sinistra del dipinto? Il soldato con la mozzetta rossa è imbragato in un pantalone patchwork multicolore. Egli appare per modo di dire diviso, è come se avesse una gamba illuminata ed una nell’ombra. Si presenta come un essere doppio inteso a rappresentare due diverse facce di un’unica medaglia. Si potrebbe pensare da un lato al paganesimo, ma d’altro lato al cristianesimo anch’esso paganeggiante di Roma, con le sue diverse sfaccettature. L’asta che tiene in mano è pur sempre assimilabile al pastorale, ed ecco che il soldato, come per magia, si trasforma in pastore, guardiano di popoli. Alle sue spalle un’antica rovina, il muro dalla doppia arcata di un tempio semi-pagano (o semi-cristiano che dir si voglia), ma anche la doppia colonna spezzata. Si tratterebbe di un personaggio composito dalla doppia natura.
Veniamo alla donna. Che significherebbe costei? Se in Isaia 57 l’indovina è figura dell’Israele apostata, in Giorgione la zingara diviene figura della cristianità. Essa nei secoli allatta figli in senso spirituale e anche lei come l’antico Israele è una presenza apostata. Tuttavia la sua mantellina è bianca dato che al suo interno pure si raccolgono i pochi giusti. Il suo sguardo è triste e pensoso e un tralcio di foglie nasconde il nudo della gamba e del fianco. Questo richiama l’antica natura arborea del paganesimo. Dalla città sullo sfondo scende un ruscello, il ponte lo attraversa. Il fiumiciattolo è legato inestricabilmente a Babilonia e all’Eufrate le cui acque rappresentano “popoli e folle e nazioni e lingue”, secondo le indicazioni di Apocalisse 17:15, capitolo che contiene il giudizio divino su Babilonia, la grande meretrice che svia le nazioni. Il ponte invece rappresenta il passaggio, un guado dal paganesimo al cristianesimo sincretista. I due personaggi sarebbero anche indicativi di un tracciato alchemico, dal bianco dell’albedo ed al rosso, la rubedo.
Una breve parentesi esplicativa
Nella fase iniziale del processo alchemico la Materia Prima si differenzia in una coppia di sostanze, conosciute come la Regina Bianca e il Re Rosso. Dalle Nozze Chimiche di questi amanti prende vita l’infante reale. Il Figlio dei Filosofi, a causa della duplice natura della Materia Unica da cui discende, si ritrova ad avere due teste, ma un unico corpo ermafrodita che per questo motivo viene anche chiamato Rebis, cioè la cosa doppia.
La tempesta
Il tema della tempesta ritorna spesso nelle Scritture e nel caso di Giorgione e dei Rosacroce implicherebbe un severo giudizio sulla chiesa di Roma. Infatti, se la Tempesta fu dipinta nel primo decennio del ‘500, grosse nubi si stavano addensando nel cielo di Roma e lo Scisma Protestante era alle porte. Più volte, per esempio, Geremia paragona il giudizio divino allo scatenarsi della tempesta. In questo libro ci sono passi come i seguenti: “Ecco, il turbine di Geova si scatenerà in tutta la sua furia; come una tempesta vorticosa turbinerà sulla testa dei malvagi.” (Ger 23:19) “Ecco, una calamità si diffonderà da una nazione all’altra, e una grande tempesta verrà scatenata dalle parti più remote della terra.”
E il giudizio sarà severo nei riguardi dei pastori perché: “‘In quel giorno gli uccisi da Geova saranno ovunque, da un’estremità all’altra della terra. Non si farà cordoglio per loro, e non saranno raccolti né sepolti. Diventeranno come letame sui campi. Piangete, voi pastori, e gridate! Rotolatevi nella polvere, voi maestosi del gregge, perché è arrivato il momento in cui sarete massacrati e dispersi, e cadrete come un vaso prezioso! I pastori non hanno un posto in cui fuggire, e non c’è scampo per i maestosi del gregge. Ascoltate il grido dei pastori e il lamento dei maestosi del gregge! Geova infatti devasta il loro pascolo; le pacifiche dimore adesso sono senza vita a causa dell’ardente ira di Geova. (Ger 25:33 e seg.) E’ chiaro che immagini di questo genere si possano facilmente associare al dipinto di Giorgione.
Apocalisse e la zingara
La descrizione di Babilonia, l’impero delle tante religioni, in Apocalisse è tratteggiato sul modello di una fattucchiera dedita alla stregoneria e alle pratiche spiritiche: “Vieni, ti mostrerò il giudizio della grande meretrice che siede su molte acque, […]”. E scorsi una donna seduta su una bestia selvaggia di colore scarlatto che era piena di nomi blasfemi e che aveva sette teste e dieci corna. […] Sulla sua fronte era scritto un nome, un mistero: “Babilonia la Grande, la madre delle meretrici e delle cose disgustanti della terra”. E vidi che la donna era ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei testimoni di Gesù. “Le acque che hai visto, dove la meretrice siede, significano popoli e folle e nazioni e lingue.” “E la donna che hai visto significa la gran città che ha il regno sopra i re della terra” (Ri 17:1-6,15, 18)
“Così, con rapido lancio, Babilonia la gran città sarà scagliata giù, e non sarà più trovata. E il suono dei cantori che si accompagnano con l’arpa e dei musicisti e dei flautisti e dei trombettieri non si udrà più in te, e non si troverà più in te nessun artefice di qualsiasi arte, e non si udrà più in te suono di macina da mulino, e non risplenderà più in te luce di lampada, e non si udrà più in te voce di sposo e di sposa; perché i tuoi commercianti viaggiatori erano gli uomini preminenti della terra, poiché mediante la tua pratica spiritica furono sviate tutte le nazioni. Sì, in lei fu trovato il sangue dei profeti e dei santi e di tutti quelli che sono stati scannati sulla terra”. (Ri 18:21-24)
Isaia 47
L’immagine di Babilonia suggerita in Isaia 47 doveva essere presente nella mente di Giorgione quando ideava il suo dipinto. Isaia legge: “Scendi e siediti nella polvere, vergine figlia di Babilonia. Siediti a terra, dove non c’è trono, figlia dei caldei, perché non sarai più chiamata delicata e viziata. Levati il velo. Togliti lo strascico, scopri le gambe. Attraversa i fiumi. La tua nudità sarà scoperta; la tua vergogna sarà davanti agli occhi di tutti. Farò vendetta, e nessuno potrà impedirmelo… Siediti in silenzio e piomba nell’oscurità, figlia dei caldei; non sarai più chiamata Signora dei Regni… Tu dicevi: “Sarò la Signora per sempre, in eterno” … tu che dici nel tuo cuore: “Ci sono io e nessun altro. Non resterò vedova, e non conoscerò mai la perdita dei figli”. Ebbene, queste due cose si abbatteranno su di te all’improvviso, in un solo giorno:
perdita dei figli e vedovanza. Si abbatteranno su di te con tutta la loro forza per le tue molte stregonerie e tutti i tuoi potenti malefìci… E allora continua pure con i tuoi malefìci e con le tue molte stregonerie, in cui ti sei affannata fin dalla giovinezza… La moltitudine dei tuoi consiglieri ti ha sfinito. Si alzino, ora, e ti salvino loro, quelli che adorano i cieli e osservano le stelle, che alla luna nuova svelano ciò che ti accadrà…Così saranno per te i tuoi incantatori, quelli con cui ti sei affannata fin dalla giovinezza. Vagheranno ognuno per conto suo. Non ci sarà nessuno a salvarti. (Isa 47:1-15)
Analisi ai raggi X
La tela di Giorgione è stata più volte analizzata ai raggi X e ciò che ne è saltato fuori è che originariamente al posto del soldato c’era una donna che si bagnava nelle acque del ruscello. Emergeva in tale contesto il tema del doppio, a destra la presenza della cristiana Babilonia che allatta, moderna Madonna paganeggiante, dall’altra la figura della Gran Madre dell’antichità classica, di Iside o Diana al lavacro, delle dee del panteon del passato. Perciò prima di arrivare al risultato definitivo il lavoro di Zorzi è passato attraverso una serie di ripensamenti. In origine, invece del pastore c’era lei in persona, Babilonia, col corpo nudo sulla sponda dell’Eufrate. Direi che l’idea di trasformarla in un capo-gregge è stata geniale!

Per comprendere il senso di questo dettaglio che si connette alla cultura dell’ebraismo o alla Cabbala (Merkabah) si veda l’articolo Il carro di Ezechiele postato qui, al seguente link.


Tre zingare a confronto, di Giorgione, Frans Hals e Caravaggio
